Viaggiare in Autostop: 50 giorni tra i Balcani

Francesca Di Pietro Pubblicato il

Mi chiamo Alessio Amato e sono mezzo sardo mezzo italiano. Studio Scienze Politiche a Milano. Ho cominciato a fare autostop perché volevo andare ad un rave. La mia esistenza ha un solo filo conduttore: persone di ogni ambito e nazione che dicono che io sia un pazzo.

Per contattarmi per esigenze personali e/o artistiche scrivete ad alessio.amato@hotmail.com. Ho due diari di viaggio da pubblicare: uno sul viaggio dibattuto nell’intervista e l’altro su come ho viaggiato in autostop per un mese nei Balcani, senza mai pagare per un alloggio.

  1. Cosa ti ha spinto a scegliere l’autostop come mezzo di trasporto? L’avevi già fatto?

Viaggio così per puro caso! 13 Giugno 2014, Mouscron (Belgio): Brasile-Croazia, esordio dei Mondiali di calcio, fa sì che ci siano poche anime per strada. Arrivo in quella città a luci calate, col treno. Perso, in quanto abitavo a Lille, in Francia, entro in una friggitoria a chiedere indicazioni su come attraversare il confine a piedi. Un signore, di sua spontanea volontà, decide di portarmi al capolinea della metro: è un professore di filosofia marocchino, autostoppista che ha girato l’Europa dall’Italia alla Svezia. Lessi, qualche giorno prima, di Hitchwiki, la Wikipedia per autostoppisti, e del raduno annuale che tengono, ossia l’Hitchgathering. Da quel giorno ho deciso che sarei andato in autostop per luoghi che non conoscevo, o non conoscevo abbastanza. In una parola: ovunque. Non sono cresciuto leggendo Kerouac e guardando Into the Wild… a dire il vero, non ho mai avuto la smania dell’avventura a tutti i costi. Semplicemente: mi piace tanto, è un metodo efficace per viaggiare e, oltre ai luoghi, si possono conoscere le persone che li abitano.

Con delle famiglie rom nel ghetto “zingaro” di Chirpan, Bulgaria.
Con delle famiglie rom nel ghetto “zingaro” di Chirpan, Bulgaria.
  1. Esiste una tattica o una strategia per farsi “caricare”?

Non mi piace parlare di strategia in quanto, nella mia visione semantica, quella parola è un sottinteso per circuire le persone. Quasi fossero degli autisti che devono caricarti gratis a tutti i costi.

Questa piccola premessa, però, non impedisce di dare qualche dritta che potrebbe rivelarsi utile. Prima di tutto, bisogna farsi vedere per quel che si è: sorridere sempre, niente occhiali da sole, niente alcol, niente canne e niente droghe. A proposito di farsi vedere: se ci si trova per strada, oltre ad essere appariscenti (ognuno ha il suo metodo: io indosso un cappello giallo), bisogna stare ad una distanza sufficiente per l’autista di riflettere due secondi e fermarsi in un luogo sicuro. Va detto che la nozione di sicuro varia da Stato a Stato. Se, invece, si è bloccati in un benzinaio vale sempre la pena cercare di parlare con tutti, anche se non si conosce la lingua dell’interlocutore. Se necessario, fate capire che volete andare in autostop a tutti i costi e che non state mendicando né avete talmente pochi soldi da non poter andare in pullman (consiglio valido a meno che non siate davvero squattrinati). Avere un cartello, raffigurante la destinazione o l’autostrada di riferimento, aiuta a farsi etichettare come viaggiatore ma non è fondamentale per viaggiare: basta il pollice o il gesto equivalente.

