Corrado, un lungo viaggio per scoprire la differenza tra chi si è e chi si crede di essere

Francesca Di Pietro Pubblicato il

Corrado Pezzella, 31 anni, napoletano. Con una Laurea in Ingegneria e trasferitomi a Milano, ho lavorato per 5 anni in ambito consulenza manageriale. Periodo in cui ho iniziato a conoscere una parte del mio essere girovago. Un nomade con uno spiccato senso di irrequietezza tale da farmi lasciare lavoro, casa, amici e stipendio fisso per un viaggio. Amo la scienza, la filosofia, le attività all’aria aperta (e sott’acqua), la cioccolata e la pasta al forno.

  1. Cosa ti ha fatto scegliere di mettere in pausa la tua vita e partire, ti ricordi anche il momento?

La scienza lo chiama gene della follia (DRD4-7r) o dell’avventura. La mia è curiosità che mi rende particolarmente sensibile agli stimoli esterni. A tutto ciò che è nuovo, incerto, avventuroso. Mettersi in gioco con corpo e mente ed essere aperti all’enorme flusso di eventi ed esperienze che ne conseguono. Nel bene e nel male. Allenare i propri occhi a guardare ogni volta da una diversa prospettiva lasciando da parte i pregiudizi o le immagini da mass media. Quando però si è vittima della routine, del comfort (sia privato che professionale) tutto quello che ti circonda non ti disseta. Si corre con fretta, senza sapere nè perché né dove si sta andando dimenticandoci sempre più spesso di chi ci sta di fronte o al fianco.

Sono sul tram numero 5, come tutte le mattine. Sono di rientro dalle vacanze di Natale trascorse a casa. Nel mentre tutti sono intenti ad organizzarsi le agende con i visi illuminati dai display dei propri dispositivi, io guardo in alto. Sbuffo e continuo a guardare le immagini scorrere dal finestrino di questo vecchio tram numero 5. Ho una strana sensazione di vuoto e neanche ascolto più la musica che scorre nelle cuffie. Intanto arrivo alla mia scrivania. Visualizzo a mente il piano della giornata: nulla di diverso da ieri, né dall’altro ieri né dal mese scorso. Nulla cambierà per i prossimi. Allora ecco. <<Se il cambiamento non parte da me, allora da chi?>> mi dico. Chiamo in riunione il mio capo e dò le mie dimissioni. Motivazione: parto e non so per quanto. Sopravvissuto ai loro tentativi di tenermi, tempo un mese e mezzo e sono zaino in spalla con un biglietto di sola andata. Prima tappa: Sri Lanka.

partie per un lungo viaggio

  1. Perchè l’Asia?

Se è vero che il primo amore non si scorda mai, allora l’Asia rimane la mia prima grande passione in tema di viaggio zaino in spalla. Per la storia millenaria che si respira nelle pietre dei templi, nei gesti e nei riti delle popolazioni, nei colori e negli odori della cultura, nell’equilibrio dell’approccio e nel ritmo della vita. L’ Asia, così lontana e così diversa. Una diversità che unisce. E poi, un budget di spesa contenuto. La mia prima volta, circa 3 anni fa da Hong Kong passando per il Vietnam e la Cambogia per poi ripartire dalla Tailandia. L’anno successivo in Nepal, per un trekking sull’Himalaya nel circuito dell’Annapurna (uno degli 8.000 insieme all’Everest). Viaggi fatti con il mio amico Alfio. E poi il grande salto in solitaria: qualche settimana in Sri Lanka e poi poco più di un mese nel Nord dell’India. Da qui, verso il Myanmar, girando il Paese e soggiornando in alcuni villaggi. Poi, via terra, ho proseguito verso la Tailandia, ho varcato il confine con il Laos e dal Sud del Paese sono entrato in Vietnam. Dal Nord del Vietnam ho proseguito in moto per circa 10 giorni e 1200 Km per poi varcare la frontiera ed entrare in Cina. Fino su a Pechino via terra e da qui, a bordo della Transiberiana, ho chiuso la mia esperienza in Mongolia con un viaggio lungo un mese in perfetto stile nomade e a stretto contatto con le persone del posto.

