Pier Luigi: Europa a piedi lungo il Cammino dell’Olocausto a 76 anni

Nicole Tirabassi Pubblicato il

Ho 76 anni e sono stato un appassionato mezzofondista dai 15 ai 62 anni. Nel 2009, col Camino di Santiago di Compostela, ho preso il virus del camminare. Non mi sono più fermato. Ad oggi ho camminato per 1.078 giorni percorrendo 41.451 km.

1. Sappiamo che hai percorso il giro dell’Europa a piedi. Qual è stata la tua motivazione per intraprendere questo viaggio così impegnativo e significativo?

L’idea di intraprendere questo Cammino è nata quando mia moglie Carmen ha detto: non siamo mai stati in un campo di concentramento. Immediatamente nella mia mente si è materializzato il Cammino dell’Olocausto. La motivazione  è stata quindi  quella di colmare una lacuna della mia vita, ma soprattutto di dare un contributo per “non dimenticare” i crimini commessi dai nazisti e per “ricordare” anche le nostre connivenze che in Italia ci sono state, col fascismo. Perciò ho iniziato questo Cammino dell’Olocausto da Fossoli, poi Milano, al Binario 21, dove abbiamo consegnato ai nazisti vittime innocenti. Il Cammino dell’Olocausto prosegue per la Francia, poi la Germania, la Cechia, poi di nuovo la Germania, Polonia e Bielorussia. (In Bielorussia non sono potuto andare). Poi di nuovo Polonia, Austria ed Italia per finire ad Arbe in Croazia. Ho voluto finire con il campo di concentramento ad Arbe per evidenziare che poi, anche noi, sebbene in piccolo, abbiamo partecipato attivamente a crimini che dobbiamo ricordare. Spero quindi che questa mia lunga camminata attraverso i Campi di Concentramento possa essere una strada da percorrere, a piedi, in bici, con la moto, in macchina per vedere i luoghi ove sono stati commessi orrendi crimini, ma soprattutto per meditare, per non dimenticare ed operare affinché non si ripetano più.

2. Come ti sei preparato fisicamente a questa impresa ?

Non faccio mai una preparazione specifica per le mie lunghe camminate. Due o tre camminate alla settimana di 5-10 km. La vera preparazione avviene in corso d’opera. Inizio con circa 20 km al giorno e poi progressivamente aumento e, l’ultimo anno, fino ad un massimo di 40 km al giorno. Qualche anno fà il massimo era di 50 km al giorno.

 

3. Come hai pianificato il tuo itinerario e quali sono state le principali difficoltà che hai incontrato lungo il percorso?

Io non pianifico mai l’itinerario delle mie camminate. Non analizzo mai i percorsi. La mia pianificazione consiste nel pensare: vado da Perth a Sidney, da Capo Nord a Borghetto di Vara, da Tallin a Vladivostok, oppure, faccio il Giro d’Italia lungo le coste, compreso le isole d’Elba, Sardegna e Sicilia. Non analizzo mai le difficoltà che potrei trovare lungo il percorso perchè ciò mi provoca ansia e incertezze per le mie camminate. Se avessi scoperto che in Australia c’erano 200 km di deserto, senza nemmeno un autogrill, non sarei partito. Quando mi sono trovato davanti a questi 200  km di deserto ho scoperto che in me c’erano le forze, che nemmeno io conoscevo, per superare queste difficoltà.