autostop nei balcani

  1. Quali sono stati i pregiudizi e le difficoltà maggiori?

I pregiudizi e le difficoltà sono diversi da Paese a Paese. Pertanto, non posso parlare di problemi “universali”. Comunque, visto il mio aspetto, sono stato scambiato per arabo in molti posti. Questo equivoco implica sentirsi salutare con “Salam aleikum” da sconosciuti per strada o spiegare ad autisti europei, soprattutto in Ungheria, che non si è dei rifugiati siriani. Per quanto riguarda le difficoltà strettamente legate all’autostop, ho dovuto aspettare un po’ più del solito in Croazia visto che, recentemente, un’autostoppista è stata ammazzata da un camionista quindi molte persone, grazie ai media, sono spaventate. Altri problemi sono sorti in Armenia e Romania dove è facile fare autostop visto che molti lo fanno ma, siccome la gente del posto paga per farsi dare i passaggi, bisogna puntualmente spiegare che si viaggia gratis. Se si finisce in zone rurali o in un posto sconveniente per fermare un’auto, bisogna sempre mettere in conto di camminare qualche kilometro a piedi per arrivare al paese successivo. Infine, ho avuto decine di persone casuali che mi fermavano per strada chiedendomi selfie: personalmente, non mi sono mai infastidito, ma ho imparato perché il quarto d’ora di celebrità non giova a tutti.

  1. Quale è lo Stato in cui hai avuto più difficoltà e quello più facile?

Per quanto riguarda questo viaggio, ho avuto difficoltà soprattutto in Croazia, per i motivi citati nella domanda precedente, e Bulgaria. In Bulgaria non è molto difficile fare autostop, ma bisogna camminare tanto, anche 5-10 km, e può capitare che chi ti dà un passaggio ti lasci in mezzo all’autostrada. Non in una piazzola di sosta o dal benzinaio, proprio sul ciglio dell’autostrada. I Paesi in cui ho girato in autostop più facilmente sono la Slovenia, il Kosovo, la Turchia e l’Armenia.

Ashtarak, Armenia. Foto scattata da Edgar, uno del posto che mi portò lì da Yerevan.
Ashtarak, Armenia. Foto scattata da Edgar, uno del posto che mi portò lì da Yerevan.
  1. Ci racconti una tua giornata tipo?

Quando non si fanno piani non esiste una giornata tipo. Potresti svegliarti in un benzinaio alle 6 del mattino e, visto che ci si trova lungo un’autostrada, passare tutta la giornata a chiedere passaggi per arrivare lontano e stando nelle macchine di chi accetta. Potresti svegliarti su una panchina in un parco, girare una città, guardare i murales e mangiare nei fast food per poi finire la sera su un’altra panchina nello stesso parco. Potresti anche svegliarti a casa di chi ha gentilmente deciso di ospitarti, accettare il cibo che viene offerto per poi, nel pomeriggio, ripartire verso chissà dove.

  1. Cosa hai imparato su di te in questi 50 giorni?

La domanda finale di “Chi vuol essere milionario?” mi stresserebbe di meno rispetto a questa. Partiamo dal principio che non bisogna mai partire aspettandosi qualcosa, incluso imparare qualcosa da se stessi, perché poi si resta puntualmente delusi. Continuiamo col dire che, se dovessi dare una definizione del mio spirito di viaggio, sarebbe qualcosa tra il “viaggio d’istruzione” ed il “viaggio distruzione”. Istruzione perché si impara sempre, sia quando lo si vuole sia nei momenti in cui si cerca di fare tutt’altro. Distruzione perché i preconcetti, le ansie e le paure molto spesso sono fragili come un castello di carte quando ci si accosta alla realtà dei fatti. In tutto questo bisogna anche asserire che, metaforicamente parlando, spesso, al posto di usare il verbo distruggere, si dice incenerire. Dalla cenere però ha origine la fertilità, il vigore, la vita. In sostanza, ho capito che è meglio distruggere da sé le proprie certezze e costruire se stessi che vedere quelle stesse certezze crollare attorno a sé e rendersi conto, all’improvviso, di non essere ciò che si vuole, ma ciò che la società circostante ti ha subdolamente imposto di essere.

Con le commesse di un negozio di dolciumi di Tokat, Turchia. Il proprietario, non presente nella foto, è colui che mi ha dato un passaggio fino a qui.
Con le commesse di un negozio di dolciumi di Tokat, Turchia. Il proprietario, non presente nella foto, è colui che mi ha dato un passaggio fino a qui.
  1. Come hai scelto l’itinerario?

