Alessandro: grazie alla Vipassana e al viaggio ha trovato una nuova consapevolezza
Alessandro Spadavecchia, amo il mio pseudonimo: Pensiero Vagabondo, in queste righe vi racconto perché.
“Partiamo dal presupposto che se non avessimo pensieri che escono ed entrano dalla nostra mente, non avremmo né sogni né desideri da realizzare. E questi solitamente sono i più vagabondi di tutti per la loro, talvolta difficile, realizzazione”.
Ci sarebbe da dire tanto su Pensiero Vagabondo e, come racconto nel mio profilo Instagram, i valori portanti sono ribellione, cambiamento e sogni.
Una ribellione su cui dovremmo mettere tutti una lente di ingrandimento per vederla meglio, nel senso che di solito si parla di inseguire la propria felicità, sfiorando appena il termine come se ne avessimo paura di scriverla o pronunciarla, invece penso che si dovrebbe utilizzare più spesso senza riserve; poiché penso che sia la base da cui partire per raggiungere la serenità che tutti cerchiamo, prima ancora di pretendere la felicità che resta pur sempre vagabonda.
Ovviamente non si parla di ribellione armata, ma spirituale spogliandoci di ogni sovrastruttura, indottrinamento, o zavorra che ci influenza la vita in tutti i sensi. Dovremmo diventare dei liberi pensatori.
Tra le tante riflessioni che scrivo nel mio profilo, ce n’è una a cui tengo particolarmente e che mi ha cambiato la vita.
“L’elemento indispensabile per il cambiamento è una sana ribellione a tutto ciò che ci sta stretto, ci logora e ci dà la sensazione di essere in trappola spegnendoci l’entusiasmo giorno dopo giorno.
Un lavoro che detestiamo, una relazione che non ci rende più felici, un percorso di studi che vogliamo cambiare, o qualsiasi cosa che è diventata una zavorra per noi.
In estrema sintesi: uno stile di vita che sostanzialmente vorremmo cambiare.
Ribellandoci a tutto ciò che ci rallenta, possiamo dare spazio al cambiamento che ci condurrà alla realizzazione dei nostri sogni, o almeno provarci. Solo così potremmo abbracciare lo stile di vita che desideriamo vivere, perché quando realizziamo un sogno abbiamo creato un nuovo sistema attorno a noi che si alimenta dei nostri valori e principi, e non c’è davvero cosa più bella che ci possa capitare.
Per innescare la ribellione è necessario, dunque, ascoltare la nostra vera natura e farla divampare. A quel punto dobbiamo chiederci: chi siamo davvero?”
È alla luce di quanto detto, al di là delle esperienze della mia vita che sono state impattanti per me, altro non c’è stato se non seguire delle orme che mi hanno portato a questa scelta.
A novembre del 2021 mollo un contratto a tempo indeterminato che mi stava logorando la vita, e decido di farmi un giro (del mondo). Mi sono ribellato a tutto ciò che non mi rendeva felice, società compresa, che per come funziona, la velocità alla quale ci costringe a vivere le nostre vite, mi ha trasmesso il “mal di vivere”.
1. Sappiamo che hai trascorso una settimana in un tempio buddhista di Chiang Mai.
Puoi raccontarci questa esperienza?
Ho trascorso una settimana in uno dei monasteri più importanti della città di Chang Mai, il Wat Prha That Doi Suthep, insieme ai monaci buddisti. Non era concesso parlare, scrivere, leggere, ascoltare musica e, ovviamente, usare lo SmartPhone. Questo per ridurre le nostre distrazioni allo zero e connetterci con noi stessi.
Alle 5.00 suonava la sveglia, perché alle 5.30 dovevamo essere tutti seduti su dei cuscini, a gambe incrociate, per ascoltare il discorso del monaco buddista. Si mangiava solo due volte al giorno e vegetariano, alle 7.00 per colazione e alle 11 per pranzo. Alle 18 altro discorso del monaco buddista, mio maestro nel periodo passato al monastero. Alle 21, luci spente e tutti nanna!
2. Sappiamo che erano previste tantissime ore di meditazione.
La meditazione ricopriva tutti i buchi vuoti, e facendo un calcolo si meditava per ben 10 ore. Ho avuto tanto tempo per riflettere, e infatti vi sto per spiegare tutte le consapevolezze maturate in questo posto tra le nuvole, letteralmente.
