Andrea Cavallo Perin come trasformare i sogni in progetti: la storia di una vita.

Francesca Di Pietro Pubblicato il

Andrea Cavallo Perin, un pubblicitario un esperto di social media, un viaggiatore ma direi più che altro un sognatore, l’ho scovato per caso sul web e sono rimasta ipnotizzata dai suoi video su youtube così gli ho chiesto se ci raccontava la sua storia.

1. Ho studiato i tuoi video, direi che sei un sognatore, un viaggiatore e uno che sa dare forma ai sogni. Sei riuscito molte volte a creare progetti reali, dietro idee e desideri, come hai fatto?

Come ho fatto? La risposta è più semplice di quanto si possa credere: ci ho provato e ci ho provato creando un piano, mettendo in campo tutte le competenze da me apprese in questi anni. Ho costruito una mappa strutturata per poter riuscire a dare una forma concreta a un desiderio. Non sempre ci sono riuscito, ma posso dire di averci sempre provato mettendo tutto me stesso per realizzarlo.

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2. Cosa c’è alla base della tua forza comunicativa?

Alla base di tutto c’è la creatività e l’energia vitale, quell’amare e ritenere preziosa la nostra esistenza, il volere provare grandi emozioni perché queste si trovano nascoste ovunque in ogni giorno. Son un individuo, un singolo che condivide lo spazio con la collettività, con altri individui e non voglio limitarmi a condividere solo lo spazio che ci ospita, ma tutto ciò che vedo, vivo, perché così facendo rendo tutto ancor più forte, magico e denso di significati.

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3. Quest’estate hai fatto il progetto “social experience” hai attraversato l’Italia senza soldi facendo l’autostop, come ti sei proposto alla gente?

Questo progetto nasce dall’incontro casuale con un ragazzo di 20 anni che faceva autostop da Barcellona per arrivare fino a Vicenza per andar a trovare la sua ragazza che non vedeva da mesi. Da quell’incontro a Torino qualcosa si è scatenato dentro e ho pensato: non so se farei mai una cosa del genere così tanto per fare, ma perché non lavorare su un concetto sociale e da li è venuta l’idea dei social network e le amicizie.

Ho scritto un breve video teaser di ciò che avrei fatto, sarei partito da Nord alla volta del Sud, tutto senza soldi, senza mangiare e senza saper dove dormire, tutto e solo attraverso i social network e l’aiuto spontaneo che gli utenti mi avrebbero offerto. Volevo vedere se i rapporti del web si potevano smuovere e divenire così rapporti reali, persone che da dietro uno schermo diventavano reali, per aiutare qualcuno, per diventare parte di un progetto, per viaggiare lungo la penisola attraverso me, che non ero il protagonista bensì solo un mezzo, perché i protagonisti erano proprio tutti coloro che rendevano questa idea concreta realtà. Ho messo quindi il video sui social e la gente ha risposto condividendolo, smuovendosi per rendere il tutto possibile, avvisando amici per darmi ospitalità, un passaggio, da mangiare o da dormire, è diventata cosìl’esperienza più bella della mia vita sino ad oggi.

Perché? Ho visto quanto le persone possono creare catene di buoni propositi, uscire da un computer per vivere rapporti veri, trasformare un like in un opera di bene concreta. Non guardate solo al progetto e all’idea guardate a quanti significati molto più profondi essa porta con se. Non ho fatto null’altro che vivere, il resto ovvero tutto è stato fatto dalla collettività ed io ho condiviso ciò che accadeva giorno dopo giorno.

4. Avevi già un itinerario?

L’itinerario non è stato scelto proprio perché il progetto era tutto da vivere e da scrivere con l’interazione degli altri, in base ai messaggi e le richieste che ricevevo l’itinerario si disegnava da se l’ungo l’Italia. C’era solo la meta finale che era la Sicilia.

5. La cosa che hai imparato da questa esperienza?

Fosse una potrei rispondere, ma ho imparato talmente tante cose che non saprei da dove cominciare. Posso però dire che fino a prima di quel viaggio non avevo tatuaggi, perché non son mai stato convinto anche se mi piacciono molto. Beh lungo il viaggio una ragazza e suo fratello tatuatore me ne hanno voluto regalare uno che oggi porto sopra il ginocchio e il suo significato è: sopra le regole, oltre le regole.

Perché penso che le regole non vadano mai accettate, ma comprese, studiate. Abbiamo un cervello e la responsabilità di usarlo bene. Quando prima di partire la gente mi diceva sei pazzo, non è possibile, non ci riuscirai, beh io ci ho voluto credere consapevole di poter fallire, ma le regole banali dettate da paure e pregiudizi no, non le avrei mai accettate. Questo tatuaggio segna un’esperienza indimenticabile scritta nella memoria e se un giorno la senilità avanzerà cavalcante io potrò abbassare il capo e rivivere tutto guardando quella scritta sulla pelle.

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6. Hai vinto un lavoro per un rum che ti ha portato a viaggiare per 6 mesi in Jamaica, ci racconti un po’ meglio il progetto?

