Viaggiare Low Budget: un pellegrino da 60 paesi

Gennaro Conte, 32 anni, geologo, attivista ambientale, instancabile esploratore, negli ultimi anni mi sono dedicato a viaggiare il mondo, visitando più di 60 paesi. Volontario in Africa e Asia per diverse ONG, appassionato di trekking e di cammini spirituali, da tre anni cammino per il mondo come un nomade o come mi definisco spesso:  un pellegrino.

1. Cosa ti ha spinto a iniziare a viaggiare da solo?

Ricordo un giorno mentre passeggiavo in un campeggio Scout, nella contea di West Sussex in Inghilterra mi colpì l’odore di erbe aromatiche e spezie proveniente da una tenda, mi sentii spinto ad entrare a chiedere di quelle merci. Un ragazzo di origine Armena, mi disse che erano spezie provenienti dalla Turchia, dal Mercato delle spezie di Istanbul, la tentazione fu troppo forte andai subito a comprare un biglietto per la Turchia e qualche settimana dopo ero partito.

Il viaggio, la diversità, i posti visitati, la conoscenza diretta di nuovi popoli e di nuovi ambienti uniti allo spettacolo dei Dervishi e alla bellezza del Bosforo mi aprì la mente e le idee, in poche settimane tutto ciò fece per me quello che anni di studio non avrebbero mai potuto fare.

Il mondo è diventato più bello da allora.

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2. Viaggiare così tanto da solo ha cambiato la tua personalità in qualche modo?

Profondamente. Tutti i viaggi ci cambiano.

Bisogna capire che il viaggio cambia il contesto, ma l’individuo è lo stesso. Vivere nuove esperienze, nuove avventure, nuovi usi e costumi comporta sempre una nuova comprensione del sé. Lo ricordo ancora, uno di quei momenti in cui ho sentito qualcosa muoversi dentro di me. Ero di ritorno dalla Thailandia, da un campo di volontariato nella provincia di Takua Pa successivamente alla tragedia dello Tzunami, qualcosa in me era diverso, io non ero più la stessa persona, quell’esperienza, quel contesto mi avevano cambiato.

La grande differenza fra l’uomo che vive nuove avventure e l’abitante statico della città sta nel fatto che il primo è schietto e allegro con tutti, ha imparato ad aprirsi alla diversità e alla conoscenza, mentre il cittadino chiuso, circondato da automatismi è piuttosto portato a stare abbottonato come la sua giacca e nella sua giacca.

La vita all’aria aperta, in nuovi paesi, in nuove culture non ammettono questi riserbi, il bisogno di una propria evoluzione è più forte, si è pronti a tutto, ogni viaggiatore diventa come Kim, “Amico di tutto il mondo”. Sta ad ognuno di noi decidere, così come fece Kim il ragazzino del romanzo di Kipling, se entrare a far parte dell’esercito Inglese o seguire la via spirituale mostratagli dal suo amatissimo Lama.

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3. Mi hai detto che negli ultimi anni sei stato pochissimi mesi a casa, come fai lavori in viaggio?

E’ una domanda che mi fanno tutti, “dove li prendi i soldi?” credo fortemente che viaggiare non sia mai stata una questione economica bensì di coraggio. Viaggio con budget limitati, imponendomi delle cifre giornaliere da non superare che magari possono essere 5 euro in Asia piuttosto che 20 euro in paesi più occidentalizzati, ovviamente è importante sapersi organizzare. Inoltre viaggio sempre con la mia tenda e una spiritiera (fornellino da viaggio, chi fa trekking sa di cosa parlo), ad ogni modo quando resto a corto di soldi mi fermo in qualche paese e lavoro, facendo i mestieri più disparati, ho venduto cibo per animali, riparato acquari, lavorato come muratore, piastrellista, cameriere etc. Una volta messi via i pochi soldi che mi servono per partire per una nuova avventura, lascio il lavoro e parto per un viaggio all’interno del viaggio. Per metterla in cifre, ho percorso la via Transiberiana (Russia-Mongolia-Cina), 9000Km in treno  in 45 giorni spendendo circa 800 euro.

4. Che cosa è “I just want to explore” che filosofia ha dietro?

“I just want to explore” nasce a Melbourne quando io e Sophia, una mia amica francese, organizzavamo la traversata per il deserto Australiano, ricordo che improvvisamente recitai quelle parole e lei con un pennarello le scrisse a caratteri cubitali sul vetro della veranda del nostro appartamento, da quel momento iniziammo ad usarlo di continuo.

Questo motto vuole essere un adesione coraggiosa alla mia vocazione al viaggio, all’esplorazione, alla strada e più in generale alla conoscenza, senza cedimenti alle mode, senza aggregamenti alle maggioranze, senza tradimenti alla mia personalità.

Viaggiare per me è stato sempre il mio modo di rimediare a tutto, ai miei momenti di inquietudine a quell’insoddisfazione che è dentro ognuno di noi, allora mi sono reso conto che in alcuni momenti viaggiare, esplorare era l’unica cosa che mi desse davvero momenti di rara felicità, pensavo che la mia vita dovesse essere rivolta a quell’esplorare, a quella ricerca che come dicevo è rivolta quasi sempre dentro di noi…quindi “I just want explore” al di fuori per intraprendere quel viaggio importantissimo che ognuno deve fare dentro di se.