3. In cosa questa esperienza ti ha cambiato?
Iniziamo dal cibo: col fatto che si mangiava solo due volte al giorno, leggero e vegetariano, verso il pomeriggio mi veniva voglia di mangiare. Ma poiché eravamo a 1000 metri sul livello del mare, e anche volendo infrangere le regole, non c’era cibo nei paraggi, non mi restava altro che ascoltare la mia fame.
Ascoltandola, per ore, ho potuto comprenderla, e ciò che ho scoperto e stato pazzesco! Quella voglia che chiamavo fame, non era legata all’avere fame, ma solo al bisogno di piacere che avrei ottenuto masticando del cibo. Solo piacere! Infatti gli altri giorni dopo le 11 non cercavo più cibo e non sentivo nessun altro tipo di bisogno.
Al contrario, quando sono a contatto con il mondo ho sempre bisogno di qualcosa, perché là fuori i rumori sono tanti, le distrazioni non finiscono mai. Ma tutto ciò contamina la nostra mente e ci fa diventare esseri bisognosi. Tutti questi rumori sono solo inganni, perché grazie al tempo trascorso nel monastero, ho potuto capire che abbiamo bisogno davvero di poco per essere sereni, e che la società in cui viviamo è una macchina perfetta per farci avere la sensazione che ci manca sempre qualcosa; per farci sentire sempre la sensazione di avere dei bisogni da soddisfare.
La verità è che noi esseri umani abbiamo bisogno davvero di poco per stare bene, e quel poco, che poi è tanto, lo troviamo DENTRO di noi.
Mi viene da sorridere quando in Occidente vedo la gente che si riempie il carrello. Poi torna a casa e si gode solo una, massimo due cose di quello che ha comprato. Oppure non ha tempo. Se lo porta al lavoro e se lo mangia, anche con la fretta o con la foga, perché pensa già a riattaccare. Senza parlare di quelli che non staccano mai per 8 ore di fila e che mangiano in piedi, se mangiano, magari lavorando allo stesso tempo. Ma quando scenderemo tutti da questa giostra?
Al tempio non avevo necessità di nulla e ho potuto riflettere anche sui nostri desideri.
Ho capito che quello che realmente cerchiamo di soddisfare non sono bisogni, ma mancanze, sensi di vuoto, smarrimento, ansie, preoccupazioni, apatie, frustrazioni, stanchezza mentale che la frenesia della vita di oggi ci inietta.
Molte persone sfogano questi stati d’animo comprando cellulari, scarpe nuove, vestiti. Ci diamo al consumismo. Poi, purtroppo, ci sono tante altre persone che trovano sollievo nell’alcool, nella droga. E noi li giudichiamo, inconsapevoli che sono anche loro un prodotto di questa società.
Altri addirittura decidono di ammazzarsi, perché si sentono affogare nell’aria che tira nella loro vita.
4. Quali consapevolezze hai maturato?
Come dicevo prima è stata un’esperienza trasformativa per me, se dovessi concentrarmi sui punti più salienti di questa crescita sarebbero:
- Il cibo, l’atto del mangiare, e il turbinio dei nostri pensieri.
In quella settimana all’interno del tempio, ho potuto capire che mangiare anche due volte al giorno, leggero e vegetariano è più che sufficiente. Ma nella società moderna anche mangiare è diventata una regola da rispettare a tutti i costi e ad orari ben precisi. A volte si mangia anche se non abbiamo fame. Specialmente le donne di casa corrono in preda all’ansia per preparare il pranzo o la cena, solo perché è arrivata l’ora.
Ma dove sta scritto che ci devono essere degli orari anche per mangiare? Avete fame quando arriva l’ora o è anch’essa diventata un’abitudine?
Nella società moderna in cui viviamo, moltissime persone la maggior parte delle volte mangiano non tanto perché ne sentono il bisogno, ma perché da quel cibo ne traggono piacere. Solo per il gusto di masticarlo, sentirne la consistenza.
La cosa assurda è che quando stiamo mangiando un pasto, non ce lo godiamo nemmeno come dovremmo, lo ingurgitiamo, perché siamo accelerati dai mille pensieri che ci rimbalzano nella mente.
