Elisa: la Scozia il viaggio che mi ha cambiato la vita!

Elisa Sanguanini Pubblicato il

Il primo post comincia sempre così, e da buona new entry in questo blog desidero rispettare le tradizioni come quando entri in casa altrui, iniziando con la presentazione: Elisa, pubblicitaria con una passione per i viaggi e un amore infinito per l’Oriente, 33 anni di cui 14 di viaggi in solitaria in varie parti del mondo, fondatrice e presidente di un’Associazione Culturale che tratta di Paesi dell’Estremo Oriente.
Ora sarebbe scontato che parlassi di Giappone, Paese che amo e in cui metto piede almeno due volte all’anno per passione e per lavoro, e invece no: se ripenso ai viaggi che mi hanno cambiato la vita torno a tanti (tanti!) anni fa in Scozia.

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Non un viaggio memorabile per le cose viste (un itinerario troppo turistico, tra castelli di Highlander e fabbriche di whisky) ma l’incontro con una ragazza, una guida locale che mi fece capire il valore dell’indipendenza individuale del popolo scozzese.

Sai, qui al compimento del diciottesimo anno i ragazzi vanno a vivere da soli. Se stanno ancora studiando si trovano un lavoro in un ristorante o più probabilmente in uno dei tanti pub che abbiamo nella nostra zona, ma escono di casa. Devono e vogliono staccarsi, è una questione di orgoglio e di realizzazione personale: una persona non può rimanere attaccata una vita ai genitori no? E comunque tutti i tuoi amici fanno, se non lo fai anche tu verrai preso in giro forever”.

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Era una ragazza sulla ventina, di poche parole nonostante avesse scelto il lavoro di guida turistica che quindi la portava a stare tutti i giorni in mezzo alla gente. Non ricordo molto altro di lei, né il nome né il volto, d’altronde sono passati vari anni e tantissimi timbri sul passaporto, ma quelle parole mi si sono scolpite dentro.

Da quel momento mi è nata la voglia di conoscere il mondo e le altre culture, aprire la mente e capire quanto diversamente la possano pensare altre persone che siano a poca distanza dai nostri confini o dall’altra parte del globo.

Chiaramente è diventato uno dei miei principali obiettivi di quel periodo della mia vita “a diciotto anni qui si esce di casa”: per me non sono stati i diciotto ma i ventitre, ma poco importava, oramai era diventato fondamentale per la mia anima il concetto che avrei dovuto far di tutto per ottenere una mia indipendenza il prima possibile. Di sicuro il mio carattere ambizioso e sempre in competizione con me stessa mi ha dato una bella mano: migliorarsi sempre, arrendersi mai, mettersi costantemente alla prova.

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Lo fanno i diciottenni scozzesi, se abitassi là lo farei come se fosse un passaggio normalissimo della mia vita, e quindi perchè non farlo anche qui?” …E così è stato.

Non che sia stato facile, per mantenere la mia nuova vita da affittuaria sono dovuta ricorrere al doppio lavoro per più di un anno: in ufficio da lunedì a venerdì e poi sabati e domeniche in negozio a fare la commessa (purtroppo i pub scozzesi dalle mie parti non ci sono).

Decisa? Sì. Impaurita? Certo. Non sarebbe stato facile tornare a casa e ammettere “non ce l’ho fatta”. La paura del fallimento era il mio mostro di Loch Ness.

Ma sempre quella ragazza mi aveva raccontato una leggenda: il mostro di Loch Ness (per gli amici Nessie) era veramente esistito. Una storia narra che un sub era andato a fare una immersione e quando la sua squadra aveva capito che là sotto stava accadendo qualcosa di strano, l’avevano fatto tornare in superficie e l’avevano trovato talmente sconvolto che da allora non aveva più aperto bocca fino alla fine della sua vita.
Forse l’autore di quella storia aveva visto troppe volte The Others o bevuto un pò troppi whisky al pub in cui lavorava un qualche amico diciottenne, ma sta di fatto che quella è diventata una leggenda tramandata da chissà quanto tempo, e il modo in cui lei la raccontava faceva intendere che ci credesse davvero.

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Credere in una leggenda simile? Non lo trovo poi così strano, alla fine tutti noi crediamo in qualcosa, che sia a Buddha o a Dio o agli spiriti protettori, al mostro di Loch Ness o a Babbo Natale.

E quando mi ha portato a fare la gita sul lago mi è sembrato doveroso ascoltarla con tutto l’interesse possibile e lasciarmi immergere nei suoi racconti. Ero nella sua terra, nella sua casa, per me era un mondo nuovo da scoprire e rispettare, ed era giusto che ci entrassi in punta di piedi.

ps: di quel viaggio non sono riuscita a recuperare le foto, ma è stato un viaggio troppo significativo per non condividerlo con altri. Visto che inizia ora la mia strada in questo blog, lascio altre foto che parlano del mio passato: Thailandia, Messico, Egitto e Praga.

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Pubblicitaria, professoressa di grafica e fondatrice dell'Associazione Kokeshi, adora viaggiare e trova sempre la scusa di andare in Giappone o in qualche stato dell'Asia. Vorrebbe passare le giornate in kimono a mangiare sushi e pizza assieme alla sua anima a quattrozampe, che la segue ovunque (tranne quando ci sono da prendere gli aerei).

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