Una donna in viaggio da sola in Messico, pericoli?
Sono Gaia, mi occupo di fotografia e video. Ad ottobre ho finito uno stage in Polonia e tornata in Italia con poche aspettative, ho deciso di non buttarmi giù di morale, ma piuttosto di usare questo tempo libero che da disoccupata posso permettermi ed andare a farmi un viaggetto di un mese. Meta: Messico a fine gennaio. Avevo bisogno di mare e soprattutto di sole che mi riscaldasse poiché in gennaio lì le temperature sono un bel po’ più alte comparate a quelle veronesi. gaiazuffa.eu è il mio blog dove aggiungo giornalmente fotografie, andate a dare un occhio!
1. Premetto che dopo l’Italia, è il paese che ritengo più completo non che il primo che ho visitato dopo la laurea, ma tu perché hai scelto il Messico questa volta?
Erano anni che pensavo al Messico come meta di un viaggio, ma non avevo mai tempo, nè soldi.
Maria, una cara amica messicana che ha vissuto a Verona per un bel po’ di anni è dovuta tornare a Pachuca, la sua città d’origine non lontana dal DF (Città del Messico), e continuava a ripetermi di andare a trovarla. Così ho colto l’occasione.
Maria, una cara amica messicana che ha vissuto a Verona per un bel po’ di anni è dovuta tornare a Pachuca, la sua città d’origine non lontana dal DF (Città del Messico), e continuava a ripetermi di andare a trovarla. Così ho colto l’occasione.
Diciamo che il mio viaggio si può suddividere in tre parti: la prima dove sono passata per Pachuca, San Miguel de Allende, Guanajuato e Guadalajara.
La seconda nella penisola dello Yucatan e nel Chiapas: Playa del Carmen, Tulum, Valladolid, Merida, Campeche, Palenque, San Cristobal de las Casas, Tuxtla Gutiérrez.
La terza una settimana intera a Città del Messico, che ovviamente non mi è bastata a vederla tutta con i suoi miliardi di musei.
2. Dire Messico è una parola troppo ampia, quale è stato il tuo, che zone hai solcato?
Dopo aver comprato i biglietti su internet, ho iniziato a tracciare un percorso e delineare (anche in base agli amici che volevo incontrare) un piano d’azione.
Dunque sono atterrata a DF e Maria mi ha portato a Pachuca dove siamo state per un paio di giorni. Non troppe cose da vedere, il mercato, la pizza principale, qui sono entrata per la prima volta in una privadache essenzialmente è un quartiere di case recintato da un muro con un guardiano all’entrata che controlla chi entra e chi esce.
Dunque sono atterrata a DF e Maria mi ha portato a Pachuca dove siamo state per un paio di giorni. Non troppe cose da vedere, il mercato, la pizza principale, qui sono entrata per la prima volta in una privadache essenzialmente è un quartiere di case recintato da un muro con un guardiano all’entrata che controlla chi entra e chi esce.
Premetto che quasi tutti gli spostamenti sono stati fatti in bus, esistono diverse classi: più la classe è alta, più l’aria condizionata è al massimo e le TV a volume improponibile.
La meta successiva è stata San Miguel de Allende dove mi sono letteralmente innamorata forse perché è stata una delle prime città che ho visto, e in più era anche un sabato dunque tutti erano in piazza. Abbiamo fatto Couchsurfing da una coppia che è stata gentilissima, ci ha scarrozzato in giro per tutto il giorno, portandoci la sera nei peggio locali (dove in uno dopo le 1a.m. facevano partire filmini porno alla TV del bancone). Prima di dirigerci verso Guanajuato, abbiamo fatto un salto al santuario di Atotonilco che fa parte dell’UNESCO dal 2008. I muri interni sono un vero e proprio gioiellino: gli affreschi ricoprono tutte le pareti con ordine contiguo.