Magari siamo anche davanti al cellulare a fare altro nello stesso tempo che mangiamo. A proposito dei pensieri, mentre meditavo i miei pensieri erano tantissimi, ma nella settimana passata nel tempio assieme ai monaci buddisti, ho potuto apprendere, grazie alla meditazione, nel silenzio di me stesso, col suono del mio respiro e della sola natura, che quando abbiamo quel turbinio impazzito di pensieri, cerchiamo delle risposte a questi, dirigendolo all’esterno, mandandolo fuori, verso luoghi bui, molto spesso senza meta né direzione, e alla velocità della luce, passando da un pensiero all’altro. Pensiamo al passato, al futuro, ai desideri, alle speranze, alle aspettative e in cambio siamo più confusi di prima.
Con la pratica della meditazione, stando fermo per molto tempo, ho provato a dirigere quel turbinio di pensieri verso il cuore, me lo facevo circolare nelle braccia, fin giù nella gambe con la mia immaginazione, e potuto vedere su me stesso che riuscivo a trasformare quei pensieri in energia per il mio corpo. Perché cosa sono i pensieri tra le tante cose? Sono energia negativa da pulire facendola circolare dentro di noi, perché tutte quelle risposte che cerchiamo dall’esterno dove dirigiamo quei pensieri non sono fuori, ma dentro di noi.
È tempo di risvegliarci anche su questo! Ma quando ci risveglieremo da questo sonno ipnotico che ci sta rubando la vita? Quando scenderemo da questa giostra infernale?
- Il sentirci sempre stanchi e il bisogno di dormire per spegnere un po’ la mente
Al tempio, come detto all’inizio, la sveglia suonava alle 5, e nonostante questo non sentivo la stanchezza né il bisogno di dormire. Non ero stanco o stressato. E qui mi è arrivata un’altra, passatemi il termine, “illuminazione”.
Questo mi ha fatto comprendere che quella classica voglia di dormire che oggi colpisce moltissime persone, giovani specialmente, è dovuta alla stanchezza mentale che deriva dai milioni di stimoli che ricevono durante il giorno. Questo rende la nostra mente poco malleabile, ed è anche per questo che quando cerchiamo di trovare delle risposte ai nostri pensieri non ne ricaviamo nulla di buono, perché la mente è troppo stressata, iper sollecitata. Va in blocco!
Immagina un pezzo di plastilina. Se la plastilina è dura sarà difficile darle una forma. Al contrario, se lo stesso pezzo di plastilina è morbido sarà molto facile darle una forma. La nostra mente funziona allo stesso modo: se abbiamo una mente rilassata potremmo avere tutte le risposte che cerchiamo, perché sono già dentro di noi; solo che non le vediamo perché la nostra mente è come quel pezzo di plastilina dura, poco malleabile. E questo è dovuto da quella macchina infernale che chiamiamo società.
- L’importanza del momento presente: IL QUI E ORA
Nel tempo passato nel monastero ho potuto anche comprendere l’importanza del pensare al momento presente, al qui e ora. Un’altra pratica alla quale mi sono sottoposto era la meditazione camminata. Consisteva nel fare piccoli passetti, lentissimi e in 4 step. Nel momento in cui smettevo di pensare a quello che stavo facendo, perdevo l’equilibrio e compromettevo la qualità dell’esercizio. Questo vale in ogni cosa a cui ci dedichiamo ogni giorno. Se quando mangiamo, prepariamo del cibo, ci occupiamo delle nostre cose, sbrighiamo pratiche o facciamo uno zaino pensiamo già ad altro, non faremo con qualità quello che stiamo facendo ed è come perdere tempo.
Quando mangiamo, pensiamo a mangiare. Assaporiamo il cibo, tratteniamolo un po’ di più nella nostra bocca, ascoltiamo le sensazioni che ci dona e guardiamoli quei colori. Mangiamo lentamente e senza far rumore con le posate, perché il rumore denota foga e velocità. Significa che non siamo lì a mangiare, ma altrove chissà dove.
Mangiamo per sentire e non solo per godere di piacere, solo per masticare. Quando guidi, sei in treno o in bus per andare a lavoro, non pensare già al lavoro, ma goditi il viaggio, osserva la strada che scorre, il paesaggio intorno a te.
Quando facciamo la doccia, sentiamola quell’acqua che ci scorre sulla pelle e rilassiamoci. Facciamoci accarezzare dal suo scorrere. Non pensiamo a mille cose alla volta, altrimenti i pensieri iniziano ad accavallarsi. Così smettiamo di vivere, la mente si appesantisce, la nostra anima si spegne e noi sprofondiamo. Non faremo bene nessuna delle cose che stiamo facendo in questo modo.
