Claudio: Dal Tibet a Milano in bici per aiutare un orfanotrofio

Francesca Di Pietro Pubblicato il

Mi chiamo Claudio Piani, milanese di trent’anni, con una passione particolare per gli stili di vita un po’ alternativi. Quattro anni fa mi sono licenziato dal mio impiego a Milano e ho iniziato a viaggiare e lavorare all’estero, seguendo il principio: un anno di viaggio a basso costo in nazioni dove la vita costa poco e un anno di lavoro in nazioni dove i salari sono molto alti, permettendomi di risparmiare i soldi necessari per il viaggio seguente [Qui la precedente intervista] . Negli ultimi quattro anni ho quindi attraversato l’Asia tre volte (Milano-Jakarta, Singapore-Milano, Tibet-Milano), sempre senza prendere aerei e soprattutto mi sono trovato a fare decine di lavori più o meno seri in giro per il mondo, il magazziniere e il fisioterapista in Australia, il maestro di educazione fisica nella scuola pubblica elementare in Cina, ma anche, il pastore in Mongolia, il taglialegna in Russia e il “modello” in Cina. Proprio dalla Cina è iniziato il mio ultimo viaggio. Finito il contratto nella scuola in cui lavoravo, ho deciso di tornare a casa ancora una volta via terra. Questa volta però con le mie gambe per davvero:In bicicletta! Dal confine nord del Tibet all’Italia. Parallelo al viaggio ho deciso di “sponsorizzare” un orfanotrofio di bambini tibetani rifugiati a Katmandu in Nepal, aprendo una pagina facebook: Cycling home from Tibet, dove, oltre che a parlare delle disavventure in sella, promuovevo le attività dell’orfanotrofio, gestito peraltro da un Lama tibetano ed affiliato a“Associazione Culturale Tibetana” , una associazione di Promozione sociale non profit regolarmente riconosciuta, con sede in Italia.

  1. Come hai trovato questo orfanotrofio e come mai hai deciso di volerlo aiutare?

Durante il mio secondo viaggio in Asia, in autostop da Singapore a Milano, attraverso l’Asia sub-himalayana mi sono trovato più volte a contatto con la cultura tibetana e la religione buddista, soprattutto in India e in Nepal. Nella città di Drajellin nell’India nord-orientale addirittura mi sono ritrovato casualmente in un “campo di rifugiati” tibetani, scappati dal Tibet a seguito della delicata situazione politica con la Cina. Proprio qui sono venuto a conoscenza degli innumerevoli orfanotrofi, scuole e campi di rifugiati per tibetani sparsi in India e Nepal, ormai unici luoghi dove si mantengono immutate la lingua e le tradizioni tibetane.

Quando ho deciso di tornare in bicicletta dalla Cina ho pensato che il viaggio sarebbe stato sufficientemente “avventuroso” da giustificare la richiesta di una raccolta fondi. Così mi sono messo ala ricerca di una struttura che necessitasse aiuto. Avevo sentito parlare della “Tashi Orphan school” da diverse persone e, facendo un po’ di ricerche, avevo scoperto che soddisfava tutti miei criteri. In primis è gestita da personale locale, insegnanti ed educatori che “sanno quello che fanno”. Durante i miei viaggi mi era capitato di imbattermi in diverse onlus proveniente da paesi occidentali che, senza rendersene conto, stavano snaturando la cultura e le abitudini delle persone che cercavano di aiutare. In secondo luogo la “Tashi Orphan School” è finanziata dall’Italia da Associazione Culturale Tibetana(www.culturaletibetana.org). La mission, oltre a crescere e istruire i bambini della scuola, è quella di promuovere e preservare la cultura Tibetana, non solo per le nuove generazioni del Tibet ma anche per tutti coloro che hanno a cuore la causa Tibetana.

Grazie a loro, sarebbe stato più facile effettuare le donazioni direttamente sul loro conto bancario o tramite bollettino postale. Questo mi avrebbe sgravato dalla raccolta di fondi stessa, che quindi vanno direttamente dall’offerente alla scuola, senza passare dal sottoscritto.