Di rientro dal progetto Social Experience, un amico di cui faccio volentieri il nome perché senza di lui non sarei venuto a conoscenza del progetto Appleton, ecco lui è Joy Kitikonti, magari qualcuno lo conosce perché è un famoso Dj e produttore, io gli sono grato in quanto mi ha scritto una mail che mi informava di questo concorso per vincere un lavoro in Jamaica. Subito non gli diedi troppo peso perché impegnato dal lavoro che avevo lasciato in sospeso dopo esser partito in giro per l’Italia, poi dopo un secondo messaggio da parte di Joy che mi diceva di partecipare perché sarei stato perfetto per quel lavoro, decisi di fare il primo video per presentarmi e da li in poi inizia la lunga selezione fatta di prove, lavori e sfide per poter vincere e partire.

Il mio compito ricopriva diversi campi, ero testimonial di questo rum, social media content e strategist, scrivevo articoli, video e li realizzavo per narrare e mostrare la vera Jamaica fuori dai classici stereotipi facendo attenzione alla storia e le radici di Appleton Rum. Insomma non pensate a una vacanza, ma ad un bel lavoro creativo in un paradiso naturale.

7. Quanto eri libero di esplorare e quanto era un lavoro?

Come ho detto alla fine della domanda precedente, era un lavoro a tutti gli effetti con regole da rispettare, obiettivi da raggiungere, linee guida da seguire.

Ero libero di esprimermi a mio modo perché il mezzo di comunicazione ero io verso gli altri che seguivano il progetto. Ho esplorato tutta l’isola con piacere per mostrarla e condividerla, tutto faceva parte dei miei compiti e amando il mio lavoro l’ho fatto con passione e dedizione.

8. Cosa ti ha stupito della Jamaica che non ti aspettavi?

Ci sono aspetti positivi e negativi che mi hanno stupito, posso dirtene uno positivo e uno negativo.

Negativo il costo elevato della vita che divide in due classi sociali completamente separate l’isola. Due poli che non si toccano e a quanto ho visto non potranno mai toccarsi perché così deciso da una politica locale che non investe in istruzione o programmi di recupero di realtà non povere, di più. Triste ma vero e ancor più se vissuto in un paradiso, perché la Jamaica è un paradiso naturale pieno di risorse e potenziale.

Positivo l’energia vitale che riempiva i miei occhi ogni qualvolta che uscivo e mi addentravo ad esplorare l’isola per poi raccontarla. Non è l’uomo padrone sulla natura e la plasma a proprio piacimento, ma è l’uomo ad adattarsi alla continua evoluzione della natura. Questo ancora ora mi lascia senza parole per quanto sia affascinante e selvaggia la Jamaica.

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9. Ora sei in India per un progetto non solitrio ma molto “ispirational” ci dici qualcosa di più?

Ero in India ora rispondo da Tokyo e domani sarò alle Haway, itinerante attraverso il mondo. Questo è un progetto che ho sposato prima ancora di rientrare dalla Jamaica perché unico, perché veramente giovane. Cinque ragazzi italiani di diverse professioni che decidono di girare letteralmente il mondo seguendo le tappe del famoso libro “Il giro del mondo in 80 giorni”, ma con un focus differente, ovvero raccontare ed intervistare giovani. Stiamo realizzando un docu./serie internazionale per tv e web. In ogni luogo che tocchiamo incontriamo ragazzi che con il loro lavoro, con le loro idee si adoperano per migliorare questo mondo partendo dai luoghi in cui vivono. Ci facciamo raccontare i loro propositi e le loro città passando attraverso i loro occhi. I giovani che spesso sono sottovalutati, ma le loro azioni di oggi saranno una nuova base per il futuro.

10. Quanto ci metti in media ad organizzare un progetto di viaggio, dall’idea alla partenza?

Quest’ultima domanda ha una risposta non precisa perché dipende da molti fattori.

Non c’è un tempo preciso, dipende da tante variabili. Posso però dire che tutto parte da un’idea, poi dalla struttura che metto in piedi al fine di realizzarla e infine si passa al lavoro sul campo. Nei miei passati progetti non è mai trascorso molto tempo dal momento in cui si è accesa la scintilla al momento in cui si è trasformata in un fuoco ardente, forse perché ho bisogno di vivere e vedere realizzati i mie sogni che poi rappresentano la realizzazione di me stesso. Sono un creativo nulla di più, uso la creatività per vivere a pieno e creo per condividere. Questo il piacere più grande, la mia realizzazione massima è vedere che gli altri possano sentire, provare e fruire di emozioni che reputo fondamentali nella vita.

Psicologa e Viaggiatrice. Giro il Mondo e studio la personalità dei viaggiatori! Ho visitato più di 75 paesi molti dei quali da sola. Per me il viaggio è uno strumento di crescita personale. Ho creato questo sito per tutti quelli che amano viaggiare da soli o che vorrebbero iniziare a farlo. Ho pubblicato: Il Bello di Viaggiare da Soli: guida al travel coaching per ottenere il massimo da noi stessi edito Feltrinelli.

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