L’eredità dei viaggi nella cultura e nel quotidiano

Carlo Crescitelli Pubblicato il

È qualcosa di cui oggi spesso neppure più ci accorgiamo. Oggi che ci siamo abituati a mangiare giapponese o messicano, e che ascoltiamo ogni giorno musica da ogni angolo del mondo. Non è proprio la stessa cosa, anzi, una moda e nient’altro, per la maggior parte di noi. Ve la ricordate, vero, la scimmia nuda che balla di Francesco Gabbani? Giusto per non scomodare Desmond Morris, perché, lo abbiamo già detto, sono mode. E però…

… e però per quelli come noi, che hanno sempre viaggiato ad occhi, orecchie e cuore aperti, no che non è una moda.

Perché per noi è cultura, consapevole abitudine ad ascolto e tolleranza, attenzione e sensibilità al diverso, finestra sempre aperta verso il mondo anche e soprattutto quando siamo a casa. Noi lo sappiamo: che si può essere accoglienti senza essere per forza buonisti, perché si deve sempre almeno provare a capire prima di giudicare, così come non si deve mai giustificare nulla che serenamente non ci convinca.

Noi siamo come quelli che hanno fatto l’autostop da giovani – io l’ho fatto davvero, quando ero giovane io usava così! – e allora adesso non lasciamo mai nessuno a terra, perché sappiamo che cosa vuol dire: aspettare, affidarsi al prossimo.

Ma che bello. Dovremmo farlo tutti ogni tanto, le belle sorprese arrivano sempre. Ma tutto deve accadere nella reciproca consapevolezza; e anche questo noi lo sappiamo, per questo non siamo mai accomodanti più dello stretto necessario. Noi che abbiamo sempre la testa da un’altra parte, che vorremmo essere altrove e intanto siamo proprio noi, i migliori ambasciatori della nostra terra. Perché sappiamo cosa vuol dire viaggiare, partire, conoscere, lasciare, sperare, stupirsi, fantasticare. E non daremmo mai nulla al mondo in cambio di questa emozione. Che brilla nei nostri occhi, come in quelli di chi incontriamo fuori, di chi abbiamo di fronte qui.

Qualcuno ogni tanto ci prova e riprova, a dire che ognuno se ne deve restare a casa propria. E no, che non funziona così. Come saremmo rimasti poveri e squallidi, noi, se ci fossimo rimasti. E ignoranti. Tanto. Viaggiare è la miglior scuola della vita. Quello che ti insegna, non te lo insegna nessun libro. E lo sapete cos’è che mi preoccupa oggi? Che quando potremo finalmente riprendere a farlo, ormai dopo più di un anno di questa forzata interruzione, un pochino di questa magia potrebbe essere già andata persa. Ma sicuramente ci saranno tante altre magie e sorprese, in questa emozionante ripresa dopo lo stop. Come ve la immaginate, voi? Io, come una megarimpatriata mondiale tra vecchi amici, tra gente bella che si è mancata e si aspettava. Noi di là, voi di qua, noi a salutare voi dalle vostre parti e noi a darvi il benvenuto qui, ma che bello! Non vedo l’ora… e lo sapete, perché di certo succederà così? Perché il viaggio ci ha già cambiati dentro, e da questo sì che non si torna indietro. Ci siamo già cresciuti, tutti insieme; dunque faremo presto a recuperare. E allora buon viaggio, buoni sogni, buon futuro! E allora vedrete che persino queste giornate tristi ci saranno tornate utili, domani, perché da fermi avremo ben riflettuto sull’immenso valore di quello che solo temporaneamente ci stiamo perdendo.

Sono Carlo, l’antiviaggiatore. Mi chiamano così perché mi trovi in giro dove pochi vanno, e forse ancora meno ce ne andrebbero. Ma invece ne può valere la pena: se hai voglia di staccare la spina da te stesso e di guardarti dentro, mentre guardi il mondo.

Clicca qui per leggere i commenti