Guanajuato è una piccola cittadina senza semafori nel centro storico. C’è una strada per un senso e un’altra per l’altro più una strada sotterranea prima letto di un fiume. Potete ammirare una bellissima vista prendendo la funicolare.
La meta successiva è stata San Miguel de Allende dove mi sono letteralmente innamorata forse perché è stata una delle prime città che ho visto, e in più era anche un sabato dunque tutti erano in piazza. Abbiamo fatto Couchsurfing da una coppia che è stata gentilissima, ci ha scarrozzato in giro per tutto il giorno, portandoci la sera nei peggio locali (dove in uno dopo le 1a.m. facevano partire filmini porno alla TV del bancone). Prima di dirigerci verso Guanajuato, abbiamo fatto un salto al santuario di Atotonilco che fa parte dell’UNESCO dal 2008. I muri interni sono un vero e proprio gioiellino: gli affreschi ricoprono tutte le pareti con ordine contiguo.
Guanajuato è una piccola cittadina senza semafori nel centro storico. C’è una strada per un senso e un’altra per l’altro più una strada sotterranea prima letto di un fiume. Potete ammirare una bellissima vista prendendo la funicolare.
Dopo 4 ore e mezza di bus arriviamo a Guadalajara, chiamata da molti la seconda capitale del Messico,che mi ha scombussolato un poco dopo aver visitato paesini o città più piccole. Terra della Tequila e dei Mariachi, cose che si possono trovare un po’ ovunque.
Il mare mi aspettava, così salutata Maria, mi dirigo in aereo verso la penisola dello Yucatan, facendo tappa a Playa del Carmen che avrei saltato se non fosse che un altro amico di Verona in viaggio anche lui da solo per il Messico, Marco, mi aspettava lì. Di Playa non c’è molto da dire: è pieno di americani tanto che i prezzi sono addirittura in dollari. Di giorno si va in spiaggia, di notte nelle varie discoteche che la cittadina può offrire.
Un altro amico, Luca, che da anni vive a Tulum, si offre di venire fino a Playa a prenderci in macchina e di portarci a scoprire questa meraviglia. A parte il sito archeologico che era pieno di turisti, il mare è una cosa stupenda, caraibico per eccellenza.
Da Tulum è facile raggiungere il sito archeologico di Coba prendendo un collectivo in centro città. Vale la pena di visitarlo solo per scalare la piramide Nohoch Mul alta 42m.
Saluto Marco e lo ringrazio per tutte le dritte preziose che mi ha passato e mi dirigo a Valladolid, una tranquilla cittadina dello Yucatan.
In ostello incontro una ragazza francese, Jessy, appena arrivata in Messico, pronta ad avventurarsi con me a Ek Balam e a rilassarsi al cenote Zaci, proprio nel centro della città, un tipo di grotta con acqua dolce limpidissima. Jessy ha qualche anno più di me, ha viaggiato molto, solitamente con una sua amica che questo giro non ha potuto farle compagnia.
In ostello incontro una ragazza francese, Jessy, appena arrivata in Messico, pronta ad avventurarsi con me a Ek Balam e a rilassarsi al cenote Zaci, proprio nel centro della città, un tipo di grotta con acqua dolce limpidissima. Jessy ha qualche anno più di me, ha viaggiato molto, solitamente con una sua amica che questo giro non ha potuto farle compagnia.
Da Valladolid è facile ad arrivare al famosissimo sito archeologico Chichén Itzá, molto turistico e non il mio preferito, ma un vero spettacolo archeologico.
Noleggiate delle bici, ci siamo concesse una giornata alla scoperta dei vari cenote come quello di Dzitnupe quello di Samulà, una chicca soprattutto se andate la mattina presto. Ricordatevi maschera e boccaglio!
Tempo di salutare Valladolid e la sua feria de la Candelaria che ci ha tenuto compagnia in quei giorni, per dirigerci a Mérida, una classica città coloniale, capitale dello stato dello Yucatan.
