Giuseppe: In moto da solo a Capo Nord

Francesca Di Pietro Pubblicato il

Mi chiamo Giuseppe Trovato, ho 34 anni, sono siciliano ma vivo a Verona da 12 anni dove faccio il militare nell’Esercito Italiano, esattamente il paracadutista.

Ho l’hobby per la musica e canto in una band metal con la quale mi esibisco in pub, sagre e manifestazioni varie, per la moto invece, è una vera passione che corre di pari passo con quella per i viaggi quindi le due cose non potevano che fondersi insieme e praticamente da quando ho compiuto gli anni sufficienti a guidare un veicolo, cominciando dai cinquantini, viaggio su due ruote.

Ho un bimbo di quasi 4 anni che si chiama Dario e che non vedo l’ora di portare in giro per il mondo con me!

  1. Cosa rappresenta Capo Nord per te?

Molti sostengono che un vero motociclista, per potersi definire tale, deve poggiare almeno una volta le ruote della sua motocicletta sulle falesie di Capo Nord.

Io penso che ogni motociclista sia speciale ovunque vada, basta che abbia una sana passione a guidarlo. (n.d.r.)

Capo Nord per me è l’obiettivo che vide impegnati i grandi viaggiatori del passato ed è stato il voler assaporare il gusto del traguardo, condividendo le gesta di pionieri d’altri tempi a guidarmi lassù. Credo sia andata più o meno così.

Quindi ho aggiunto un piccolo coefficiente “sfida” per non snaturare lo spirito della conquista, altrimenti reso piuttosto facile ed alla portata di tutti ai giorni nostri; ecco perché la scelta di partire da solo, senza GPS ma con una vecchia e fedele guida Michelin, in sella ad una Yamaha MT – 09 che, seppur avendo fatto uno splendido lavoro costringendomi alla sola sostituzione di una lampadina anabbagliante in quasi 9000 km, non è esattamente una cruiser, sostentandomi in modo autonomo sia per il cibo che per il riparo, il tutto con soli 14 giorni di tempo a disposizione.

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2. Perché su una moto e non più comodamente in auto?

Per me la scelta della moto è quasi obbligata! Non riuscirei a focalizzare un viaggio senza quel tipo di libertà che solo la motocicletta sa offrire perché oltre ad essere un mezzo economico e semplice da gestire (a patto di avere una sufficiente conoscenza meccanica ed una piccola preparazione fisica in base al tipo di viaggio che si vuole intraprendere), permette di vivere il viaggio al 100%, rendendo il viaggiatore protagonista romantico di ogni chilometro percorso.

Dal trasferimento piatto ma necessario, all’orizzonte carico di fascino, tutto passa davanti agli occhi del viaggiatore senza nessuna cornice.

E poi gli spostamenti diventano rapidi all’occorrenza e si può contare sull’agilità per venir fuori dalle situazioni di traffico nei pressi dei punti di maggior interesse.

3. Come hai gestito il meteo? In moto è tutto più complesso.

È certamente tutto molto più complesso col maltempo, ma dannatamente più eccitante e appagante, no?

Ad ogni modo è sempre bene non sottovalutare il meteo, specie se si viaggia in paesi estremi come quelli presenti nel Nord Europa, e partire con un equipaggiamento all’altezza, una buona messa a punto della motocicletta e delle gomme adatte alle grandi percorrenze ed alla guida su fondi a bassa aderenza.

Devo dire di essere stato abbastanza fortunato perché la pioggia mi ha fatto compagnia solo per quattro giorni e soltanto una volta, in Svezia, in modo importante, facendomi anticipare la pausa pranzo. Anche le temperature si sono rivelate piacevolmente fresche e adatte alla guida in moto.

Che si tratti però di guidare sotto la pioggia fitta e gelata o sotto il sole rovente, viaggiare con una motocicletta mi regala sempre degli enormi sorrisi sotto al casco.

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4. Perché hai deciso di farlo in tenda?

Innanzitutto perché nella maggior parte dei paesi che ho attraversato è consentito il free camping, che oltre ad un ragionevole risparmio economico, permette di fondersi del tutto con la natura senza “interrompere” il contatto con il significato del viaggi; l’ importante è non invadere le proprietà private, essere gentili e lasciare il posto un po’ più pulito di come lo si è trovato.

