Tiziano: la sua scalata al Kilimangiaro la vetta più alta d’Africa

Francesca Di Pietro Pubblicato il

Ciao mi chiamo Tiziano Cappalonga ho 21 anni e vengo da Civitavecchia. Nonostante il mio luogo di nascita, sono un grande appassionato di montagna e viaggi fuori dall’ordinario. Viaggiare per me ormai è diventato sinonimo di libertà, ed è così che voglio vivere la mia vita.

  1. Cosa ti ha spinto a scalare la cima più alta d’ Africa?

Uno dei miei sogni nel cassetto è quello di poter completare tutte le Seven Summits (ovvero le sette montagne più alte per ogni continente), e da qui ho pensato di scalare il Kilimangiaro nel quale riuscivo ad unire la bellezza della montagna insieme alla mia grande passione per i viaggi.

  1. A che agenzia ti sei rivolto e come l’hai trovata?

Mi sono rivolto all’agenzia: “Viaggio con Carlo” trovata casualmente sugli annunci di Facebook l’anno prima e con la quale sono stato anche in Nepal per un trekking chiamato Khopra Ridge nella zona dell’Annapurna Sud. Un’ agenzia veramente molto seria e con ottimo rapporto qualità/prezzo.

  1. In che modo ti sei preparato prima di partire?

La preparazione per la scalata di una montagna di quasi 6000 metri è abbastanza diversa da persona a persona. Si deve avere un’ottima condizione atletica, io in particolare mi sono allenato due mesi andando a correre il più possibile.

  1. Cosa avevi portato con te?

Lo stretto indispensabile, considerando che più materiale mi portavo e più sarebbe stato il peso da trasportare sino alla vetta, sebbene questo fosse ripartito con un portatore locale. Sapendo che lì c’è un clima che passa dall’equatoriale fino all’artico bisogna vestirsi “a cipolla” ovvero con molti strati, infatti, le temperature oscillano tra i +35° ed i – 10°.

  1. Ci descrivi il trekking?

Questo è un trekking molto duro, soprattutto se preso dalla Machame Route. Ho dormito in tenda dove il sonno non è sempre garantito, a differenza dei nostri comodi rifugi. La quota è stata il mio nemico principale, arrivare a 5895m nel giro di soli sei giorni è stato molto stressante. Il paesaggio, escludendo il primo e l’ultimo giorno, è praticamente brullo, c’è da ricordarsi che ci si trova su un vulcano. Però poi la maestà della vetta è qualcosa che riesce a ripagare da tutte le fatiche dei giorni precedenti: un cratere enorme ricoperto da ghiacciai millenari e, essendo salito a buon passo, ho visto l’alba più bella di tutta la mia vita dal tetto d’ Africa.

  1. Il momento più duro?

In genere è la salita alla vetta per la quale si parte a mezzanotte, stanchezza e freddo si fanno sentire, ma invece, nel mio caso è stata la discesa. Mentre scendevo ho preso una storta alla caviglia e sono arrivato sino al campo a 4700 metri con l’aiuto dei portatori. Una volta lì mi sono medicato ed ho continuato la mia discesa verso il campo a 3900 metri dove alloggiavamo.

  1. Cosa hai imparato da questa impresa?

Ho riconosciuto i miei limiti; posso affermare che negli ultimi 400 metri di dislivello, la quota l’ho particolarmente sentita con piccoli accenni di mal di montagna. Ma forse con un po’ più di tempo e di allenamento sarei riuscito ad affrontare quell’ultimo strappo con meno sofferenza.

  1. Secondo te è un trekking accessibile a tutti purché in buona salute?

Assolutamente no. Oltre alla buona salute ci deve essere un notevole spirito di adattamento e di forza mentale visto che, in alcune occasioni, questa è una montagna che ti può spezzare prima il cervello e poi le gambe, e senza una buona testa non si va molto lontani.

Psicologa e Viaggiatrice. Giro il Mondo e studio la personalità dei viaggiatori! Ho visitato più di 75 paesi molti dei quali da sola. Per me il viaggio è uno strumento di crescita personale. Ho creato questo sito per tutti quelli che amano viaggiare da soli o che vorrebbero iniziare a farlo. Ho pubblicato: Il Bello di Viaggiare da Soli: guida al travel coaching per ottenere il massimo da noi stessi edito Feltrinelli.

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