Un sito che mi ha lasciato a bocca aperta è stato quello di Uxmal perfettamente conservato, peccato aver perso tutte le foto.
Con un tedesco, un’australiana, Jessy la ragazza francese e un americano ci siamo diretti in macchina a Celestun, famosa per i suoi fenicotteri. L’ho trovato un po’ troppo turistico, ma il pesce appena pescato mangiato in spiaggia aveva un suo perché!
Tempo di abbandonare la bellissima atmosfera di Merida e salutare Jessy, ho iniziato l’unica giornata passata da sola di tutto il mese. Mi sono diretta a Campeche, dove ho speso solo una notte: l’ostello era poco invitante e la cittadina era abbastanza piccola per visitarla in una giornata. Vicino a Campeche c’è Edznà, raggiungibile dai collectivos che si prendono dietro al mercato, diciamo non la zona più sicura che abbia visto.
Dopo aver visitato zone archeologiche molto conosciute come Chichén Itzá, arrivare a Edznà è tutta un’altra cosa: in tutto il sito eravamo più o meno quattro persone.
In ostello incontro Javier, un ragazzo cileno che mi terrà compagnia per tutta la settimana a venire.
Javier parla tanto, è medico e insegna ed è una persona completamente diversa da me, ma quando si viaggia da soli si cercano di aprire nuovi orizzonti.
Con lui ci avviamo verso Palenque, un viaggio un po’ lungo (5 ore e qualcosa), ma che in compagnia passano più piacevolmente.
Se andate a Palenque, soggiornate a El Panchan: più vicino alle rovine e immerso nella giungla, è possibile dormire in cabanas più o meno comode.
L’umidità è al 200%, ma il divertimento è assicurato tra la musica dal vivo ogni sera, lo spettacolo di fuoco e l’atmosfera un po’ hippie.
Incontro altri ragazzi che avevo già visto a Valladolid e a Merida: il percorso è più o meno sempre lo stesso!
Visitiamo le rovine di Palenque e per il giorno successivo decidiamo di prendere un tour che ci porta ai siti Maya di Yaxchilan (proprio al confine col Guatemala) e Bonampak, assolutamente da vedere.
Lasciamo Palenque e sempre tramite tour visitiamo le cascate di Misol-Ha e Agua Azul per arrivare a San Cristobal de las Casas con un freddo che non ci aspettavamo e dopo un viaggio non proprio confortevole.
San Cristobal è piccolina, ma molto bella: c’è un tipico mercato dell’artigianato, delle viette che vanno su e giù, molto colorata. Incontro Ania, una mia ex coinquilina polacca, che ha iniziato un progetto con la sua università di sei mesi proprio a San Cristobal.
Uno dei posti che più mi ha emozionato e colpito è stato entrare nella chiesa sconsacrata di San Juan Chamula. All’interno non era possibile fare fotografie nè usare il cellulare, ma nella mente ho ancora una chiara immagine dell’atmosfera.
Entrando, la luce che penetrava a malapena dalle finestrone impolverate illuminava il pavimento ricoperto di candele e aghi di pino che oltre all’incenso, profumavano tutta la chiesa. Non ci sono banchi, ma solo statue di santi ai lati. Maya e altri credenti pregavano, divisi in vari gruppetti chi in piedi, chi seduto per terra, cantando cantilene quasi ipnotiche. C’era un sacco di Coca-Cola che girava, da quello che ho capito è perché contiene tanto gas e il gas fa uscire cattivi spiriti dallo stomaco, semplicemente ruttando. Ogni tanto è possibile vedere qualche gallina sacrificata comprata nel mercato adiacente e qualcuno sparare fuochi d’artificio per buon auspicio.
Javier, Ania ed io ci incamminiamo verso Oventic, un villaggio Zapatista.
“I combi passano all’angolo, ma non sono molti, forse dovrete aspettare per più di mezz’ora”. E così fù: un bel 40 minuti sotto il sole a parlare del Cile e dei problemi che riguardano l’istruzione, comparati a quelli polacchi e italiani.