4. Quali sono stati i paesi e le città che ti hanno colpito di più e perché?

Premetto che io non sono un turista, io sono un camminatore. Io seguo la strada per arrivare all’obiettivo finale. Io non vado a vedere le belle città o paesaggi, io guardo quello che incontro sulla strada. Quindi io non cerco le bellezze delle città, le attraverso, se sono costretto. Per fortuna in Europa, andando a piedi, non si incontrano nemmeno le frontiere, che io ho già comunque cancellate con la mia mente. Di solito io sono colpito dal divario tra città e periferia, dal divario tra “nord e sud” che permane in ogni paese. Bellissime ville, ai sobborghi di città, in Polonia e villaggi degradati nelle zone rurali. Bellissimi paesini in Baviera e cupi, tetri villaggi e cittadine nella Germania più arretrata. Ma soprattutto, sono colpito dal divario delle condizioni di vita della popolazione non solo all’interno di uno stesso Paese ma anche dal centro alla periferia di una stessa città. Bei vestiti, eleganza, belle macchine, bei bar e ristoranti in antitesi a luoghi in cui gli abitanti sono con vestiti dimessi e trasandati ed i locali sono bettole di un’altra epoca. Purtroppo sono rimasto comunque colpito in tutti i Paesi, anche negli U.S.A., nel vedere tante persone che al giorno d’oggi sono costrette a tralasciare la cura dei denti.

5. Come hai vissuto l’esperienza di visitare i campi di concentramento?

La mia visita ai Campi di Concentramento è stata vissuta in modo contraddittorio. Come ho già detto, io non vado a vedere luoghi mete abituali dei turisti. In questo caso non avevo la possibilità di scindere “il luogo turistico” dal “luogo della memoria”. Io camminatore, “mezzo barbone”, stanco, tutto sudato, mi trovavo in un luogo turistico in mezzo a sciami di turisti. Valutazioni, che sono comunque contraddittorie, che possono essere: in questo Campo di Concentramento non c’è nessuno. È una vergogna che la gente non ricordi. Oppure: guarda questo sciame di turisti che scendono dai pullman per visitare il Campo di Concentramento, tutti festosi come se andassero a visitare il Colosseo. È una vergogna! Nemmeno io so valutare le mie sensazioni quando mi sono ritrovato da solo in Campi di Concentramento che sembravano dimenticati oppure in mezzo a sciami di turisti, come ad Auschwitz, dove, nel primo caseggiato all’ingresso del lager, troneggiava la scritta “RESTAURANT”. È difficile giudicare solo con due colori: bianco o nero?

6. E quali sono stati i tuoi sentimenti e le tue riflessioni?

Durante le mie lunghe camminate la memoria del mio cervello subisce la “deframmentazione” come la memoria del computer: ogni pensiero viene ricollocato nella sua giusta posizione. Quindi, quando entravo in un Campo di Concentramento, non subivo nessuna scossa emotiva. Avevo la capacità di osservare in modo asettico la realtà oggettiva che mi circondava. Il mio cervello immagazzinava le immagini: i forni crematori, il filo spinato, monumenti, montagne di scarpe, ampi piazzali, garritte delle guardie, ARBETT MACHT FREI, cancelli di ferro, croci, nomi scolpiti. Questa è la memoria per non dimenticare.

7. Cosa hai imparato sulla storia e sulla cultura europea durante il tuo viaggio?

La mia camminata quest’anno è stata condizionata dalla guerra in Ucraina. Già negli anni precedenti avevo cercato di capire, discutendo con la gente, le problematiche di convivenza tra russi e ucraini, polacchi, lituani, estoni, lettoni e cechi. Discutevo partendo dalla considerazione che noi italiani, nati nel dopoguerra, pur consapevoli dei crimini commessi dai nazisti in Italia, non odiamo le nuove generazioni tedesche per le colpe commesse dai loro padri. Nei paesi che ho citato, persiste un odio atavico nei confronti dei russi. Purtroppo mi è parso di capire che, già nel 2010 nella traversata dei Paesi Baltici, con i nazionalismi viene alimentato l’odio verso qualcuno. Per questo non è possibile un salto culturale come noi abbiamo fatto nei confronti delle generazioni tedesche postnaziste.

8. Immagino che tu abbia incontrato tante persone lungo il cammino. Hai delle amicizie o delle storie particolari da raccontare?