Cerchiamo di essere presenti nei qui e ora, così si vive. Per concludere: quando ti accorgi che la tua mente vaga, fermati un attimo, respira profondamente e porta quei pensieri al cuore e vedrai che ti sentirai meglio con te stesso e nel mondo che ti circonda. Da oggi inizia a farlo, fermati, respira e porta quei pensieri INSIDE, dentro di te.
5. Ci hai detto che il tuo viaggio non ha data di ritorno. Ti andrebbe di raccontarci il perché?
Sì, non ce l’ha perché vorrei concretizzare il sogno di fare il giro del mondo.
Grazie alle consapevolezze maturate nell’ultimo anno e mezzo ho capito che la vita è una e imprevedibile; non ci è dato sapere quanto ancora ci resta. Quindi fare il giro del mondo, e arrivare alla fine dei miei giorni senza rimpianti per non averlo fatto, è uno dei miei principali desideri. Per questo motivo non conosco la data precisa di rientro a casa, perché non so quando lo completerò. Penso che prima o poi vorrò tornare per riabbracciare la mia famiglia e passeggiare nel mio Paese, per poi ripartire un’altra volta.
6. Secondo te il viaggio può essere considerato uno strumento di guarigione?
Assolutamente sì, senza ombra di dubbio. Sono in giro da circa 8 mesi e sto notando di come, standomene un po’ lontano da questa società malata, io stia recuperando la serenità che non ho mai avuto, sto imparando a rallentare e godere di ogni attimo: un pasto, una passeggiata, persino la mia respirazione e la mia ansia stanno migliorando. E la cosa più importante: sto imparando a sorridere, cosa che non facevo mai quando ero a casa.
7. Quali consigli daresti a chi vorrebbe affrontare un’esperienza di questo tipo?
Gli direi di seguire il cuore, e che se si tratta di un pensiero che “batte” forte in testa, al di là dei motivi, di seguirlo.
Se si aspetta che la paura e i dubbi passino, non lo si farà mai. Anzi, si moltiplicheranno i motivi per non farlo perché molti di essi sono solo il frutto della nostra immaginazione. Stesso discorso per la perfezione. Non esiste, e se aspettiamo che tutto sia pronto a regola d’arte anche questo non avverrà mai.
Direi di prepararci bene “quel primo passo”, renderci un po’ robuste la spalle e dare inizio a quel cambiamento.
E di metterci tutti noi stessi, perché nello stesso mondo non vivremo mai due volte.
Se vivono la classica situazione in cui si sta male dove si vive, per quello che si fa, il mio consiglio è quello di non continuare a sopportare, perché prima gli si ritorcerà contro, come è successo a me. Nel mio caso con la salute mentale, magari a qualcun altro nelle relazioni o in altre sfere della propria vita.
E poi gli trasmetterei una consapevolezza che mi ha cambiato letteralmente l’esistenza.
Molti mi dicono che ci vuole coraggio, in realtà non è vero perché ci vuole “La consapevolezza”, ovvero che la VITA è solo UNA,e noi siamo solo di passaggio. Per lo meno facciamolo come desideriamo davvero, dal profondo del nostro cuore.
8. Dove ti trovi ora?
In questo momento sono a Banlung, in Provincia di Ratanakiri, a Nord-Est della Cambogia, dove ho visitato una miniera di zirconi e le piantagioni di Caucciù. A breve entrerò in Laos via terra.
9. Quali sono i tuoi progetti futuri?
I miei progetti sono tanti, perché tanti sono i miei sogni.
Quelli prossimi sono completare il giro del mondo e pubblicare il mio libro. Ci sono già molte persone che vorrebbero leggerlo, e questo mi fa piacere. Non me lo aspettavo. In questo momento sto cercando un esperto nell’editing e poi vorrei proporlo a una casa editrice che mi aiuti a diffondere quanto ho da dire alle persone e a questa società, o auto-pubblicarlo.
Da quando sono partito, molti sono i messaggi che ricevo da ragazzi della mia età, alcuni più giovani e anche dagli adulti. Tutti parlano di questo malessere, della necessità di cambiare vita, altri che si sentono vuoti e infelici. Sono certo che tra quelle righe troveranno quella spinta in più che gli serve per riflettere a fondo e spiccare il volo.
Sono temi così importanti che ho sentito la necessità di dover trasmettere, quasi come se fosse un dovere e per dare un contributo alle persone, specie ai giovani, che ogni giorno sempre di più vengono colpiti da quel “mal di vivere”.
Lo stesso al quale mi sono ribellato.