Elisa,viaggiatrice errante, più di 47 lavori tra Australia, Tokyo e Istanbul

Francesca Di Pietro Pubblicato il

Ciao! Sono Elisa, viaggiatrice errante, entusiasta e ispirata. Adoro l’avventura, scoprire il mondo e raccontarlo con parole e immagini. Sono partita nel 2007 con una valigia blu e tanti sogni da realizzare, da allora non mi sono più fermata! Dopo due meravigliosi anni in Australia mi sono trasferita in Giappone a insegnare inglese; qui ho cominciato a tenere un blog personale (elisachisanahoshi.com)e mi sono innamorata del web.
Da un anno e mezzo vivo a Istanbul, dove scrivo e traduco per lavoro. Alla fine dell’estate ripartirò per nuove mirabolanti avventure. Vi racconterò tutto sul mio nuovissimo sito: vivoviaggiando.com

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Elisa, viaggiatrice errante

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1.Cosa ti ha spinto la prima volta a lasciare tutto e partire per l’Australia?
La mia voglia di avventura. Mi ero laureata e scalpitavo, volevo vivere una vera e propria, grande avventura! Proprio di quelle classiche, tra giungle e mari blu, animali velenosi e tramonti variopinti, come una di quelle storie incredibili e rocambolesche che da piccola leggevo sui libri illustrati! L’Australia, che è una terra meravigliosa, mi ha regalato due anni così. Due anni incredibili dove ho vissuto alla giornata, conosciuto persone interessantissime e viaggiato in territori ancora inesplorati, come l’Outback o la Tasmania.

2.Quale è stata la cosa più importante che hai imparato dall’esperienza Australiana?
La libertà. Una terra così grande e così piena di spazio ti spalanca l’orizzonte. E la sensazione che nulla sia impossibile da realizzare. La società australiana è giovane e dinamica, aperta al cambiamento e all’innovazione.
La natura è parte integrante della vita di tutti i giorni: mi sono ritrovata a vivere in case di legno a due passi dalla spiaggia, tra i pappagalli e i canguri. Nel nord tropicale ho vissuto tra le mangrovie e le orchidee selvatiche, circondata da coccodrilli e flying foxes, i giganteschi pipistrelli australiani.
Ho potuto cimentarmi in molte diverse occupazioni (ho cambiato in tutto 47 lavori in due anni!) e sono partita da zero, senza ganci o aiutini. Ho raccolto la frutta nei campi, ho venduto abiti usati, ho gestito un ostello, poi un negozio di meat pies! Non sapevo nemmeno che cosa fosse, una meat pie, prima di partire! Il mio inglese è passato da scolastico a fluente, tanto che ho cominciato a insegnarlo, chi l’avrebbe mai immaginato?
Ho trovato l’avventura che cercavo, e ho anche cominciato a scrivere.

3.Come mai hai scelto di vivere in Giappone?
Tornata in Italia dopo l’Australia, felice e carica, non avevo nessuna intenzione di fermarmi, di smorzare tutto quell’entusiasmo.
Con il mio fidanzato (che è inglese e che ho conosciuto proprio in Australia, da allora siamo inseparabili!) abbiamo sondato il terreno, mandato CV in molti luoghi in cui ci sarebbe piaciuto vivere. Il primo paese a risponderci con entusiasmo è stato proprio il Giappone! NB, hanno risposto a lui, non a me…ma io ho subito deciso di seguirlo, convinta che avrei trovato qualcosa una volta là. Così è stato! Come sempre, pur non avendo contatti, mi sono proposta per insegnare inglese e in una decina di giorni (e svariati colloqui con le scuole e i provveditorati giapponesi) sono stata assunta come insegnante di inglese in due scuole medie! Ero felicissima.

4.Il Giappone è uno dei paesi con tradizioni e culture forse più lontani da noi, quale è stata la tua strategia per integrarti?
Diciamo che mi sono integrata per forza di cose! 😉 Senza parlare giapponese mi sono ritrovata a insegnare inglese in due scuole medie sperdute nei campi, dove nessuno parlava nemmeno una parola d’inglese! I ragazzi erano un po’ confusi, non avevano mai visto un’italiana dal vivo prima di allora e non capivano perché fossi un’insegnante di inglese! Questa curiosità ha giocato a mio favore, e sono riuscita a guadagnarmi la loro stima imparando un po’ il giapponese – ho dovuto per forza di cose! – e a mangiare con le bacchette il Natto, uno dei piatti tipici che in genere i Gaijin (i non-giapponesi) non toccano. In Giappone gli insegnanti mangiano con i ragazzi e si pulisce anche insieme la scuola, tutti allineati con la bandana in testa…proprio come nei cartoni animati! Il Giappone è uno dei paesi più interessanti in cui mi è capitato di vivere: la cultura giapponese è lontana anni luce da qualsiasi altra, ed è incredibile potersi immergere in un luogo tanto diverso da quello in cui si è cresciuti. Tutto è un rituale, una regola antica applicata in una società ipertecnologicizzata, superaffascinante. E poi si mangia divinamente e Tokyo è una delle città del mondo che preferisco.

