Manu a caccia di “prime impressioni”, viaggiare in camion dall’Islanda a Cape Town!

Francesca Di Pietro Pubblicato il

Sono Emanuela, Manu per il resto del mondo e …si, sono una viaggiatrice!

Sono in giro per il mondo da 10 anni ormai. Ho vissuto in Norvegia due volte, Danimarca, Scozia, due volte a Londra, Australia e Olanda e fra 2 mesi parto alla volta dell’Africa nella prima spedizione che mi vedrà viaggiare in camion dall’Islanda a Cape Town.

Racconto delle mie avventure attraverso il mio blog, www.my1stimpressions.com e con le mie fotografie, con cui cerco di condividere con il mondo il mio stupore per lo splendore che vedo davanti ai miei occhi quando viaggio, quando arrivo in un posto per la prima volta, seguendo le mie emozioni. Abbiamo tutti una prima impressione, no?

 

Manu di My1st-impressions

1. Un mese da sola in Patagonia, quale è stato il tuo itinerario?

Il mio viaggio in Patagonia in realtà e’ iniziato molto più lontano. Da Amsterdam,. Dove vivo, mi sono diretta a Madrid, dove sono rimasta per un giorno, ospitata da una coppia di Americani conosciuti con il couchsurfing. Mi hanno trattato come fossimo amici da sempre, siamo andati allo stadio assieme e abbiamo passato la serata a chiacchierare sul mondo, a bere vino e cucinare piatti italiani.

Da Madrid sono poi volata a Buenos Aires, Il mio arrivo e’ forse stato il momento più emozionante dell’intero viaggio, in quanto a Buenos Aires ho conosciuto parte della mia famiglia, emigrata in Argentina 50 anni fa. Ero la prima persona della famiglia venuta a conoscerli, mi hanno accolto come una di loro, ho passato momenti fantastici con loro creato un legami che ci terra’ uniti per sempre, spero.

A Buenos Aires la mia idea iniziale era di scendere giù in Patagonia dalla costa, ma tutti mi hanno invece consigliato di passare dalle montagne, attraversare le Ande, attraverso la mitica Routa 40. Cosi’, cambiando tutti i piani già fatti, anziché prendere un autobus per Puerto Madryn, ne ho preso uno per Bariloche, per 22 ore, dove ho avuto il primo assaggio della Pampa. E’ stato stupendo. All’iniziale paura di non farcela a viaggiare per cosi’ tanto tempo da sola su un autobus, si e’ invece poi sostituita la meraviglia e lo stupore quando ho aperto gli occhi e ho visto il paesaggio che mi stava circondando. In mezzo al nulla, chilometri di libertà assoluta, lo spazio che ti ruba l’anima…già li’ mi sono innamorata della Patagonia. La prima notte on the road ho assistito ad una tempesta nella Pampa. Era tutto buio e all’improvviso in lontananza dei lampi disegnavano il cielo e illuminavano la strada. Li’ per la prima volta mi sono resa conto dove ero e dove stavo andando, e tutte le paure sono all’improvviso scomparse.

A Bariloche ho avuto il primo stupendo incontro con la bellezza della Patagonia e della sua gente. Sono rimasta la’ qualche giorno, ho visitato le sue bellezze naturali ed umane, ho camminato tra le bancarelle della feria di El Bolson, il paesino più’ hippie del Sud America, dove ho conosciuto gente stupenda che si e’ fermata a dedicarmi il suo tempo per una chiacchierata sull’Argentina.

Da Bariloche ho poi proseguito per El Calafate, direzione Sud, attraversando l’intera catena andina in un viaggio durato 28 ore ed in uno dei paesaggi più’ belli ed assurdi mai visti in vita mia. Il blu del cielo e il marrone della terra, strade infinite, orizzonti che si distendevano e si confondevano con l’infinito, paesaggi desolati eppure da brivido. A volte si vedevano estancias per la strada che distavano tra loro ore ed ore, ed immaginare la vita in quei posti era davvero una sfida.