Ovviamente per un camminatore relazionarsi con la gente è più problematico perché, purtroppo, non è  molto apprezzato il proverbio che “L’abito non fa il monaco”. In genere la gente perbene e benpensante tende a emarginare il camminatore che evidentemente, dopo quaranta chilometri, si presenta in condizioni igieniche non ottimali. Frequenti sono i rifiuti che ricevo quando chiedo una camera negli Hotel. Per fortuna però ho anche l’occasione di fare nuove amicizie. Una notte mentre ero in tenda, in un bosco, in Polonia. Sento una voce: “Delvigo”. Era Kasia, ciclista amatoriale, che avevo incontrato nel pomeriggio. Era venuta a cercarmi col marito e mi hanno ospitato per la notte. Presto verranno a trovarmi in Italia. Erano le 20 di sera, camminavo e stavo cercando un posto per piazzare la tenda. Mi sembra di sentire una voce. Mi giro e vedo una donna che sta correndo verso di me. Tutta affannata mi raggiunge. -Vieni a farti una doccia ed a dormire a casa mia.- Ok. È Claudia, una pittrice tedesca di Dresda, in vacanza in Polonia. Vitto ed alloggio per una notte. Abbiamo già programmato una sua visita in Italia. 

9. Come hai gestito le questioni pratiche come il cibo, l’alloggio, il trasporto e la sicurezza?

Tutte le mie camminate sono totalmente a piedi. Uso i Flixbus per andare alla partenza della camminata e per tornare a casa. Il mio carrello mi crea problemi per viaggiare in treno od aereo. Così evito anche trasbordi e coincidenze. La sicurezza non è, per me , un problema. Cerco di mettere la tenda non in vista, ma se questo non è possibile la colloco in un posto in cui sia ben visibile da tutti. Forse sono stato fortunato, non ho mai avuto problemi di sicurezza, nessuna mi ha mai disturbato o molestato. Di solito io dormo in tenda perché per un camminatore è difficile trovare un Hotel o un B&B la sera, a fine camminata. E, come ho già detto, spesso mi viene rifiutata la camera. Per mangiare ho fatto la scelta di non cucinare niente per evitare l’uso del fuoco: nei boschi è un rischio da evitare. Mangio di solito “asciutto” perché, soprattutto in Europa, camminando in strade secondarie, è difficile trovare bar e trattorie in cui mangiare. Quindi compro in genere nei supermercati cercando di rifornirmi del cibo necessario per un giorno o più giorni, nel caso di lunghi percorsi senza negozi o supermercati. In ogni Paese devo prontamente assimilare gli orari ed i giorni di apertura dei supermercati. Il Paese in cui mi sono trovato bene col mangiare è stata la Russia. In questo Paese nei posti di ristoro è possibile mangiare minestre e qualsiasi altro cibo a qualsiasi ora del giorno. Nel mio giro d’Europa sono riuscito a mangiare una minestra un paio di volte.

10. Come è cambiata la tua visione del mondo e di te stesso dopo aver compiuto questo viaggio? 

Forse cambiare la propria visione del mondo con il semplice camminare mi sembra un pò troppo. Ho cambiato il mio giudizio per quando riguarda la discriminazione verso gli ultimi nelle società evolute: penso che sia ancora molto persistente. Inoltre ho rilevato una forte avversione verso il pedone che cammina per la strada da parte degli automobilisti. Accettano i ciclisti, il pedone è solo un intruso che impedisce loro di superare i limiti di velocità.

Nicole Tirabassi

nicoleti83@gmail.com

Per lavoro vivo con e nel Web per aiutare altre professioniste a riprendersi tempo, libertà, sogni. Quando non esploro la Rete, probabilmente sto saziando la mia fame di conoscenza viaggiando nel mondo reale. Cerco sempre di trovare soluzioni per farlo in maniera sostenibile. Umorismo, meditazione e connessione umana sono alla base del mio rapporto con la vita. Di tutto questo, ormai, non potrei più fare a meno.

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