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5.Cosa ha significato per te il terremoto, come hai affrontato l’idea di lasciare tutto quello che avevi costruito e dover ricominciare da capo?
Non sono più la stessa persona che ero prima del terremoto. Un evento di quella portata ti cambia la vita, impari davvero a prendere tutto con filosofia. Il terremoto e lo Tsunami del 2011 hanno sconvolto la vita di un’intera generazione di giapponesi. La scossa è stata di una portata e di una violenza che fatico a descrivervi. Ero a scuola, seduta in sala professori, e dopo il boato mi sono ritrovata con il sedere per terra, tutto tremava tanto che sembrava di stare su una barca. Ricordo il terrore che ho provato guidando verso casa durante le scosse, con le voragini per terra, la macchina che barcollava e una paura che mi impediva di respirare. Per due giorni siamo stati tagliati fuori da tutto, non ho potuto far sapere ai miei genitori che ero viva, ed è stato durissimo. Non abbiamo dormito per giorni. E dopo il terremoto, la minaccia nucleare di Fukushima, a soli 90 chilometri da dove vivevamo… Abbiamo fatto le valigie e raggiunto Tokyo appena possibile. Poter tornare a casa sani e salvi è stato il premio più bello. Arrivati, abbiamo deciso di continuare, di non fermarci, di non abbatterci: Istanbul ci è sembrata una buona meta su cui puntare.

6.Quali sono le cose che preferisci del vivere ad Istanbul rispetto al vivere in Italia?
Istanbul è una grande metropoli – circa 20 milioni di abitanti – multietnica e affascinante, caotica e piena di risorse. Qui la crisi mondiale si sente pochissimo, gli investimenti sono in rapida crescita e si respira un’aria da vero e proprio boom economico. E’ davvero un privilegio, di questi tempi, non sentir parlare sempre di crisi. Istanbul mi ricorda per molti versi l’Italia che ho visto nei film in bianco e nero negli anni ’50, ma ridipinta con grosse pennellate di modernità mediorientale. La gente ama uscire, mangiare insieme, divertirsi a suon di musica in un locale oppure oziare fumando il narghilè, bersi un chay (il tipico tè turco) e giocare a backgammon. La socialità è un valore importante. Certo, per una ragazza ci sono alcune regole da seguire; si tratta pur sempre di un paese a matrice islamica, e la storia qui ha ancora il suo peso. A Istanbul si è immersi nella storia, la si trova scritta su ogni pietra! L’esatto opposto di Syndey, per dire, un’altra città in cui ho vissuto e che adoro a dir poco.

7.Credi che questa sia solo una fase della tua vita o hai lasciato il bel paese per sempre?
Ti rispondo sinceramente: non lo so! La cosa che so per certo è che continuerò le mie avventure per il mondo. Mi affascina scoprire ogni volta che ci sono molti modi diversi di vivere la vita. Amo l’Italia e mi ci trovo bene. L’Italia è dove sono nata e dove mi sono formata, ma il mondo è decisamente troppo grande, troppo bello e interessante per fermarmi in un solo paese!

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8.Cosa manca al nostro paese che invece hai trovato all’estero?
All’Italia non manca nulla. Lo stile di vita è uno dei migliori al mondo, si mangia divinamente, ci sono luoghi meravigliosi e ricchi di storia, spiagge, città da visitare e tanta arte. Ci sono però molte cose che non vanno: prima di partire non ne avevo piena consapevolezza, ma la mentalità in Italia è assai ristretta. Non si fa un passo se non si hanno gli amici giusti, nessuno dà fiducia a nessuno, non si investe, la volgarità e la corruzione dilagano, in pochi sanno far bene il proprio lavoro, e quei pochi non vengono abbastanza valorizzati. Ci si lamenta di tutto ma si fa poco per cambiare: non si parla inglese, non si leggono le news del resto del mondo, la politica è una deprecabile farsa. Siccome sono ottimista, penso che ognuna di queste cose possa cambiare: ci sono belle energie in movimento, specie nella rete, e i presupposti non mancano, per cui non vedo perché l’Italia non possa darsi una bella “svegliata”. Abbiamo la creatività necessaria per adattarci a qualsiasi cambiamento presente e futuro. Consiglio a tutti una bella esperienza all’estero non solo per imparare le lingue, ma anche per scoprire altri modi di vivere la vita e aprire gli occhi su quello veramente che a casa non va: il futuro è nelle nostre mani, cominciamo a pretenderlo!

9.Che caratteristiche deve avere, secondo te, una donna che decide di affrontare la vita come hai fatto tu?
Soprattutto una: deve volerlo veramente, sopra ogni cosa.
Possono sicuramente essere d’aiuto la curiosità nei confronti della vita, uno spiccato spirito di adattamento e una forte dose di indipendenza.

10.C’è un oggetto importante per te che accompagna tutti i tuoi viaggi?
C’era all’inizio una tazza, che mi portavo sempre dietro…ma poi l’ho simbolicamente regalata a un’altra viaggiatrice! Ora però c’è tutto il kit digitale che mi segue proprio ovunque: gli ebook readers per me sono l’invenzione del secolo! Che lusso poter viaggiare con tutti i miei libri, quando sono partita, alla fine del 2007, non era mica così.

Psicologa e Viaggiatrice. Giro il Mondo e studio la personalità dei viaggiatori! Ho visitato più di 75 paesi molti dei quali da sola. Per me il viaggio è uno strumento di crescita personale. Ho creato questo sito per tutti quelli che amano viaggiare da soli o che vorrebbero iniziare a farlo. Ho pubblicato: Il Bello di Viaggiare da Soli: guida al travel coaching per ottenere il massimo da noi stessi edito Feltrinelli.

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