A El Calafate ho trascorso dei giorni stupendi. Questo piccolo paesino e’ davvero in mezzo al deserto, al nulla, sulle sponde di un lago e ai confini con le Ande più maestose. Il primo giorno sono andata al ghiacciaio Perito Moreno, il posto che più’ mi ha emozionato di tutta la Patagonia, e nei giorni successivi sono andata a El Chalten, il paesino più  giovane del Sud America, creato appena nel 1985, dove ne telefono ne’ rete mobile funziona e , se è cattivo tempo, neanche internet. Una settimanale fuori dal mondo davvero stupendo.

Manu da sola in Patagonia

Ho conosciuto delle persone fantastiche a El Calafate, che mi hanno fatto compagnia fino alle 3 di notte la notte in cui dovevo riprendere l’autobus per andare finalmente in Tierra Del Fuego. Abbiamo bevuto Fernet e Coca Cola tutta la notte, che per gli Argentini, insieme al mate, è la loro bevanda tipica, e poi finalmente sono risalita sul bus per andare ad Ushuaia. Quella e’ stata una delle parti più difficile del viaggio. Da El Calafate sono andata a Rio Gallegos, sulla costa Est, e da li’ ho dovuto aspettare un altro autobus in una stazione desolatissima dalle 6 di mattina fino alle 9,  prima di rimettermi in marcia verso Ushuaia.

In Tierra del Fuego la strada era disastrosa, ci siamo dovuti fermare alla frontiera col Cile in mezzo al vento e alla pioggia per il timbro del passaporto, poi lo stretto di Magellano con il mare agitato e poi..la Tierra del Fuego: no dei posti, più’ selvaggi e magnifici di questo pianeta. Arrivarci al tramonto ti ruba l’anima. Nell’ultimo tratto mi sono ritrovata su quelle Ande che mi hanno accompagnato per tutto il viaggio, sul famoso Passo Garibaldi, dove a meta’ aprile c’era già’ la neve, e poi giù, fino ad Ushuaia, fino alla fine del mondo.

Là ho capito che ce l’avevo fatta, ci ero riuscita, e da sola! Nevicava la sera che sono arrivata ad Ushuaia. Era freddo e buio, Ed e’ stato uno dei momenti più’ importanti della mia vita.

Al ritorno, da Ushuaia a Buenos Aires sono risalita in due giorni, ed ho dovuto prendere un aereo, che ha fatto scalo in 4 paesini diversi prima di atterrare finalmente a Rio Gallegos, e poi un autobus notturno fino a Viedma, un altro autobus fino a Puerto Madryn, e dopo una giornata dove ero talmente stanca che ho dormito sulla spiaggia; l’ultimo autobus per le ultime 22 ore fino alla capitale.

2. Quali sono le maggiori difficoltà che si incontrano viaggiando da soli in una terra così sperduta?

La maggiore difficoltà incontrata in Patagonia è stata la stanchezza fisica, appesantita da ore ed ore di viaggio, senza sosta. Tra una meta e l’altra non c’è’ assolutamente niente, impossibile fermarsi da qualche parte, dormire e ripartire. Se la si vuole fare tutta per la strada, si deve essere convinti e si deve saper accettare anche le eventuali 28 ore di autobus.

In cambio dalla Patagonia si riceve la possibilità di fare una delle esperienze di vita e di viaggio più’ belle ed uniche al mondo.

3. In Patagonia le emozioni arrivano dirette alla pancia, cosa ha trasmesso a te questa terra?

E’ vero, la Patagonia ti arriva dritta al cuore e penso che te la porti per sempre dentro.

Questa terra stupenda e selvaggia mi ha regalato emozioni fortissime. Prima di tutto il concetto di spazio e tempo, che lì si annulla come dovrebbe infatti essere nella dimensione ideale di un viaggiatore. Il senso di infinito stupore, di conquista, di amicizia, della sua sua gente stupenda, di libertà e di crescita, di forza interiore: sono state queste forse le emozioni più forti provate laggiù. La consapevolezza di poter riuscire a raggiungere tutti gli obbiettivi prefissati, incluso quello di arrivare alla Fine del mondo, da sola.

