La mappa non è il territorio

Io ho due master in Programmazione Neuro Linguistica, diciamo che a 24 anni vivevo un periodo in cui credevo che collezionare specializzazioni con nomi difficili mi avrebbe aiutato nella carriera! Ovviamente era una ca**ata, ma le cose si sedimentano e poi trovano un nuovo modo per essere utilizzate.

La mappa non è il territorio, è il primo assioma della PNL: ossia quello che per noi è la realtà delle cose non è detto che sia la realtà oggettiva, ognuno la vede attraverso i propri occhi.

Il viaggio per me è la metafora della vita, delle relazioni, del lavoro su se stessi, analizzarsi in un contesto così fuori dalla tua aria di confort ti aiuta a capire come sei.

 la mappa non è il territorio

In tutti i viaggi che ho fatto ho cercato di avere degli occhi ingenui, non avevo mappa, guardavo solo il territorio e solo dopo cercavo di dare interpretazione a ciò che vedevo.

Della maggior parte dei posti si sa poco, la quantità e qualità di cose che conosciamo di una città o un paese dipendono dalla quantità di denaro che l’ente del turismo ha investito nel nostro paese in termini di progetti di comunicazione. Anche in viaggio bene o male, siamo vittime del marketing!

Quasi sempre arrivo in un paese, conosco bene o male due o tre grandi attrazioni e poi il resto dell’itinerario me lo suggeriscono gli incontri, la mia mappa si costruisce seguendo il più possibile la realtà, senza preconcetti sulla pericolosità di una zona o sulla poca attrattività di un posto. Io esploro, se mi piace resto, altrimenti me ne vado.

La PNL dice che bisogna sintonizzarsi sulla mappa degli altri, che nella vita non dobbiamo essere fissi sui nostri schemi, ma che si deve andare in “rapport”, in sintonia. Io sono una psicologa e per quanto sia cresciuta con un’impostazione che esiste uno e un solo punto di vista “giusto”sulle cose, ho cercato di andare oltre, di comprendere la persona che si trova davanti a me o almeno di provarci, con un po’ di presunzione a volte. Purtroppo sono diventata molto brava a farlo, mi basta poco, per leggere tra le righe, forse a volte ho letto di più di quanto avrei dovuto e soprattutto di più di quanto il mio interlocutore sapeva di se stesso.

la mappa non è il territorio

Tutte le strategie comunicative portano lo sguardo su chi è davanti a noi, sull’apertura, sul dialogo, ma proprio negli ultimi giorni mi sono resa conto che a volte si perde di vista un punto centrale: noi stessi!

Siamo sicuri che alla persone con la quale stiamo parlando sia chiaro il nostro punto di vista? Forse la mappa non è il territorio, ma è il caso di mostrare la nostra di mappa perché non tutte le persone ti leggono fra le righe e hanno la capacità, la sensibilità e soprattutto l’interesse a farlo.

Le “misure relazionali” sono relative, mai assolute, quello che per noi era scontato, palese, esplicito non è detto che lo sia per un altro! Se in una comunicazione non chiediamo esplicitamente un feed back cognitivo, non è detto che la persona con la quale stiamo comunicando l’abbia capito.

Faccio un esempio banale, io non sono espansiva, esprimere i sentimenti mi imbarazza più che girare nuda per Roma, le parole per me hanno un grosso peso, non le dico a vanvera ne presa da vene romantiche, una delle mie migliori amiche è l’opposto, si può trasformare in Shakespeare e  poi ritornare cinica dopo pochi giorni. Io magari ci metto mesi e  diversi giramenti di budella per dire una piccolissima frase che secondo il mio punto di vista è “ovvia” ossia è carica di significato ed emozioni, ma se la persona con la quale parli non conosce ne il tuo territorio né la tua mappa del mondo non sarà facile che dia la stessa vostra interpretazione alla cosa e vi assicuro che potrete rimanerne delusi.

la mappa non è il territorio

Quindi direi che in viaggio o comunque nei rapporti, sia sempre importantissimo mettersi nei panni dell’altro, ma prima dovremmo far in modo di rendere il nostro interlocutore in grado di capirci, spiegare la nostra visione del mondo, o almeno permettergli di dargli una sbirciata.

Siamo portati a pensare che le dinamiche siano sempre sbilanciate su noi stessi perché siamo tutti egoisti e narcisisti (direi che in fondo è vero per tutti), ma poi ci dimentichiamo di farci ascoltare, di dare la possibilità all’atro di capire come vediamo la stessa mela.

Viaggiare da soli, ti mette in contatto con persone che non ti conoscono, che non sono la tua coperta di Linus, che non sono tenuti ad interpretare le tue azioni in base ad una personalità che non conoscono, non sanno “cosa è da te” o “cosa è per te”, forse questo ci può riportare l’umiltà di farsi capire da zero e magari nel confronto con l’altro potremmo imparare qualcosa di nuovo anche sul nostro territorio.

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