[box style=’info’]James Minoggio (classe 1984) ha le idee chiare: fin da piccolo sente che la Svizzera gli sta stretta, girare il mondo è quindi l’unica via di fuga per questo giovane ticinese che a anni salta da un continente all’altro. Ma girare il mondo non è la sua unica passione. In questa intervista – nella quale svarieremo dal suo universo personale alla situazione attuale del turismo – ci racconterà pure del suo amore per il calcio, la musica e la recitazione, tre passioni che si porta sempre nella valigia, nazione dopo nazione.[/box]
Molto presto, già a 14 ero sicuro che non avrei vissuto tutta la mia vita in Svizzera. Da bambino sognavo di viaggiare e di vedere tutti i continenti. A 21 anni ho lasciato l’ovile o sono andato a vivere con degli amici, con loro ho visitato tutti i Cantoni della Svizzera in auto. Passare dai Cantoni nazionali ai paesi del mondo è poi stato un passo quasi automatico. In ogni caso, non mi sarei mai aspettato di visitare così tanti paesi, ma ormai non ho più intenzione di fermarmi. Ho sentito che un ragazzo tedesco ha appena visitato tutte le 201 nazioni del mondo, spero di avvicinarmi a questo record, anche se per il momento superarlo è impossibile.
Credo che la vita non abbia senso se non si visita il mondo. Ogni paese ha il suo fascino e sarebbe uno spreco non conoscerne il maggior numero possibile di persona. Sono nato in un paesino di 700 anime e ogni volta che torno a casa dopo nemmeno una settimana ho già voglia di ripartire. Probabilmente, è la tranquillità del Ticino che non fa per me, io ho bisogno i stare tra la gente, parlare lingue straniere e, soprattutto, poter prendere il sole in una spiaggia caraibica.
Sinceramente, non credo che la barriera linguistica sia mai stata un problema. Quando sono partito parlavo già quattro lingue: italiano, tedesco, francese e inglese. Lo spagnolo l’ho imparato vivendo tra Cuba e il Messico, aiutato anche dal fatto di essere di madre lingua italiana. In Portogallo me la sono sempre cavata mischiando italiano, spagnolo e le nozioni di latino imparate a scuola. L’osso più duro, finora, è stato il tailandese, ho dovuto impararlo per poter comunicare con le comunità rurali. Il fatto di essere cresciuto in un paese plurilingue come la Svizzera è stato sicuramente un vantaggio per me.
All’inizio pensavo che senza aver un diploma presso un istituto in Svizzera non avrei mai trovato lavoro. Evidentemente mi sbagliavo, i resorts sono sempre alla ricerca di animatori, hai piccoli hotel servono sempre nuovi receptionist e i Tour Operators cercano sempre assistenti turistici. Nonostante i tempi di crisi che corrono, nel mondo del turismo ci sono migliaia di posti di lavoro vacanti. Spesso e volentieri, a chi ti assume, non interessa se hai una laurea, a loro serve che tu sappia parlare diverse lingue e che abbia qualche tipo di esperienza nel settore. Qui a Londra, dove vivo attualmente, esistono scuole specializzate nella formazione di receptionist, booking agents, hospitality managers e chi ne ha più ne metta. Per esperienza personale, creo che questo tipo di scuole sia più utile per trovare lavoro, che non una generale laurea in turismo. Mi è passato per la testa di tornare in Svizzera per formarmi, ma come ho detto, non penso che ne valga davvero la pena.