4. Come mai sei tanto attratta dai luoghi freddi ed estremi, cosa cerchi quando sei li?

Sono sempre stata attratta dai luoghi estremi, che poi siano anche freddi è quasi divertente, visto che io sono campana!

Diciamo che progettare una vacanza in Spagna come fa il resto del mondo, non rientra nemmeno nelle mie pensieri più remoti e bizzarri.

Amo i posti freddi forse perché sono diversi da quelli in cui io sono cresciuta, dove io immagino la vita di tutti i giorni. Mi piace scoprire posti lontano da tutto e osservare la vita quotidiana delle persone, come si fa a vivere per 6 mesi al buio e con 2 metri di neve, o in mezzo al nulla con il paesino più vicino a 8 ore di macchina.

La mia passione per il Nord è parte di me da sempre. A Roma ho studiato Norvegese, ho una laurea in Lingue e Culture Scandinave , ho anche vissuto due volte in Norvegia e l’esperienza vissuta lassù non la cambierei per nessuna meta esotica al mondo.

5. Come si insegue l’aurora boreale da soli?

Con tanta pazienza. Negli ultimi due anni sono andata per be due volte in Islanda in inverno per catturarla, e non ci sono ancora riuscita.

L’anno scorso a dicembre sono arrivata fino ad Isafjordur, a nord dell’isola, e la sera in cui salita su uno dei monti che proteggono la città per vederla, è iniziata una tempesta di neve che il giorno dopo ha bloccato tutti i collegamenti con il resto del mondo per una settimana. Il giorno dopo sono riuscita a prendere l’ultimo aereo disponibile prima che chiudessero l’aeroporto per una settimana. Quest’anno ci riprovo. A gennaio prima di partire per l’Africa torno in Islanda qualche giorno prima dell’inizio della mia spedizione e provo di nuovo. Prima o poi ci dovrò riuscire!

6. Quali sono le tre cose più importanti che hai imparato viaggiando da sola?

Sul mio blog ho scritto un post su questo argomento. Le armi segrete del viaggiatore solitario per me sono il coraggio, la fantasia e la curiosità!

Viaggiando in solitario ho imparato a creare la mia strada, ad avere sempre due o tre alternative valide pronte in caso di necessità, ma anche ad usare la fantasia e la curiosità per scoprire vie alternative. E poi il coraggio, si impara ad essere coraggiosi viaggiando da soli. Le proprie paure diventano le proprie possibilità, si impara ad ascoltare la propria voce interiore e ad arricchire se stessi diventando più forti.

7. Che filosofia c’è dietro al tuo sito www.my1stimpressions.com ?

My1stimpressions.com si basa sui miei diari di viaggio scritti nei miei dieci anni in giro per il mondo. Scrivo i miei diari da sempre, e sempre sul posto, che sia su una scogliera, nel bel mezzo di una metropoli, o su una montagna. Mi piace catturare le emozioni di quel momento, le mie “prime impressioni”, cosi’ che quando qualcuno mi chiede in seguito cosa si prova ad arrivare alla fine del mondo io non solo posso descriverlo, ma posso leggerlo, live dal mio passato.

La mia teoria e’ che quando arriviamo in un posto nuovo, siamo un po’ come delle tabule rase, come delle foto in bianco e nero, e man mano che camminiamo per le strade e cominciamo a catturare con i nostri sensi gli odori, umori, sapori e musiche del posto, l’immagine che ne abbiamo inizia a trasformarsi, a colorarsi, e ad influenzare il nostro modo di vedere quel posto per sempre.

My1stimpressions si basa su questo. Attingo quotidianamente dai mie diari, ne introduco e condivido le pagine: e’ il mio modo di viaggiare. Arricchisco il tutto con le mie foto, che amo scattare ovunque. Amo la fotografia, perche’ è l’unico mezzo che posso usare per condividere davvero col mondo lo splendore che vedo in giro.

