Marco lascia la vita a New York per girare il mondo e aiutare i bambini

Francesca Di Pietro Pubblicato il

Mi chiamo Marco, ho 35 anni, e quasi 7 mesi fa sono partito da solo per visitare paesi in cui non ero mai stato. Vivevo e lavoravo da tre anni a New York e ho lasciato tutto per realizzare questo sogno….è la scelta migliore che potessi fare! Tengo un diario giornaliero delle mie avventure nella pagina FB “Discovering the Globe”- https://m.facebook.com/marcodtg/ – 

1. Avevi una vita “perfetta” che hai lasciato, cosa allora non era perfetto?

Vivevo a Manhattan e lavoravo molto, con uno stipendio adeguato. Dopo i primi tempi in cui, sull’entusiasmo della novità, tutto era magnifico, mi sono sempre più reso conto che non riuscivo a dedicare abbastanza tempo alle cose per me più importanti (relazioni personali, contatto con la natura, vita equilibrata). Mentre al livello professionale le cose andavano bene, sul piano personale mi sentivo come un criceto in gabbia, che correva dentro la sua ruota. Non importava quanto mi sforzassi, ma restavo fermo. Così ho deciso di prendermi una pausa e lasciare tutto realizzando il mio sogno di viaggiare in solitario. Quando rientrerò in Italia sarò pronto a ricominciare con nuova energia e consapevolezza dando priorità a ciò che conta per me.

2. Prima di partire avevi già programmato quanto tempo stare fuori e quanti soldi mettere da parte?

Si. Avevo deciso che per un anno non avrei lavorato, con lo scopo di dedicare questo tempo solo a me stesso. Qualche anno fa ho aperto un conto su cui via via ho messo i soldi per viaggiare, ripromettendomi di usarli solo per questo. È la cosa migliore che potessi fare perché mi ha consentito di dare concretezza al progetto.

3. La tua prima esperienza è stata volontariato in Perù, come hai trovato la struttura e di cosa ti occupavi?

Ho fatto volontariato per 3 settimane a Cusco con l’associazione Aldea Yanapay. È un progetto educativo rivolto ai bambini di famiglie povere del quartiere in cui sorge il centro. L’istruzione pubblica in Peru è difatti considerata la peggiore in Sud America. La struttura è aperta il pomeriggio e offre assistenza sia scolastica che psicologica tramite diverse attività. Ci sono ore dedicate al gioco e altre ai compiti per casa. Inoltre giornalmente vengono tenute classi di arte, danza, computer.

È la mia prima esperienza di volontariato e ne seguiranno sicuramente delle altre. Dedicare il mio tempo libero ai bambini mi ha arricchito, e sento di aver ricevuto da loro più di quanto io abbia dato!

Assieme agli altri volontari ho svolto diverse mansioni. In principio mi sono occupato dell’attività ricreativa, mentre successivamente aiutavo i bambini con i compiti.  Inoltre ogni settimana lavoravamo su un tema diverso (e.g. parità dei sessi, norme igieniche, rispetto delle altre religioni, etcc..).

4. Che tipo di preparazione credi sia necessaria per iniziare a fare volontariato?

Se l’esperienza che si vuole fare e all’estero è innanzitutto importante scegliere un progetto in cui si ha padronanza della lingua (nel mio caso spagnolo).

In generale non serve preparazione specifica. L’importante è avere spirito di squadra ed essere umili. Chiunque può apportare il suo contributo, sfruttando le proprie caratteristiche peculiari. Anche l’età non rappresenta una barriera. Non si è mai troppo vecchi o giovani per aiutare gli altri!

5. Dall’America Latina all’Asia come é stato il salto?

Vertiginoso! Ho festeggiato il carnevale a Rio de Janeiro e dopo due giorni ero a Nuova Delhi… Non ero mai stato in Asia e l’India è quanto di più diverso dalla nostra cultura abbia mai sperimentato (religione, cibo, usi e costumi,etc..).

6. Quali sono le sensazioni che più associ a questi continenti?

È difficile generalizzare perché viaggiando ho scoperto che in realtà, a differenza che in Europa, anche nazioni confinanti hanno differenze sostanziali (regime politico, sviluppo economico, religione).

Ogni paese mi ha lasciato qualcosa.

Del Sud America porto con me il campeggio fatto nella natura da sogno della Patagonia, l’esplosione di vita e colori del Brasile, la simpatia degli uruguaiani, l’ultimo dell’anno passato nel deserto Boliviano e i volontari e bambini dell’esperienza di volontariato in Peru’.

Dell’Asia, per adesso, ho ricordi vividi della spiritualità indiana, del trekking a 5000mt sull’Himalaya in Nepal e dei sorrisi disarmanti delle persone in Birmania.

7. Hai un progetto adesso? Come vedi il tuo futuro?

Il mio progetto è quello di arrivare in Indonesia e poi rientrare in Italia. Dopo diversi anni fuori da casa voglio ripartire da lì. Qualsiasi cosa farò nel futuro sarà basata sulla sostenibilità, è un impegno morale che ho maturato viaggiando.

8. In che modo la tua vita di ora senza troppi agi ti rende più felice di quando vivevi a NY?

Hai ragione Francesca. Oggigiorno diamo molta importanza agli agi, ne siamo diventati dipendenti, e pensiamo di non poter farne a meno. Viaggiando si capisce che in realtà non abbiamo bisogno di tutti questi comfort per stare egualmente bene.  La possibilità di essere unico padrone del mio tempo è sufficiente a rendermi più felice.

Viaggiando con un budget basso ci si adatta al cibo, alla mancanza di acqua calda, all’utilizzo di mezzi pubblici sovraffollati, a dormire in stanza con altre dieci persone…ma in cambio si ha molto molto di più: come la libertà di decidere cosa fare giorno per giorno, conoscere persone e posti nuovi, improvvisare, pensare utilizzando schemi mentali differenti da quelli abitudinari.

9. In che modo sei cambiato ?

Penso che la frase che meglio sintetizza il mio cambiamento è quella detta da Marcel Proust: “Il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre, ma nell’avere nuovi occhi”.

10. Un consiglio che daresti a chi si trova in una vita che non gli appartiene?

“Cosa faresti se fossi sicuro che qualunque decisione tu prenderai non fallirai?” Ecco, il mio consiglio è di rispondere a questa domanda e comportarsi di conseguenza. Ciò che maggiormente ci impedisce di fare quello che sentiamo dentro è una cosa sola: la paura.

Abbiamo paura dei giudizi delle persone, di perdere opportunità, timore che quello che vogliamo fare veramente non sia la cosa “giusta”…e così finiamo per vivere nell’inerzia, anzi ci accontentiamo di sopravvivere e tirare avanti. Siamo troppo influenzati dalla società in cui viviamo.

Non concordo con chi dice che bisogna sempre vivere come se fosse l’ultimo giorno della nostra vita, così non raggiungeremo mai nessun obiettivo. Meglio vivere come se fosse il nostro primo giorno, prendendo quindi decisioni senza nessun tipo di condizionamento esterno, ma seguendo esclusivamente le nostre vere passioni.

23 – 29 Luglio 6-12 Agosto

Psicologa e Viaggiatrice. Giro il Mondo e studio la personalità dei viaggiatori! Ho visitato più di 75 paesi molti dei quali da sola. Per me il viaggio è uno strumento di crescita personale. Ho creato questo sito per tutti quelli che amano viaggiare da soli o che vorrebbero iniziare a farlo. Ho pubblicato: Il Bello di Viaggiare da Soli: guida al travel coaching per ottenere il massimo da noi stessi edito Feltrinelli.

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