Il nostro combi arriva già pieno, ma non ci sono problemi, un posto per tre persone lo si trova sempre. Dopo mezz’ora di strada tra curve, montagne, nebbia e bambini che stanno male per il troppo scombussolamento, ci lasciano giù nel bel mezzo del nulla.
Alla nostra destra c’è una cancellata e un bar. A sinistra cartelli che ci allarmano che stiamo entrando in territorio Zapatista e un negozietto che vende passamontagna, vestiti e così via.
Due persone incappucciate ci accolgono chiedendoci i passaporti per registrare il nostro arrivo.
Passa una bella mezz’ora (una giornata ad aspettare) e finalmente i nostri rivoltosi tornano con i passaporti e ci aprono la porta per la visita. La nostra guida è molto taciturna, bisogna togliergli le parole di bocca per capire un poco la situazione.
Javier, Ania ed io ci incamminiamo verso Oventic, un villaggio Zapatista.
“I combi passano all’angolo, ma non sono molti, forse dovrete aspettare per più di mezz’ora”. E così fù: un bel 40 minuti sotto il sole a parlare del Cile e dei problemi che riguardano l’istruzione, comparati a quelli polacchi e italiani.
Il nostro combi arriva già pieno, ma non ci sono problemi, un posto per tre persone lo si trova sempre. Dopo mezz’ora di strada tra curve, montagne, nebbia e bambini che stanno male per il troppo scombussolamento, ci lasciano giù nel bel mezzo del nulla.
Alla nostra destra c’è una cancellata e un bar. A sinistra cartelli che ci allarmano che stiamo entrando in territorio Zapatista e un negozietto che vende passamontagna, vestiti e così via.
Due persone incappucciate ci accolgono chiedendoci i passaporti per registrare il nostro arrivo.
Passa una bella mezz’ora (una giornata ad aspettare) e finalmente i nostri rivoltosi tornano con i passaporti e ci aprono la porta per la visita. La nostra guida è molto taciturna, bisogna togliergli le parole di bocca per capire un poco la situazione.
È possibile fotografare le case e i murales, ma non le persone, gli animali e le vetture.
Gli abitanti lavorano tre giorni a settimana (coltivare la terra, il caffè o il tabacco, tessere vestiti) per il villaggio in cambio di vitto, alloggio e istruzione (c’è una scuola primaria e una secondaria e corsi di lingua), i giorni restanti possono andare a lavorare per villaggi vicini e guadagnare qualche soldo che permette loro di comprare qualche vestito e altre cose primarie.
Tuxtla Gutierrez è sicuramente una città da saltare, ci siamo spostati lì solo perché avevo il volo che mi riportava a Città del Messico.
Nelle vicinanze però c’è Chiapa de Corzo, una cittadina piccolina carina, dove abbiamo trovato un pescatore che ci ha portato a fare un giro sulla lancha e al suo ristorante familiare in un’isoletta.
Non siamo riusciti a visitare il Cañón del Sumidero perché siamo arrivati troppo tardi: chiudeva alle 16 e dovevano esserci almeno 9 o più persone, ma molti ne consigliano la visita.
Non siamo riusciti a visitare il Cañón del Sumidero perché siamo arrivati troppo tardi: chiudeva alle 16 e dovevano esserci almeno 9 o più persone, ma molti ne consigliano la visita.
Attenzione a Tuxtla perché non esistono Combi o bus che vi portano in aeroporto: solo taxi. Per fortuna la sera prima abbiamo conosciuto delle ragazze locali che ci hanno gentilmente accompagnati in aeroporto, tra l’altro lontanissimo dal centro città.
Così saluto Javier e le ragazze e mi dirigo verso Città del Messico, dove c’è Alba ad ospitarmi.