Itinerario? Quale itinerario? Sinceramente parlando, volevo solo arrivare in Armenia visto che, per un possessore di passaporto italiano, è lo Stato più lontano raggiungibile via terra senza che sia necessario alcun visto. Siccome il confine Turchia-Armenia è chiuso per motivi politici, ho programmato di passare dalla Georgia. Infine, siccome non ero mai stato in Turchia e dovevo passare da Istanbul, volevo visitare la città più grande d’Europa. Il resto è stato tutto spontaneo, anche perché non ho mai avuto una mappa con me. Per capire dove fossi guardavo le mappe esposte negli autogrill e consultavo occasionalmente Wikipedia.

  1. Con che bagaglio viaggiavi, ci daresti dei consigli su cosa portare e cosa lasciare a casa?

Viaggio sempre con uno zaino militare dell’Esercito Italiano gentilmente donato da mio padre. Non ho mai misurato scientificamente la capienza ma suppongo sia da 70 L.

Prima di tutto, portate solo l’indispensabile perché avrete tutto sempre sulle spalle. Il mio essenziale, oltre all’abbigliamento, consiste in una tenda, un sacco a pelo, un telo da mare multiuso (funge da telo da mare, asciugamano, cuscino, coperta), una pentola con posate e bicchiere per cucinare da sé, un coltellino svizzero, pastiglie per il mal di testa, deodorante e spazzolino. Ognuno poi ha qualcosa di particolare che si porta con sé: c’è chi viaggia con l’orsacchiotto e la chitarra, chi con il laptop e chi preferisce avere con sé qualche libro. Per quanto mi riguarda, cerco sempre di avere qualche penna ed un quaderno su cui scrivere.

  1. Cosa diresti a chi dice che per viaggiare servono tanti soldi?

Il budget per viaggiare dipende tutto dalle proprie esigenze. Viaggiare con pochi soldi non implica necessariamente viaggiare scomodi, stanchi e sporchi. La persona che esemplifica quello che sto dicendo è Juan Pablo Villarino, viaggiatore argentino. In 10 anni, con un budget di 5 dollari statunitensi al giorno, ha viaggiato in autostop attraverso il Sud America, l’Europa, il Medio Oriente, l’Asia (Iraq ed Afghanistan inclusi) e persino l’Antartide! (http://www.Acrobatadelcamino.com ) Chiaramente il denaro, in taluni casi, è importante: i visti non sono gratis e non tutti possono andare in Sud America facendo una traversata atlantica da 2 settimane. Molti viaggiatori, per questo motivo, si fermano un anno a lavorare per poi viaggiare un anno, alternando così la propria esistenza.

  1. Credi che l’autostop lo possano fare tutti?

Brevemente, sì. Più in dettaglio: ogni categoria di persone ha fatto e fa autostop. Leggevo qualche giorno fa un articolo sulla Stampa in cui si raccontava che tre personaggi all’apparenza molto diversi come Gad Lerner, Ligabue e Claudio Baglioni hanno una cosa in comune: hanno tutti e tre fatto autostop. Per quanto riguarda la mia esperienza personale, mi sono convinto che in molti (il tutti fa parte di una generalizzazione, cosa che da aspirante conoscitore del mondo evito ad ogni costo) possano fare autostop dopo che, in Romania, ho visto una nonna cercare passaggi col nipotino vestito di tutto punto.

5-11 AGOSTO 2018

UBUD – BALI

Psicologa e Viaggiatrice. Giro il Mondo e studio la personalità dei viaggiatori! Ho visitato più di 75 paesi molti dei quali da sola. Per me il viaggio è uno strumento di crescita personale. Ho creato questo sito per tutti quelli che amano viaggiare da soli o che vorrebbero iniziare a farlo. Ho pubblicato: Il Bello di Viaggiare da Soli: guida al travel coaching per ottenere il massimo da noi stessi edito Feltrinelli.

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