Un paio di volte mi è capitato di passare delle notti al addiaccio perché, guidando fino a tarda sera, diventa più complicato individuare un posto idoneo dove piantare la tenda.

Tre notti invece me le sono concesse in campeggio. Era necessario che facessi un doccia. Fiumi e laghi purtroppo non consentono l’uso del sapone.

5. Come è stato il rapporto con gli altri viaggiatori?

La maggior parte del tempo l’ho passata guidando; in media ho percorso circa 600/700 km al giorno per 12 ore in sella, quindi il tempo per le relazioni è stato scarso. Tutte quelle che ho avuto la fortuna di intrecciare però si sono rivelate davvero sorprendenti.

Una su tutte la splendida generosità di un motociclista finlandese che mi ha offerto di condividere il suo cottage per la notte, con tanto di sauna tipica, senza lasciare che contribuissi in alcun modo alle spese se non preparando una pasta e fagioli. Il mattino seguente ha voluto guidarmi attraverso le strade sterrate della Lapponia fino alla costa svedese, nonostante questa deviazione gli sia costata 200 km e mi ha offerto pure il pranzo con un delizioso salmone affumicato.

Quando ci siamo salutati, ad entrambe brillavano gli occhi.

E poi il tè al sole di mezzanotte sulla roccia di Nordkapp con due motociclisti israeliani, la ragazza polacca che voleva ospitarmi perché preoccupata del fatto che potessi addormentarmi alla guida, un motociclista svedese che mi ha aiutato a tirar fuori la moto dal greto di fiume in cui avevo passato la notte e tutti quelli che hanno smesso di fare quello che stavano facendo per dedicarmi con felicità il loro tempo per darmi informazioni o cercare di aiutarmi.

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6. Non credi che il viaggiare in moto sia troppo solitario?

È assolutamente correlato al proprio carattere. A me non dispiace affatto la compagnia, ma per alcuni giorni credo sia necessario perdersi per ritrovare se stessi con le nostre sole forze a disposizione ed un viaggio in solitaria con una motocicletta offre continuamente situazioni in cui misurarsi e spunti su cui riflettere e migliorare, come viaggiatore e come persona.

8. Cosa hai imparato su di te da questo viaggio?

Ho imparato a credere ancora di più in me stesso e nelle mie potenzialità. Adesso credo ancora più fermamente che c’è un verso a tutto se si continua a battere a testa bassa su quello che si ritiene importante e che la cosa necessaria da fare pensando ad un viaggio da soli è “prendere e partire”!

Ho imparato, più che altro constatato piacevolmente, che il mondo, oltre che di paesaggi mozzafiato, è pieno di brava gente che non vede l’ora di mettersi a disposizione degli altri con solidarietà.

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9. Un errore che non rifaresti?

È difficile da stabilire. Penso di essere stato abbastanza attento per le cose di vitale importanza.

Credo che ogni piccola turbativa faccia parte di un viaggio interpretato in modo “non convenzionale” e quindi, a meno che non ci si metta in testa di fare il passo più lungo della gamba con grossolani errori di valutazione, ogni “piccolo errore”, rappresenti una caratteristica della nostra avventura. Altrimenti saremmo in piscina con un cocktail, giusto?

Quello che ti libera in viaggio è la certezza dell’assenza di futuro, il vivere giorno per giorno ti dà la serenità di scegliere ogni volta quello che davvero vogliamo, senza preoccuparci delle conseguenze, perché la conseguenza di tutto sarà un bus in direzione opposta.

Psicologa e Viaggiatrice. Giro il Mondo e studio la personalità dei viaggiatori! Ho visitato più di 75 paesi molti dei quali da sola. Per me il viaggio è uno strumento di crescita personale. Ho creato questo sito per tutti quelli che amano viaggiare da soli o che vorrebbero iniziare a farlo. Ho pubblicato: Il Bello di Viaggiare da Soli: guida al travel coaching per ottenere il massimo da noi stessi edito Feltrinelli.

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