Del DF ci sono troppe cose da dire, è molto grande, ma i punti di interesse sono abbastanza concentrati.
La metro arriva direttamente in aeroporto, che è praticamente in centro città e dopo una certa ora le prime carrozze diventano una zona per solo donne, bambini e anziani.
La metro arriva direttamente in aeroporto, che è praticamente in centro città e dopo una certa ora le prime carrozze diventano una zona per solo donne, bambini e anziani.
Da non dimenticare una visita al sito di Teotihuacan e a Xochimilco.
Poi ci sarebbe tutto un capitolo da scrivere per quanto riguarda la cucina, non per niente fa parte del patrimonio UNESCO dal 2010. Nota positiva sicuramente sono i tacos al pastor, il frutto Mamey, le quesadillas, le torte che sono dei panini, il mole, i pastes di Pachuca, il pozole, l’agua de chia, il mezcal e la tequila.
3. Cosa ci puoi dire della pericolosità tanto sbandierata in questi anni?
Sinceramente sono sempre stata attenta, non sfoggiavo la mia macchina fotografica ovunque, in autobus viaggiavo di giorno (il più delle volte prima di salire ti facevano una foto come identificazione), le sera non ero mai da sola e i posti che ho visitato erano principalmente turistici. Camminare con fare sicuro a volte aiuta a confondersi un po’.
Ho però sentito storie da altri ragazzi di scippi o di problemi con la polizia. Sempre bene stare cauti e usare il buon senso.
Ho però sentito storie da altri ragazzi di scippi o di problemi con la polizia. Sempre bene stare cauti e usare il buon senso.
4. Una cosa che ti ha stupito che non ti saresti mai aspettata?
Mi è risultato facile viaggiare in autobus e da sola non ho avuto grandi problemi, forse anche perché lo spagnolo per noi italiani non è proprio una lingua impossibile.
5. Quali sono state le emozioni dominanti del tuo viaggio?
Andare a letto presto alcune serate ed essere la prima a svegliarsi di tutto il dormitorio è stata una grande soddisfazione, da grande dormigliona che sono.
Visitare mano a mano dei siti archeologici e capire alcune differenze tra uno e l’altro, confrontarli e arrivare a fine viaggio al museo di antropologia di Città del Messico e rendersi conto di quante esperienze in un mese è possibile fare.
6. L’aspetto culturale che più ti ha appassionato?
La vita che c’è nei mercati con la musica dal vivo e il cibo ad ogni angolo della strada a qualsiasi ora.
7. C’è stato un incontro in questo viaggio che ti ha aperto ad un modo di pensare nuovo?
Ci sono stati tanti incontri, ognuno ha portato a nuove rivelazioni, nuovi pensieri che hanno iniziato a macinare nella mia testa. Ragazzi giovanissimi che sono in viaggio da mesi, che pensano solo alla giornata, facendo dell’ostello casa loro.
8. Cosa questo viaggio, ha aggiunto alla consapevolezza di te stessa?
Di non aver paura, una volta che sei in gioco è facile.
9. La cosa più utile da mettere nello zaino per viaggiare in Messico?
Sicuramente un cappello per tutto il sole che c’è, una crema protezione solare e una maschera da sub.
Puoi fare una guida in cui spieghi come fare a viaggiare così tanto? Dove trovare il tempo e i soldi?! Un mese in Messico non penso sia costato poco… Soprattutto di voli… Noleggi ecc… Da disoccupata!!! Qual è il trucco?
Quando leggi un’articolo verifica chi lo ha scritto, questo era un’intervista. Ossia non ero in viaggio. Ad ogni modo ne ho scirtti tanti di articoli di come viaggiare a lungo spendendo poco, anche su Nomadi Digitali.
Va beh, questo non è viaggiare “da soli”. Se nel posto di destinazione ti aspettano degli amici ovunque con incontri prefissati, questo si chiama “prendere l’aereo da soli”. Penso anche mio nipote saprebbe farlo.