L’avventura di viaggio di In Siberia di Colin Thubron si apre con una cartina: prima di affrontare il primo passo di un lungo faticoso intensissimo viaggio, la Siberia si staglia davanti a noi sulla carta.
Da Ekaterinburg a Vladivostok, dai confini con il Kazakistan a quelli con la Corea del Nord, il viaggiatore si prepari ad un’immersione nei ghiacci dell’est e dello spirito.
Si parte! Il treno avanza attraverso gli Urali nel candido, desolato vuoto ossessivo di distese di permafrost: l’unica certezza che il viaggiatore incontrerà in Siberia.
Ma questo racconto di viaggio, pur conducendoci per chilometri e chilometri di natura ghiacciata e quasi incontaminata, tra renne, scene di caccia e villaggi silenziosi di poche anime, che paiono evanescenti, non è solo algida bellezza.
No, il lettore entrerà in città rimaste chiuse al mondo da troppo tempo, città brutalizzate dall’industrializzazione che pure le ha fatte nascere e crescere, incontrerà persone indurite dall’isolamento e dal grigiore che le rende ancor oggi prigioniere, eppure capaci di straordinari gesti e incredibile ospitalità.
E’ un viaggio al 100%, nelle case, nei villaggi, sulle tavole spoglie di case ospitali, dove il viaggiatore troverà padroni di casa di ben poche parole che cederanno il loro letto a chi ha bussato alla loro porta in mezzo alla neve, o le anziane babuske, dalle gote rosse di ciliegia, che sedute sull’uscio, tra i ghiacci, esorteranno sorridenti a fare una sauna a casa loro, per poche monete o una serata di storie speciali.