Viaggiare da soli negli Stati Uniti con 35€ al giorno

Categorie: Interviste

[box style=’info’] Mi chiamo Riccardo, sul web Richardgoesto, e sono un ragazzo di quasi 23 anni di Osteria Grande, una piccola frazioncina in provincia di Bologna. Mi sono laureato in Economia del Turismo a Marzo 2014, appena 10 giorni prima di partire per il mio mega-viaggio. Ho deciso di viaggiare per 3 mesi attraverso il continente americano in lungo e in largo da solo. Mi definisco una persona estremamente curiosa e logorroica, caratteristiche che mi spingono facilmente a scoprire e relazionarmi con persone di background culturali diversi dai miei. I miei più grandi interessi riguardano i viaggi e il turismo, i trasporti e la geografia (potrei stare incollato su Google Maps per ore ed ore). In più sono, ahimè, dipendente da internet e dai social networks, questo mi spinge a condividere tutti gli aspetti del mio viaggio con i miei amici reali e virtuali. Potete segure il mio viaggio sulla mia pagina facebook. [/box]



1. Non è comune tra i 20enni italiani fare un viaggio di 3 mesi zaino in spalla, tu da cos sei stato spinto?

La passione per i viaggi è ciò che mi contraddistingue. La mia curiosità verso situazioni e luoghi nuovi e diversi da quelli di casa mi ha sempre spinto a desiderare di vedere cosa c’è al di fuori dell’Italia. Inoltre, avevo dei mesi vuoti da “investire” prima di iniziare il mio percorso di laurea specialistica.



2. Come hai scelto la destinazione, quale è stata la tua ispirazione?

La vera ispirazione l’ho avuta leggendo il libro “L’America Perduta” di Bill Bryson: volevo provare la sensazione di viaggiare attraverso grandi spazi sconfinati, tra parchi nazionali e cittadine immerse nel nulla proprio come descrive l’autore nel libro. In più, avevo voglia di scorire come fosse l’America di provincia, non solo quella delle grandi città sulle coste.

Infine, cercavo una regione che mi permettesse di approfondire e praticare l’inglese che sto cercando di perfezionare in vista di una futura carriera lavorativa (spero internazionale).



3. Come ti sei organizzato praticamente? Budget, itinerario, voli, trasporti?

Viaggiare in Nord-America come backpacker e sopratutto da solo non e’ economico. A differenza di altri continenti, qui, i servizi di trasporto pubblico tra le diverse zone non sono molto diffusi, e le grandi distanze fanno si che muoversi tra una città e l’altra sia costoso sia in termini di tempo, che di denaro. Sto cercando di mantenere il mio budget sui 30/35 euro al giorno, e la spesa maggiore sono ovviamente i trasporti e gli ostelli.

Il mio itinerario è piuttosto flessibile, sono arrivato a Vancouver, in Canada per poi passare il confine con gli Usa  tramite un bus verso Seattle. Dopo qualche giorno ho preso l’aereo per l’immenso Southwest. Penso di soffermarmi soprattutto in questa parte di America, nel mid-west e mi piacerebbe spendere qualche giorno in Messico. Per il resto, so solo che il mio volo per l’Italia parte da Chicago.

Per le grandi distanze utilizzo gli autobus di linea che fermano nelle località principali oppure, se trovo delle buone offerte o qualcuno con cui condividere le spese e siamo diretti nella stessa destinazione, è abbastanza conveniente noleggiare una macchina (le autostrade qui sono quasi tutte gratuite e il costo della benzina è bassissimo rispetto all’Italia). Vorrei provare anche a fare Couchsurfing, ma non ho avuto ancora l’occasione.

4. Quali erano le tue paure prima di partire?

La più grande paura prima di partire era legata al budget, ovvero di non riuscire a stare nella quota giornaliera di spesa che mi ero prefissato (problema che fortunatamente per ora non si è manifestato). Mentre dal punto di vista emotivo, essendo una persona molto indipendente, ma non per questo solitaria, era quella di non conoscere persone lungo il percorso e accentuare la normale nostalgia che si ha per gli amici e la propria famiglia quando si viaggia da soli per lunghi periodi.

5. La realtà quanto è stata diversa dall’immaginazione?

La paura di sentirsi soli o non riuscire a relazionarsi con gli altri l’avevo sopravvalutata,  restando in ostello è impossibile non condividere parte della giornata con altre persone e per di più gli americani sono culturalmente molto ospitali e alla mano. Inoltre, quando dedico intere giornate alla visita di parchi e città, sono talmente concentrato in quello che sto scoprendo che non penso ad altro.

Mentre avevo decisamente sottovalutato le distanze, quando in Italia consideriamo qualcosa “vicino” spesso intendiamo qualcosa vicino a casa o nel raggio di una passeggiata, qui “vicino” può significare anche miglia e miglia di distanza e per un viaggiatore a piedi o che si sposta solo coi pochi mezzi pubblici, questo è un vero problema.

Parlando di cose che mi hanno deluso, per ora posso solo citare le feste universitarie. Tutti si aspettano sedi di confraternite piene di studenti coi loro bicchieri rossi in mano e musica a tutto volume fino a tarda notte, invece ho solo visto gente che si annoiava, era lì solo per far presenza, poi alle 22:30 tutti a letto! Ma forse sono solo capitato nella serata sbagliata. Tutt’altra storia per le feste latino americane di Phoenix, quelle si che sono vere feste!