In questi anni in giro per il mondo ho sempre cercato conciliare gli spostamenti con queste tre passioni. Nel calcio mi sono tolto qualche soddisfazione giocando nei campionati nazionali di Bahamas, Filippine e Tailandia. Quest’anno voglio cercare fortuna a Gibilterra, per poter giocare le qualificazioni alla Champions League. Come DJ ho suonato in Spagna, Austria, Tailandia e Londra. Adesso mi occupo soprattutto di produzioni di Remix di CD prodotti in Messico, dove sono anche stato invitato a fare il mio primo vero tour. Da quando sono a Londra, nel tempo libero, partecipo ai workshop della LAMDA, la scuola di recitazione. Quando ero in Tailandia ho superato i casting del film The Impossible di J.A. Bayona e ho lavorato a contatto con stelle del calibro di Ewan McGregor e Naomi Watts. Sarei dovuto esserci anche nel sequel di Una notte da leoni, ma per motivi di lavoro ho dovuto rinunciare. Mi piace considerarmi un artista e il calcio, la recitazione e la musica sono le mie forme preferite per esprimermi.
Quello che mi è piaciuto di più è senza dubbio Playa del Carmen, nella Riviera Maya in Messico: spiagge bellissime, gente molto amichevole e molti turisti con cui passare le serate ad ascoltare musica elettronica nei club in spiaggia, un sogno.
Quello che mi ha dato di più è Londra. Sono qui da un anno ormai, ho trovato un ottimo posto di lavoro, una casa e tantissimi amici da tutto il mondo. Il posto ideale per fare buoni contatti, qui mi sento realizzato, anche se le spiagge caraibiche non sono proprio a due passi…
Le Filippine sono il posto che più mi manca. Ci sono stato due volte e, in alcune zone, mi è sembrato ancora poco turistico, molto selvaggio e poi la gente è gentilissima e aperta. Ci sarei rimasto tutta la vita.
Nonostante le bellezze del paesaggio, quello in cui non tornei mai, è Myanmar, la ex Birmania. Appena arrivato mi hanno ritirato il passaporto e ho dovuto ascoltare un interminabile discorso su quello che non potevo fare mentre stavo lì, non mi sono sentito per niente benvenuto. Una volta uscito dall’ufficio immigrazione mi hanno quasi obbligato a prendere una guida, se non volevo che mi arrestassero, mi sono sentito un po’ minacciato.
La crisi stritola tutto il mondo e nemmeno il settore del turismo ne è immune. Ma le cose in quel campo non stanno poi così male, ci sarà sempre gente che va in vacanza e, come dicevo prima, se puoi dimostrare un buon dominio delle lingue e hai un po’ d’esperienza un lavoro lo si trova comunque. Ho provato a stabilirmi in Svizzera, ma dopo aver fatto qualche calcolo, in Svizzera riuscirei a mettere da parte molti meno soldi che all’estero. E poi dai, in Svizzera non ci sono spiagge caraibiche né molte discoteche. Non se ne parla proprio di tornare.
Assolutamente sì, sono sicuro che Londra sia ancora un’ottima scelta per la gente in cerca di un lavoro. A concorrenza è agguerrita e bisogna sapersi muovere bene, ma le possibilità ci sono. Molti all’inizio si trovano un po’ spaesati perché una metropoli non è per tutti, tanti poi arrivano con un livello d’inglese molto basso e per i lavori migliori è fondamentale, ovviamente, parlare la lingua. In alternativa, all’inizio, si può sempre virare su un ristorante italiano, spagnolo o cinese a dipendenza della provenienza di chi sta cercando lavoro. L’ideale, comunque, è arrivare con un buon livello d’inglese e un buon CV.
Il calcio dovrebbe portarmi a visitare sette nuovi paesi quest’anno. Poi vorrei fare un bel giro in America Centrale, dal Belize a Panama. Ma chissà, nella vita non si può mai dire e quindi potrei magari finire a Buenos Aires, dove una persona speciale mi ha chiesto da poco di trasferirmi.
E’ stato iniziare a prendere in giro l’agente dell’immigrazione statunitense quando atterrai a Dallas, in Texas. Se l’era proprio cercata, perché mi aveva trattato in maniera molto scortese. Alla fine però quasi ci rimetto di nuovo io, perché ho dovuto sorbirmi tre ore di domande assurde prima di essere rilasciato.