5. Avevi paure prima di partire e come si sono tradotte nella realta?

C’è sempre qualche scusa, qualche motivo che appare buono e serio per restare dove si è, per continuare come si è per non andare oltre. Ma è paura, vigliaccheria, è falsità, perché ciò che è vero è il nostro estremo bisogno di cambiare, di crescere, di conoscere, di rispondere agli interrogativi più urgenti che battono dentro di noi.

Nel mio caso le mie paure hanno sempre alimentato l’entusiasmo e la voglia d’avventura.

La pigrizia, le abitudini, quel senso remissivo che è sempre in agguato dentro di noi fanno una forte resistenza. Ci vuole una buona dose di coraggio, ma poi appena si comincia, appena la strada di snoda sotto i nostri passi ci si accorge che la paura si dilegua e adagio adagio sorge il sole.

Vivere il viaggio, comporta spesso una sfida con le proprie paure, alle proprie forze, ai propri limiti, alla propria resistenza e ad una stupida prudenza. Molte volte la stanchezza mentale e fisica, le condizioni, la sfiducia consiglierebbero di fermarsi e di rinunciare ad un progetto o al raggiungimento di una meta prefissata, invece con il tempo la strada insegna a vincere ogni stanchezza, ti permette di accettare la sfida spremendo da noi stessi quelle riserve di forze che ci portiamo dentro.

La strada insegna a non cedere, nemmeno con noi stessi.

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6. In base a cosa scegli la destinazione?

Trovo sempre più interessante viaggiare avendo qualcosa di preciso da cercare. Scegliere cioè, il posto in base a qualcosa che stessi studiando, scoprendo, o semplicemente mi incuriosisse. Tipo una storia, un personaggio, un cibo. Per esempio qualche anno fa ero molto interessato a conoscere meglio la questione Tibetana e l’esilio del Dalai Lama, quindi decisi di avventurarmi in Asia Meridionale, percorrendo così la Friendship Highway da Kathmandu a Lhasa e successivamente dirigendomi nel nord dell’India fino a giungere in Himachal Pradesh a Dharamsala (la residenza attuale del XIV Dalai Lama Tenzin Gyatso) dove ho avuto anche la grande fortuna di assistere alla cerimonia di benedizione di Sua Santità.

7. Un’emozione che non pensavi di provare?

Di vivere la solitudine in maniera quasi attraente. Il bisogno di ricercare i silenzi in una società che non fa altro che parlare.

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8. Cosa ne pensi del modo in cui si viaggia oggi?

Potrei cominciare a sfogare gli orrori dell’attività turistica di oggi, quella smania insensata di andare in giro, lo squallore degli alberghi moderni, la gente che pretende di vivere a Bali o in Thailandia come a casa propria, gli stupidi comfort che tutti cercano e pretendono, i resort, i prezzi degli alberghi, i camerieri, la violenza sui sapori e i costumi locali per renderli più occidentali.

Ma sono sicuro che non cambierebbe niente, che è assolutamente inutile. Il cittadino che oggi si mette in viaggio non sa perché, parte perché in città fa troppo caldo. Viaggia perche sperando che nella vista di nuovi posti possa trovare sollievo delle fatiche e dello stress accumulato in un anno, viaggia perché tutti i suoi amici e parenti lo fanno, perché così ne può parlare e farsi bello, perché è di moda!

Saranno anche motivi comprensibili ed onesti, ma credo in qualcosa di più profondo, parafrasando Hesse: la poesia del viaggio non sta nella distensione che si prova interrompendo la monotonia della vita di tutti i giorni, dal lavoro, dalle preoccupazioni, ma nel fare nuove esperienze, nell’arricchirsi, nell’abbandonare le convenzioni e attingere da se stessi, nel sentire l’esigenza di sentirsi amici e partecipi di tutto ciò che è vivo, di continuare a inseguire questa poesia  desiderosi e felici non solo nei viaggi in terre lontane  ma nella vita di tutti i giorni e nelle esperienze quotidiane.

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9. Mi racconti di questo nuovo progetto video con le persone conosciute in viaggio?

È un idea semplicissima, che mi è venuta chiacchierando con Ryosuke un amico Giapponese.

Di solito quando viaggiamo c’è dentro di noi una forma di egoismo ed egocentrismo che ci fa pensare a noi e al nostro viaggio, che ci porta a farci scattare foto o video sotto al monumento di turno per essere più belli e interessanti. La mia idea invece, vuole esaltare le persone che si incontrano durante un viaggio, le amicizie che facciamo negli ostelli, nei treni, negli aerei da cui impariamo e che quasi sfruttiamo in qualche modo, per tenerci compagnia, per non restare da soli nelle notti passate a Cancun, Sydney, Dakar.  Quindi l’idea è quella di inserire tutte le persone che ho conosciuto nei miei viaggi e fare un filmato con una serie di piccoli video che tutti loro mi stanno inviando da tutto il mondo, recitando ovviamente il motto I JUST WANT TO EXPLORE, ricordando come ci siamo conosciuti e la loro nazionalità. Questo video vuole essere alla fine un grande mosaico colorato di persone diverse provenienti da paesi diversi con culture diverse che hanno reso la mia avventura meravigliosa.

10.Un viaggio che sogni di realizzare?

La via della seta, le vie carovaniere che attraversavano l’Asia centrale e il Medio Oriente, che collegavano la Cina all’Asia Minore e al Mediterraneo attraverso il Medio Oriente e il Vicino Oriente. Sulle orme di Alessandro Magno e Marco Polo. 

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