E ovviamente My1st impressions coinvolge anche i miei lettori, che a loro volta possono condividere le loro impressioni dei posti che visitano. Ai miei lettori chiedo sempre di descrivere come un posto nuovo catturi la loro immaginazione, tralasciando descrizioni futili su dove mangiare o ber in città. A me interessano le emozioni di viaggio, quelle vere ed autentiche.

8. Quale è l’emozione che più cerchi quando sei in viaggio?

Il senso di Libertà. E’ l’emozione che più cerco, che mi affascina da sempre e che riesco a trovare ovunque quando viaggio da sola. La forza di potercela fare, di non sentirsi legati a niente, la volontà solamente di andare avanti e proseguire…

9. un errore che non rifaresti?

Ho perso finanche troppi aerei finora, incluso quello per la Nuova Zelanda l’ultimo giorno del mio visto in Australia, probabilmente arrivare all’ultima momento in aeroporto è uno degli errori che vorrei evitare di fare di nuovo e anche andare dall’altro lato del mondo senza nessuno tipo di assicurazione di viaggio, che possa aiutarti in caso di problemi o incidenti. Come quello avuto ad Ushiaia in moto con un altro viaggiatore conosciuto sul posto.

10. Stai per partire per sei mesi in Africa nei quali percorrerai da Reykjavik a Citta’ del Capo, ci racconti questo progetto?

Il progetto si chiama Vikings Across Africa (vikingsacrossafrica.webs.com) e l’ho scoperto per caso all’inizio del 2012, quando ho trovato l’annuncio di Garry, un viaggiatore inglese che vive a Reyjavik, alla ricerca di altre 14 persone per il 2013 per andare dall’Islanda al Sud Africa in camion attraversando tutta la costa occidentale dell’Africa.

Ci ho pensato due minuti credo, e gli ho subito scritto. Sono stata la prima ad iscrivermi, ed è praticamente da un anno che sogno e progetto questo viaggio.

Partiremo a Gennaio da Reykjavik, da lì prenderemo il battello perr le isole Far Oer e poi per la Danimarca. Attraversemo quindi l’Europa fino a Gibilterra, dove ci imbarcheremo per mettere il nostro primo piede sul continente Africano in Marocco. Attraverseremo 20 paesi, il deserto, l’Equatore, paesaggi stupendi, dormiremo in tenda, ci ritroveremo spesso nel bel mezzo del nulla e verso luglio dell’anno prossimo dovremmo arrivare a Citta’del Capo.

Insomma, il viaggio di una vita.

11. Cosa ti ha spinto a partire per sei mesi in africa e ad allontanarti dalle tue mete fredde?

Mi e’ bastato vedere l’itinerario per decidere. Come detto prima, amo i posti estremi, ma non tanto per il clima bensì per le sfide che richiedono.

Quando da piccola guardavo i documentari in cui viaggiatori attraversavano il mondo in camion, mi chiedevo sempre come fanno a trovare questo tipo di avventure o ad essere scelti. Come fa a capitare una cosa del genere nella vita di una persona? E’ un’esperienza unica. Potrò vedere posti che altrimenti non avrei probabilmente visto nella vita, per sei mesi di pura Libertà, viaggiare, on the road, nella mia condizione esistenziale preferita. Non ho neanche dovuto pensarci due volte. Questa volta è capitato a me!

 

Psicologa e Viaggiatrice. Giro il Mondo e studio la personalità dei viaggiatori! Ho visitato più di 75 paesi molti dei quali da sola. Per me il viaggio è uno strumento di crescita personale. Ho creato questo sito per tutti quelli che amano viaggiare da soli o che vorrebbero iniziare a farlo. Ho pubblicato: Il Bello di Viaggiare da Soli: guida al travel coaching per ottenere il massimo da noi stessi edito Feltrinelli.

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