Noemi: resta bloccata in Myanmar e crea un progetto umanitario

Francesca Di Pietro Pubblicato il

Ciao a tutti mi chiamo Noemi, ho 26 anni e a fine febbraio ho lasciato l’Italia per intraprendere il mio primo viaggio senza il biglietto di ritorno. Avevo questo sogno da tanto tempo, ma c’era sempre qualcosa che mi bloccava. Finché quest’anno, l’anno peggiore di sempre per quello che sta succedendo, ho sentito che era arrivato il momento ed ero pronta a lasciare tutto. Scelsi il Myanmar come prima tappa, pensando di trascorrere i 28 giorni previsti dal visto.

1. Come mai stai vivendo in Myanmar?

Dopo un mese di viaggio, sono iniziate le restrizioni legate al Covid e le eliminazioni dei voli per tornare in Italia, così ho dovuto decidere se tornare indietro o rimanere bloccata in Myanmar. Ho seguito il cuore e istinto e ho deciso di restare, prendendomi la responsabilità di quello che sarebbe successo.
I 28 giorni di permanenza, sono diventati mesi e tra poco saranno la bellezza di 10.

2. C’è un motivo preciso che ti ha spinto ad andare in questa terra?

Non c’è un motivo preciso, non so esattamente il motivo per cui abbia scelto il Myanmar. Credo nel destino e forse era proprio qua che avrei dovuto trascorrere questo particolare e meraviglioso periodo della mia vita.

3. Cosa sta succedendo in Myanmar durante la pandemia?

Gli infetti e i morti sono in continua crescita, gli Stati del Myanmar sono stati isolati l’uno dall’altro con la rimozione di treni e mezzi pubblici. Ci si può comunque spostare, ma i prezzi sono altissimi e passando da uno Stato all’altro viene richiesta una quarantena di 14 giorni.

4. Come nasce il tuo progetto di supporto scolastico per i bambini?

In questo momento sono bloccata a Nyaung Shwe, una cittadina situata nello stato di Shan, sulle rive dell’incantevole lago Inle. Ho iniziato a scrivere storie sulla gente che incontro, la cultura e le tradizioni del Paese e le avventure che vivo giornalmente. Un giorno ho scritto la storia di un ragazzo con il quale è nata una bellissima amicizia, il suo nome è Nyi Nyi. Ho scritto della sua impossibilità di lavorare in questo momento, per via dell’assenza di turisti e alcune persone mi hanno suggerito l’idea di iniziare una raccolta fondi per aiutarlo.
Così, gli ho proposto di aiutarmi ad insegnare inglese in un villaggio poco distante e in cambio avrebbe ricevuto una paga giornaliera per sfamare la sua famiglia.
Lui ha accettato, quindi abbiamo iniziato ad organizzare tutto ed in poco tempo eravamo pronti a cominciare.

5. Come mai in pochissimo tempo il progetto si è evoluto in altro?

Esattamente il giorno dopo, è stato indetto un nuovo lock-down che aggiungeva altre restrizioni a quelle già presenti: in poche parole non avremmo potuto raggruppare tutti quei bambini nello stesso luogo (si trattava di due classi da 20 bambini ciascuna).
Non sapevamo per quanto si sarebbe protratta la situazione, così abbiamo trovato una soluzione alternativa: usare i fondi per dare un aiuto alle famiglie bisognose comprando loro riso, uova, patate e olio settimanalmente.
Ad oggi stiamo aiutando 52 famiglie, per un totale di 269 persone.

6. Ti stai muovendo con una raccolta fondi partita sul web, ci racconti come è andata?

I fondi sono stati raccolti grazie alla pubblicazione delle proposte di questi progetti su alcuni gruppi di viaggi su Facebook. Le donazioni sono state subito tantissime fin dal primo giorno, anche da parte di persone a me sconosciute, che mi hanno dato fiducia conoscendomi solo tramite le mie precedenti storie pubblicate sullo stesso social.

7. Di cosa ti stai occupando ora?

In questi giorni sono impegnata nella continua organizzazione ed evoluzione del progetto, cercando di migliorarlo sempre di più. Per esempio, a breve avrò a disposizione borse di tessuto per ogni famiglia, dove potrò sistemare il cibo senza dover usare i famigerati sacchetti di plastica.
Occupo il resto del mio tempo insegnando un po’ di inglese ad alcuni bambini vicino al mio ostello. Mi diverto io e si divertono loro, assetati come sono di imparare.
Trascorro molto tempo con i locali, sono persone meravigliose che mi fanno sentire come in famiglia e mi stanno dando una grossa mano nella realizzazione di tutto ciò.

8. Come pensi che si evolverà? Creerai una ONG o inizierai a cooperare con qualcuno?

L’idea è quella di continuare su questa strada, senza l’aiuto di associazioni o ONG. Possiamo farcela da soli, siamo tanti! Io mi occupo del bilancio e tutti loro mi aiutano con l’acquisto del cibo, il trasporto, la preparazione e tutto il resto. Si stanno facendo in quattro per il bene di tutti.

9. Quanto pensi di restare ancora in Myanmar?

Non so quanto ancora potrò restare, il mio visto è scaduto da quasi 3 mesi, ma non posso andare a Yangon (la ex capitale) per via dell’assenza di mezzi pubblici. Quando verranno ripristinati, dovrò andare a risolvere la situazione, ma ancora nessuno sa se sarà possibile ottenere un altro visto.
Vada come vada, i miei amici qua sapranno portare a termine il progetto anche senza di me, questa è l’unica cosa che mi importa veramente.

10. In che modo qualcuno può supportare il tuo progetto?

Per chi volesse, questo è il link per poter inviare le donazioni sul mio account PayPal: https://www.paypal.me/thanakem

Psicologa e Viaggiatrice. Giro il Mondo e studio la personalità dei viaggiatori! Ho visitato più di 75 paesi molti dei quali da sola. Per me il viaggio è uno strumento di crescita personale. Ho creato questo sito per tutti quelli che amano viaggiare da soli o che vorrebbero iniziare a farlo. Ho pubblicato: Il Bello di Viaggiare da Soli: guida al travel coaching per ottenere il massimo da noi stessi edito Feltrinelli.

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