6. Hai lavorato in un ostello per risparmiare un po’ ci racconti questa esperienza? Come l’hai trovata, che vantaggi t’ha dato come ti sei trovato?

Per cercare di risparmiare un po’ di soldi lungo il tragitto, ho deciso di offrirmi come “Volunteer-Worker Exchange“, in pratica ho scelto di lavorare circa 15-20 ore settimanali in un ostello a Phoenix (Arizona) in cambio di alloggio e pasti gratuiti. Questa offerta l’ho trovata tramite il sito Workaway.info, un portale in cui i privati di tutte le parti del mondo (ostelli, fattorie, ranch o anche classiche famiglie) che hanno bisogno di aiuto per molteplici tipologie di lavoro, inseriscono la propria inserzione offrendo, solitamente, vitto e alloggio gratuiti. E’ una forma di volontariato diretto a chi desidera stare via per periodi più o meno lunghi e nel frattempo vuole alleggerire un po’ il budget del proprio viaggio.

Per me e’ stata un’esperienza utilissima, prima di tutto perchè mi ha dato la possibilità di praticare il mio inglese con tutti i turisti che ogni giorno raggiungono l’ostello e incontrare persone fantastiche, in più mi ha permesso di conoscere da vicino il mondo degli ostelli, che per me laureato in Economia del turismo può rivelarsi sempre utile in futuro. Infine, facendo volontariato solo poche ore a settimana spalmate su 4-5 giorni, ho avuto tutto il tempo di conoscere e scoprire i dintorni di Phoenix e le meravigliose destinazioni che l’Arizona offre (tra le quali il Grand Canyon e la Valle di Sedona).

7. Parlami degli incontri, quali incontri hanno lasciato il sengo fino ad oggi?

Mi viene subito in mente Patricia, una volontaria dell’ostello proprio come me. Patricia è una ragazza slovacca di 24 anni che sta viaggiando da sola da circa 6 anni. Ha lasciato il suo paese per scoprire il mondo e fare esperienze che il suo paesino di campagna non le avrebbe permesso di provare. Ha vissuto in una famiglia nel nord dell’India senza parlare la stessa lingua, ha fatto l’autostop per 3 mesi in Nuova Zelanda, ha lavorato ad Amsterdam, Abu Dhabi e vissuto in altrettante destinazioni. Nonostante i pochi soldi a disposizione non si è mai persa d’animo e non ha mai pensato di aver perso tempo in questa vita “al di fuori degli schemi”. E’ fiera di tutto quello che ha imparato lungo la strada e decide il suo futuro giorno per giorno. Io, per essere una persona superorganizzata, ogni tanto vorrei essere così come lei e affrontare le difficoltà sempre col sorriso e spensieratezza.

8. Come ti senti mentre sei sulla strada, mi racconti le tue sensazioni.

Mi sento come dentro ad un film, noi Europei questi paesaggi sconfinati li abbiamo visti solo al cinema o in televisione ed esserci in mezzo fa un effetto strano: emozionante. Il senso di libertà mentre si guida nel deserto di Sonora, al confine col Messico, è qualcosa di unico, e non vedo l’ora di attraversare la Death Valley!

9. Come sta cambiando la tua visione del futuro sulla base dell’esperienza che stai vivendo?

Domanda difficile! Sicuramente mi sta convincendo sempre di più a voler intraprendere un lavoro che abbia a che fare coi viaggi e il turismo, o comunque a contatto con persone che provengono da ogni parte del mondo. Inoltre, per quanto apprezzi gli USA, mi sto rendendo conto che lo stile di vita europeo mi piace di piú e difficilmente potrei decidere di vivere al di fuori del vecchio continente.

10. Che valore aggiunto pensi d’avere tu rispetto ai tuoi colleghi universitari che sono rimasti a casa, anche dal punto di vista lavorativo?

Per me che ho studiato Economia, ed in particolare Turismo, ogni viaggio è un valore aggiunto perché è come studiare il proprio settore dall’interno, una sottospecie di “tirocinio naturale”. In ogni caso, sono fermamente convinto che viaggiando si acquisiscano skills manageriali importantissime, si pensi solo alla gestione del tempo, del denaro o alla risoluzione di problemi. Inoltre, confrontarsi con gente proveniente da tutti i continenti mi fa capire che ci sono modi diversi di atteggiarsi a seconda della persona che si ha di fronte. Tutte queste situazioni possono sicuramente tornarmi utili nei prossimi anni.

11. Cosa hai imparato su te stesso che non sapevi..

Sono molto meno diffidente rispetto a quanto pensassi e quando incontro altri viaggiatori come me mi relaziono con loro come se fossimo amici da sempre: faccio discorsi personali che non faccio nemmeno con amici in Italia! Probabilmente lo stesso “status” e la stessa esperienza che stiamo vivendo mi aiuta a sentirli veri e propri compagni di percorso. Per il resto, credo sia ancora troppo presto per rispondere a pieno a questa domanda.