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  1. Perchè tornare indietro pedalando?

Questo rientra un po’ nella “storia personale” dei miei viaggi e nella continua ricerca di nuove sfide e avventure. A ventidue anni avevo attraversato l’Europa in macchina, poi l’Asia, prima con i mezzi pubblici, poi, seguendo un’altra “rotta”, in autostop…insomma era il momento di provare un nuovo mezzo che mi facesse sperimentare qualcosa di nuovissimo. Ero curioso di sperimentare un modo di viaggiare ancora più lento e ancora più “solitario” dei precedenti, dove la bicicletta, con i bagagli e le scorte di cibo appese sul portapacchi, oltre che mezzo di locomozione, sarebbe diventata la mia “casa ambulante”, permettendomi di campeggiare in zone realmente remote, difficilmente accessibili se non ci si sposta in totale autonomia.

  1. Quali sono state le difficoltà principali del viaggio?

In realtà amo talmente tanto l’avventura che quando viaggio non sento mai di avere “difficoltà” ma solo innumerevoli “situazioni da risolvere”. Nello specifico di un viaggio in bicicletta queste situazioni si moltiplicano a dismisura. Si va dal pedalare su ripide salite oltre i tremila metri di quota con il vento himalayano che ti soffia in faccia a pedalare da soli per giorni e giorni nella steppa kazaka in totale solitudine, razionando le riserve di acqua cibo perché la città più vicina è a quattrocento chilometri.

 

  1. Quale è stato il paese più difficile da attraversare?

Sicuramente il Kazakisthan, dove la scarsa densità abitativa mi ha spesso costretto a pedalare per diversi giorni in zone remote popolate esclusivamente da cammelli, cavalli selvatici, serpenti, scorpioni e lupi. Estenuato dalla fatica di pedalare sotto il sole per ore, la solitudine che ti mette faccia a faccia con te stesso, il viso sporco di sale e le scarpe piene di sabbia senza potermi lavare per giorni…. eppure c’e’ stato qualcosa di magico in tutto questo. Una specie di “ritorno alle origini” che mi ha fatto danzare con la natura e scoprire che le risorse fisiche e mentali del corpo umano sono incredibili…

  1. Cosa ti ha insegnato questo lungo viaggio?

Tante, troppe cose… posso riassumerle con una similitudine. Come in bicicletta, anche nella vita, alla fine di ogni salita, anche la più ripida, c’è la pianura o la discesa. Senza contare che in cima alle salite la vista è migliore!!!

  1. In che modo le persone possono aiutarti ancora per la tua raccolta fondi per l’orfanotrofio?

C’è ancora tempo per effettuare donazioni all’orfanotrofio “Tashi Orphan School”. Posso suggerire di visitare la pagina facebook Cycling home from Tibet, dove, nel primo articolo spiego in dettaglio il progetto e la raccolta fondi (https://m.facebook.com/story.php?story_fbid=1858125294482283&id=1852504518377694) e poi come effettuare donazioni all’orfanotrofio stesso sui loro  bancari (https://m.facebook.com/story.php?story_fbid=1881238312170981&id=1852504518377694

  1. Che progetti hai per il futuro?

Adesso sono appena rientrato in Italia e conto di godermi un po’ la mia famiglia ed i miei amici. Ho scritto un piccolo ebook con alcuni aneddoti dei miei viaggi e conto di auto pubblicarlo su amazon entro febbraio. Il ricavato andrà poi interamente devoluto in beneficenza alla Tashi Orphan school.

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Psicologa e Viaggiatrice. Giro il Mondo e studio la personalità dei viaggiatori! Ho visitato più di 75 paesi molti dei quali da sola. Per me il viaggio è uno strumento di crescita personale. Ho creato questo sito per tutti quelli che amano viaggiare da soli o che vorrebbero iniziare a farlo. Ho pubblicato: Il Bello di Viaggiare da Soli: guida al travel coaching per ottenere il massimo da noi stessi edito Feltrinelli.

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