Keru: la vita è il suo lungo viaggio, racconto di una quarantena sull’isola che non c’è

Francesca Di Pietro Pubblicato il

Vincenzo Cherubino, napoletano, chi sono lo scopro giorno per giorno. Di base noi siamo quello che facciamo.
Provo a raccontarmi. I miei mi hanno chiamato Vincenzo, ma tutti mi chiamano “Keru”, per il mio cognome “Cherubino”. Ho 37 anni e sono un sognatore. Sorrido mentre scrivo, per il bisogno che abbiamo di definirci quando ci presentiamo. Così che chi legge, chi guarda, chi ascolta, possa cominciare ad immaginare chi ha di fronte. Io, però, a definirmi non sono stato bravo mai. Sono nato a Napoli e vivo ovunque mi portino i piedi.
Viaggiare è il mio stato d’essere, la mia natura, la mia essenza. La strada mi ha formato, mi ha fatto diventare quello che sono oggi, la strada è la mia scuola per quello che sarò domani.
Da più di venti anni ho fatto della mia vita un lungo viaggio. Lavoro in una pausa tra un viaggio e l’altro, talvolta durante il viaggio. Ho sempre trovato difficile tracciare un confine, identificarmi in un lavoro o in una terra, ho per questo pensato di trasformare la mia vita in un percorso. Negli ultimi anni, è capitato che quello che cercavo finisse per trovare me.

1. Tu sei una persona molto speciale hai un’approccio al viaggio e alla vita molto particolare, vuoi parlarcene meglio?

Ognuno parte da ciò che vede, da ciò che sente, da ciò che vive.
Per molti la vita è un viaggio, per me il viaggio è Vita…la mia Vita!
Nel  mio cammino  ricerco umanità, ciò che ci accomuna e ci lega in un unico abbraccio mondiale che circonda la Terra. In tibetano la definizione di “essere umano” è a-Gro-ba, viandante, “chi fa migrazione”, e io non mi sento mai così Uomo come quando viaggio.
Ho visto luoghi lontani. Ho ascoltato lingue sconosciute. Ho incontrato popoli diversi. Sono sempre stato accolto con ospitalità e gioia, mi offro alle persone con la mia grande umanità, i miei occhi guardano lontano e il mio cuore è sempre aperto, e ricevo in cambio altra umanità, umile, semplice, a volte più ricca, a volte più modesta, fatta o di gesti o di azioni o di pensieri o di parole. Trovo una famiglia…la mia famiglia! Quando viaggio divento fratello, figlio, padre…e mamma Terra non mi lascia mai solo, mi avvicina e mi accomuna agli altri, che poi siamo noi stessi. Le porte si schiudono…gli usci si attraversano…le tavole si imbandiscono…i calici si colmano…le chiacchiere si scambiano…gli occhi, le mani, le anime si incontrano… le braccia si allargano.
Parto nudo e ritorno indossando le vesti di un re.
Il mio è un viaggiare lento alla rivalutazione del tempo e degli istanti, per ritrovare il contatto con me stesso e gli altri in una costante e continua integrazione/ inclusione coll’ambiente.
La  parola “viaggio”, deriva dal provenzale “viatge”, a sua volta derivato dal latino “viaticum”, che designava originariamente gli “alimenti necessari per compiere la via”. “Viaggio” è quindi “ciò che viene consumato durante la strada”.Perché un viaggio sia tale non basta considerare il puro spostamento che un individuo compie da un luogo all’altro, ma è necessario osservare cosa abbia alimentato il suo percorso, quale sia stato lo scambio avvenuto per strada, in altre parole, come l’esperienza del viaggio, cioè la scoperta dell’altrove, sia stata recepita e trasformata. To travel ha la stessa radice del francese travail, che sta per lavoro. In italiano travaglio, parola che associamo al parto e si accompagna all’idea di una nascita. Travel, travail, travaglio: viaggiare è fatica ma anche quindi “distacco”, ma dalla stessa radice ha origine il verbo latino “parere” ossia “partorire”.
Il mio viaggiare è una continua ri-nascita data dall’esperienza dell’altrove e dall’incontro con l’altro.
Purtroppo mi rendo conto che il prototipo di viaggiatore che meglio rappresenta la nostra civiltà europea-occidentale è un viaggiatore superbo e chiuso, cieco e sordo, in definitiva, non un viaggiatore ma un colonizzatore.
Io, invece, sento il desiderio di narrare con il mio “travail”, se pur faticoso, un incontro fisico ed empatico con l’umanità vera, il mio travel assurge alla spinta verso la curiosità per l’ignoto o il diverso.
Negli anni mi hanno soprannominato l’uomo degli abbracci. Si, perché ho fatto dell’abbraccio un modo di comunicare.
Un moderno Marco Polo dai capelli ricci color grano.
Qualcun altro mi ha chiamato l’uomo che realizza “i sogni”.
Sono riuscito a realizzare piccoli, grandi sogni in giro per il mondo.
Ovviamente non da solo, ma coinvolgendo attraverso i social ed i mezzi che avevo a disposizione tante persone. Ho lanciato campagne di sensibilizzazione, raccolte di beni di prima necessità, raccolte fondi.
Ed è andata benissimo, sono riuscito a scuotere tante coscienze.
Abbiamo operato bambini in Brasile, ricostruito tetti in Africa, costruito pozzi per l’acqua, pulmini per orfanotrofi, case, cibo, medicinali, abbigliamento.
Tutto questo perché c’ho creduto dal primo momento, non mi sono risparmiato, al punto di avere problemi di salute.
Nel 2016 ho ricevuto il premio Enrico Toti, alla sua prima edizione, per la sezione “Viaggi ed Esplorazioni”. La motivazione del premio :“Per la curiosità, il desiderio di scoperta e lo spirito di avventura che la animano nei suoi viaggi. Per essere portatore dei valori fondamentali della solidarietà, della condivisione e della comunione, che si manifestano in una vita vissuta insieme al prossimo, libera dai giudizi e dai condizionamenti. Per l’amore per la vita, la tensione alla gioia profonda, la generosità verso il prossimo ed il superamento di ogni confine geografico e razziale”.
Le parole che sempre mi accompagnano sono ” Più do, più ti do, più ho”.
Alla fine si viaggia per una serie di infiniti…
Non importa per dove, non è la distanza che rende importante il mio viaggio, nel momento che il mio cervello percepisce l’idea di partire arriva quella chiamata che mi smuove lo stomaco. Ogni angolo della terra è speciale, dipende dagli occhi con cui lo guardo, il posto più bello del mondo è quello dove mi sento a mio agio.
Perdermi voglio, altrimenti è una gita guidata non un viaggio.