  1. Avevi una domanda a cui rispondere?

Più di una semplice domanda. Ma quella che mi accompagnava tutte le mattine a lavoro, tutti i pomeriggi in palestra e tutti i weekend agli aperitivi o alla ricerca di qualcosa di superfigo da fare era: Se non ora, quando? La nostra vita comincia da noi. Ma questo è solo un piccola scintilla. Per poi diventare, come una piccola goccia, parte di un fiume in piena. Non ero alla ricerca di nulla, nessuna delusione né crisi esistenziale o condizione meditativa. Un viaggio per godermi la strada.

lungo viaggio in mondolia jpg

  1. La difficoltà più grande che hai trovato che non ti aspettavi?

Prima della partenza. La difficoltà è stata la decisione stessa di questo viaggio in solitaria. Allontanarmi dalla situazione di comfort che si era creata. Noi crediamo di desiderare la libertà, ma in realtà questa ci spaventa in maniera considerevole. Perché la libertà ci porta a prendere sempre delle decisioni ed ogni decisione, per come si è evoluta la nostra mente, è associata ad un rischio. Ma superato questo step, comincia molto più che un semplice viaggio. Mi sentivo padrone della mia vita e delle mie scelte. Per quanto riguarda il viaggio in sé, le difficoltà non sono altro che motivo di crescita e conoscenza del Mondo. Dal trovarsi sperduto in un villaggio vuoto in Sri Lanka e affidarsi al primo che passa alle interminabili ore di attesa di notte nelle stazioni del nord dell’India, da una caduta in una pozza di fango fino alle ginocchia in un trekking in Myanmar ad una esplosione del motore del bus nel mezzo del nulla di notte in Laos, dalla rottura del cambio della moto su una strada deserta nel Nord del Vietnam alle ore di blocco alla frontiera cinese perché il mio passaporto risultava a nome di una donna tailandese fino all’adattamento alla vita nomade in Mongolia. Queste possono sembrare solo una serie di piccole difficoltà. Fanno parte del conto che ti viene servito. Ma se cambi visione del problema, se accetti altri punti di vista, ti accorgi che questi non erano altro che princìpi di nuove esperienze.

  1. Cosa hai capito su di te?

Se chiedi ad un bambino di starsene seduto in un angolo, con l’energia che esso contiene, alla pari di un vulcano, dovresti lasciare prima che quel bambino faccia 10 giri di corsa fuori casa per poi starsene seduto. Un’energia che può risiedere nel corpo così come nella mente. Ma, come accade nella dinamica, ad ogni azione corrisponde una reazione pari e contraria. Più forte è l’impatto più facile è essere investiti da un tumulto di sensazioni ed esperienze di vita la cui energia, anche se all’apparenza distruttiva, deve essere metabolizzata. Una fonte di alimentazione per quel demone che abita dentro di noi: il carattere. Esperienze che mettono alla prova la tua pazienza, la tua intelligenza, la tua tolleranza, la tua forza fisica, la tua capacità di relazione e di reazione, il tuo stomaco, i tuoi arti, la tua mente. Ecco. Questo viaggio mi ha lasciato spazio per alimentare, analizzare e curare ogni singolo elemento del mio Io. Oggi per i dolori fisici ci sono i farmaci, per le condizioni mentali ci sono gli psichiatri, per le delusioni ci sono gli esperti, per i miracoli c’è un qualche Dio, per tutte le nostre domande c’è la tecnologia. Io non avevo bisogno di tutto questo. Volevo sperimentare una cura alternativa e andare a vedere fuori con i miei occhi per comprendere al meglio (anche) il nostro piccolo microcosmo: l’IO.

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  1. Come hai affrontato il ritorno?

Saranno state circa le 3 di notte. Mi trovavo nella capitale della Mongolia e in una piccola stanza in legno preparavo il mio zaino per un’ultima volta. Avevo gli occhi lucidi per la soddisfazione, lo stomaco vuoto per l’emozione e il cuore sembrava quasi far più baccano dei gufi alla finestra. Ero contento che di lì a breve (circa 24 ore di viaggio) avrei rivisto la mia famiglia, i miei amici. Tornare a casa dopo 174 giorni. Al tempo stesso sapevo che qualcosa era cambiato. Non era il peso dello zaino alleggerito dai vestiti che avevo regalato, né la fine di una esperienza o il dover salutare i miei nuovi amici. In totale serenità, mentre percorrevo di notte le strade vuote di Ulan Bator, verso l’aeroporto, c’era qualcosa che mi teneva compagnia. Un senso di soddisfazione. Ero appagato e mi chiedevo, sdraiato tra i miei zaini, cosa sarebbe stato della mio nuovo capitolo di vita di lì in poi. Sorridevo e una insensata sicurezza in me mi tenne compagnia mentre riposavo nella sala di attesa.

  1. Sei lo stesso che è partito?

Qualcuno scriveva che ognuno di noi nasce gemello: “colui che è” e “colui che crede di essere”. Un viaggio, come un’esperienza di impatto, ti mette di fronte a dei contesti di vita in cui il “colui che credi di essere” viene facilmente smascherato. In quei casi puoi decidere: arrenderti e tornare a casa oppure prendere consapevolezza della sconfitta e rilanciare. Imparare dai propri sbagli e dalle proprie paure invece che sfuggirne. Acquisire fiducia in te stesso, gestire le proprie preoccupazioni e appropriarsi di un certo coraggio nei rapporti con gli altri e il Mondo esterno. Allora quando cominci a realizzare questo, qualcosa in te comincia a prendere forma. Ti tieni stretto a ciò che eri e ti lasci andare a ciò che sei.