2. Raccontaci brevemente i tuoi ultimi anni di viaggio

È difficile per me parlare degli “ultimi” anni di viaggio… O comunque è meno semplice che parlare dei primi.
Quando il viaggio si configura con la tua stessa Vita non ci sono delle linee di confine, è tutto un continuo divenire di cui non si può tenere il conto.
Però posso provare a raccontare alcuni momenti del mio unico, immenso viaggio…Come delle istantanee.

Faccio una premessa importante: la costante del mio vivere è l’Amore…
E prendendo in prestito un pezzettino di una frase di Lacan, amare è donare quello che non hai.
Quattro anni fa a Capoverde conobbi Sony, un ragazzo che con la famiglia viveva sotto un tetto estremamente pericolante.
È bastato uno sguardo e il sogno di Sony diventò anche il mio; pezzo dopo pezzo l’ho aiutato a ricostruire non solo il tetto, ma tutta la sua casa, il luogo che per antonomasia dovrebbe farci sentire al sicuro.
E così nel giro di due anni iniziò una delle più belle conquiste che il nostro mondo abbia visto: la solidarietà di chi con tante donazioni ha contribuito alla realizzazione di questo sogno.
Inizio raccontando questo perché c’è qualcosa di fondamentale da comprendere: chi dona, riceve a prescindere. Ribadisco:  Più do, più ti do, più ho!
Da Gennaio a Giugno scorsi, invece, i miei piedi mi hanno portato verso l’Argentina, l’ Uruguay, il Paraguay…
Tra autostop e magie dell’animo umano, ho incontrato tante persone meravigliose.
I miei piedi hanno solcato selciato, sabbia, terriccio, erba…E certamente hanno lasciato delle impronte.
Ma le tracce che neppure il tempo può cancellare, sono quelle che lasciamo nelle vite degli altri.
In tanti hanno solcato il mio cuore e mi auguro, anzi so…di aver solcato io quello di tante persone: si prospetta il raccolto più grande di tutta la storia umana!

Un’altro momento importante e molto intimo è stato il Viaggio con Filippo, un viaggio di mille miglia non ancora terminato… Ma in questo viaggio, è stato lui a guidarmi…Passo dopo passo.

3. Quali sono le cose che per te hanno più valore?

Rispondo con altre domande…
Che cosa mi trascina? Per che cosa vivo? Qual è il mio desiderio interiore? E lo seguo? Qual è la responsabilità verso la mia coscienza?
Un giorno dovrò poter dire alle generazioni future che ho fatto quello che potevo per lasciare un mondo dove tutti sono liberi, vivono in pace e armonia.
Devo poter pensare di aver fatto veramente tutto ciò che dovevo per rendere la Terra il migliori dei mondi possibili.
Ecco, provare ad adempiere a queste domande vogliono essere i miei valori.

4. Stai vivendo una quarantena molto particolare ce la racconti?

Prima che tutto accadesse, quando il mondo ancora si pettinava con le rotte aeree, con l’intreccio dei viaggi ferroviari e si massaggiava con le onde del mare, io mi ritiravo in totale solitudine.
Quella mattina mi sono ascoltato, lo faccio da sempre, ovviamente non avevo la più pallida idea di quello che sarebbe successo, di quello che il mondo intero sta vivendo.
Un giorno ti svegli, senti che devi cambiare, che non puoi stare dove stai, che devi andare, devi essere. Ho  sentito un forte bisogno primordiale, di natura, di togliere le scarpe, di mare, alberi, uccellini, soprattutto di silenzio, quel continuo vociferare del nulla, smog, caos, dovevo andar via dalla città, volevo star solo, volevo scoprire altri valori.
Ho viaggiato moltissimo prima dell’emergenza Nazionale, mi sono ritirato in quella che ho soprannominato “l’isola che non c’è”, un luogo sulle coste del Cilento, un mix di Cast away, survivor, insomma sono un moderno Robinson Crusoe con lo smartphone, e decido io quando metterlo in funzione.
Sono completamente solo, il primo piccolo centro abitato dista diversi km.
Che poi solo non sono mai…
Ho il mare, il sole, gli alberi, i gabbiani, il vento, le mie amate conchiglie, e km di spiaggia da poter percorrere.
Io, che da sempre cammino, continuo a farlo anche adesso che il mondo è fermo.
Strano vero?
No, basta ascoltarsi.
Sono qui per mettere a posto le pagine che ho scritto in giro per il mondo. Soprattutto i quaderni del mio ultimo viaggio. Ho attraversato gran parte della nostra Italia a piedi.
Un viaggio di grande amore, che forse un giorno condividerò con voi attraverso la stesura di un libro.
Le mie giornate non sono mai ordinarie.
Cammino, raccolgo frutta e ortaggi chiamandoli per nome, vado a pescare, raccolgo conchiglie, legnetti, sassolini, vetri colorati, che poi donerò durante i miei viaggi. Si, sono la mia moneta di scambio, chi mi ha incontrato sul proprio percorso di sicuro si ritrova una conchiglia, un sasso, una piuma. Quelli raccolti in questa quarantena avranno un valore ancora più importante, per me è per chi lo riceverà.
Per il resto scrivo, leggo, medito, mi informo di quello che accade, vivo.
Soprattutto mi godo il silenzio che tanto cercavo e l’unica tv che guardo è questa.

5. che si prova ad essere in una dimensione lontana ma nella propria terra?

La domanda che mi sono fatto nelle ultime settimane è stata: “Eremita per caso o per scelta?
Non ho saputo rispondermi.
Sicuramente sono lontano da tutto, ma in fondo io lo sono sempre stato.
Lontano dai prolungamenti materiali che la gente si è imposta.
Sto bene, sono nel posto dove volevo essere, ed in questo momento potrei essere ovunque.

6. Che valore stai dando a questa quarantena?

Ho viaggiato e vissuto ovunque consapevole che bastava stare qui per avere tutto, per sentire tutto, per raccogliere la più preziosa delle storie, quella che salva, che cura, guarisce, protegge. La mia.
Ciò che conta adesso è l’essenziale e, credetemi, è possibile vivere con pochissimo.
So benissimo cosa significa privarsi di tutto, conosco bene il disagio e la sensazione di disorientamento.
Sono grato a questo momento che mi  sta offrendo un nuovo vedere e un nuovo sentire nei confronti del tutto.
Questo non esclude che mi addolora ciò che sta accadendo, seguo nella giusta misura e con accorato interesse gli sviluppi. E condanno in questo periodo chi non rispetta il decreto.
Abbiamo il dovere stavolta di offrire alla terra un periodo di stop.