  1. Come hai gestito il rapporto con i tuoi cari e cosa è cambiato al tuo ritorno?

Quando si prende una decisione, il nostro timore è la delusione di quelli che tengono a noi e ci amano. Poi segue la paura che qualcuno possa giudicare malamente questa nostra scelta troppo azzardata per poi finire in uno stato di sconforto. Spesse volte non si esce da questo loop e siamo portati a tralasciare quella scelta. Anche se quella ci fa star bene, ci fa sentire liberi. Anche se quella decisione ci fa sentire vivi. Possiamo valutare qualche consiglio ma, come scriveva Einstein, <<Ognuno è un genio. Ma se si giudica un pesce dalla sua abilità di arrampicarsi sugli alberi lui passerà tutta la sua vita a credersi stupido>>. E noi siamo il pesce. Questo per dire che tutte le nostre scelte di vita devono essere calate nel nostro contesto di soddisfazione. Rapportate al nostro bagaglio culturale, di esperienza e predisposizione naturale dei nostri caratteri, senza la paura di essere giudicati o per il timore di far preoccupare qualcuno. La nostra vita dipende prima da noi. E per fortuna la mia famiglia questo l’ha capito e fin dall’inizio ha mascherato le paure e le preoccupazioni per un figlio/fratello che lascia il certo per andarsene in Asia da solo. Sono partito forte del loro affetto e della loro stima, così come quella dei miei più cari amici con un PO’ DI RAMMARICO e di alcuni miei ex colleghi con un PIZZICO DI AMMIRAZIONE. Ho apprezzato le parole scritte da mio padre alla partenza e quelle di mia madre al rientro. Cosa che non è mai accaduta in 30 anni. Forse stavolta l’ho combinata grossa. Forse si fa ancora un po’ di fatica a mostrare con le parole e i gesti l’infinità dell’amore che si può provare per i propri cari. Ma sto lavorando anche su questo.

  1. Pensi che viaggiare ti faccia vedere anche l’approccio alla vita quotidiana in maniera diversa?

<<La vita è un viaggio, goditi la strada>> è stato, ed è, il mio motto. Un inno alla vita. Un approccio che non deve per forza materializzarsi con una grande partenza verso luoghi oltre oceano. Questa considerazione deve essere fonte di energia anche nelle piccole cose. Scelte che devono portarci a godere dei grandi stravolgimenti così come ad apprezzare quel poco che si ha, che diamo quasi sempre per certo e scontato. Dobbiamo fondare la nostra esistenza su diversi pilastri e questi devono essere distanti l’uno dall’altro. Al crollare di uno, ci sono gli altri a sorreggerci. Allontanarci dai giudizi e dalle paure figli di una diversità che sempre più spaventa invece che unire. Non importa quale colore della pelle, quanti soldi in tasca o quali vestiti indossiamo. Basiamo le nostre vite sulle nostre esperienze, belle o brutte che siano, e lasciamo che siano le nostre cicatrici e le nostre rughe a raccontarle. E condividiamole fino in fondo con le persone che ammiriamo e amiamo.

  1. Cosa farai dopo?

Al momento sto cercando di materializzare questa esperienza. Sotto forma di video reportage dei luoghi e dei popoli conosciuti, un album fotografico con i visi e gli occhi delle splendide persone incontrate, qualche intervista. Il tutto è, ed è stato, oggetto di un progetto web che con alcuni amici abbiamo iniziato e stiamo portando avanti. Si chiama Pinhopper. Una piattaforma web che contiene tutte le esperienze di viaggio per ispirare e farsi ispirare. Un piccolo progetto con una grande ambizione: diventare il nuovo social network per i viaggiatori. Per ora è tutto frutto di una passione per l’esplorazione del Mondo, ma si sa, con la passione “non si mangia” e quindi non nascondo che sono anche alla ricerca di un nuovo lavoro. Non mi sono precluso nessuna via. E’ questo il bello di quando ci si mette in gioco e si ricomincia.

Psicologa e Viaggiatrice. Giro il Mondo e studio la personalità dei viaggiatori! Ho visitato più di 75 paesi molti dei quali da sola. Per me il viaggio è uno strumento di crescita personale. Ho creato questo sito per tutti quelli che amano viaggiare da soli o che vorrebbero iniziare a farlo. Ho pubblicato: Il Bello di Viaggiare da Soli: guida al travel coaching per ottenere il massimo da noi stessi edito Feltrinelli.

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