7. Sei una persone molto abituata alla solitudine che consigli daresti a chi la vede come un limite?

Amo la solitudine proprio perché amo il suo opposto. Ho voglia di arrivare sino al midollo dell’esistenza, di me stesso, degli altri.
Posso consigliarvi di cercare un contatto con voi stessi, di non abbandonare la rete, i social…ma oltre al diario pubblico, scrivetene uno per voi, di quelli cartacei. Dove potete vomitarci sopra tutto quello che avete dentro. Non per piacere agli altri ma solo per voi. Per conoscervi! Datevi l’opportunità di capire chi siete e cosa volete diventare.
Scoprirete un mondo meraviglioso che sarete in grado di condividere una volta tutto finito. Solo allora donerete l’abbraccio più potente che avrete mai dato.
Mi viene da dire “Non sprechiamo questo tempo”.
Ora più che mai dobbiamo essere uniti nella solitudine, per vincere su questo nemico che ci tiene distanti.

8. Oscurando per un attimo tutti i drammi connessi alla pandemia in cosa pensi che ci possa essere utile in questo momento storico?

All’ascolto…
La vita protegge sempre la vita, non fa mai nulla per ostacolarne il fluire.
La vita non ci sta mettendo in pericolo, tutt’altro, cerca di riabilitarci a se stessa, ci sta curando, non facendoci ammalare. Ci sta parlando, ci sta consigliando di rientrare, non nelle nostre case, ma in noi stessi.
È la vita che ci dà un senso, dobbiamo ascoltarla, la vita.

9. Come pensi che cambierà la gente, se mai lo farà?

La gente già sta cambiando, questo è quello che apprendo dai social.
Come ogni nuovo evento questa pandemia porterà ad un processo di modificazione antropologica e comportamentale. Di sicuro ridefiniremo quelle che sono le nostre priorità. Si prenderà coscienza che non c’è solo un modo di vivere. Purtroppo nel disordine trionfa anche la violenza, prospera la povertà, aumentano gli sciacalli.
Ci sarà come sempre chi cambierà in meglio e chi continuerà a restare chiuso in se stesso, nel suo piccolo orto, continuandosi a lamentare, raccontandosi storie tristi, senza andare più in là del proprio naso.
Mi viene in mente la frase attribuita a Maria Antonietta d’Asburgo-Lorena  che l’avrebbe pronunciata riferendosi al popolo affamato, durante una rivolta dovuta alla mancanza di pane. «Se non hanno più pane, che mangino brioche».
Io voglio guardare i cambiamenti positivi.
Città vuote, persone bloccate in casa, ma si stanno recuperando i concetti di solidarietà, di socialità, soprattutto il prendersi cura degli altri.
La gente cambierà imparando a vivere con lentezza, dando un senso diverso alla vita.
Forse la gente non si sentirà più obbligata ad essere felice, soprattutto a farlo vedere.
A cosa è servita tutta quest’apparenza, tutto quest’ego?
Forse stiamo capendo che “quello che non si vede è più potente”.
Quello che proviamo non si vede.
Quello che siamo non si vede.
L’anima, non si vede.
Mi auguro che sapremo cogliere questa pandemia per cambiare davvero, cambiando tutto, perché cambi tutto. Soprattutto noi stessi.

10. Pensi che possa cambiare anche te e il tuo senso di libertà?

Ho solo un presentimento, ma mi auguro che resti tale.
Ho paura, che quando tutto questo sarà finito, i sovranisti riprenderanno con maggior vigore sulla chiusura delle frontiere.
Ci faranno credere che il mondo ” aperto” rischia di ammazzarci.
È molte persone li prenderanno in considerazione.
Ecco, questo potrebbe essere il primo grande cambiamento sul concetto di “libertà”.
Ma sono un positivo, che resti una mia supposizione del momento.
Allora ti dico :
“Ben vengano i cambiamenti”!
Di sicuro avrò nuovi occhi dopo questo viaggio che stiamo compiendo tutti insieme.
Guarderò ancora meglio il mondo meraviglioso che mi circonda.
Quando parlo di mondo lo intendo a 360°  “l’esistenza”.
La vita è cambiamento, sta cambiando e cambierà ancora, amo i cambiamenti,domani è un altro giorno.

Psicologa e Viaggiatrice. Giro il Mondo e studio la personalità dei viaggiatori! Ho visitato più di 75 paesi molti dei quali da sola. Per me il viaggio è uno strumento di crescita personale. Ho creato questo sito per tutti quelli che amano viaggiare da soli o che vorrebbero iniziare a farlo. Ho pubblicato: Il Bello di Viaggiare da Soli: guida al travel coaching per ottenere il massimo da noi stessi edito Feltrinelli.

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