Fare Volontariato in Palestina in un campo profughi, per capire la realtà!

Francesca Di Pietro Pubblicato il

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Viaggiando per il mondo ci fa sempre sognar, non sempre si cercano meraviglie, a volte si sceglie una destinazione per capire quello che ci viene “celato” dai media, per verificare con mano, per essere d’aiuto e soprattuto portavoce , come Francesca che ha deciso di fare Volontariato in Palestina, in un campo profughi.[/box]

Francesca Bellotti, ho 29 anni e sono laureata in Studi Afro Asiatici, Facoltà di Scienze Politiche, presso l’Università di Pavia.

Adoro viaggiare e conoscere culture e popoli diversi; a questa passione, affianco anche il mio interesse per i
diritti umani e, soprattutto, verso i più deboli.

Ho lavorato come volontaria in un campo profughi palestinese, Aida Camp, vicino a Betlemme, nel mese di
luglio 2010. L’anno successivo sono stata in Kenya, in un villaggio nella Savana, sempre come volontaria, per
lavorare con i bambini. La mia prossima meta sarà l’India, non appena ne avrò le possibilità!

volontariato in Palestina

1. Dove sei stata in Palestina e di cosa ti sei occupata?

In un campo profughi, Aida Camp, vicino a Betlemme. Insieme ad altri volontari da tutto il mondo, organizzavo attività per i bambini e collaboravo nella realizzazione di un parco giochi all’interno del campo. Per due settimane abbiamo ripulito una ex discarica ed abbiamo decorato il muretto di cinta del futuro parco giochi. Oltre a vivere la quotidianità a stretto contatto con gli abitanti del campo profughi, ho avuto la possibilità di incontrare personaggi
della politica e della cultura locale ed ho potuto godere del fascino di quella Terra, partecipando a gite organizzate per i bambini.

2. Che idea ti sei fatta sul popolo Palestinese, con il quale hai condiviso il tuo spazio e il tuo tempo?

Sono partita con una mia idea ben precisa riguardo la questione israelo-palestinese. Grazie ai miei studi universitari, il mio interesse verso le vicende politiche e sociali di questi due popoli così diversi, ma altrettanto vicini, non solo in senso fisico, si è fatto sempre più profondo, tant’è che la mia tesi di laurea specialistica verteva proprio sulla questione politico-territoriale di Gerusalemme e sulle vicende demografiche all’interno di essa. Ero già stata in Israele/Palestina nel 2008 come pellegrina in Terra Santa e, successivamente, innamorata di questi luoghi così indescrivibilmente affascinanti, sono tornata in veste da volontaria, carica di entusiasmo e pronta a vedere con i miei occhi ciò che veramente significa vivere all’interno di un campo profughi.volontariato in Palestina

La mia idea sul popolo palestinese?

Io credo che stia subendo ciò che gli Ebrei hanno vissuto prima di loro. Li vedo come vittime di un conflitto che va al di là dei confini israeliani e palestinesi, in cui è coinvolto un po’ tutto il mondo. Oltre a subire, inermi, un sempre più rapido deterioramento della loro terra e della loro vita, i Palestinesi sono un popolo diviso non solo in senso fisico – in parte vivono nella Striscia di Gaza, in parte in Cisgiordania, o West Bank- , ma anche in senso politico e sociale a causa di una mancanza di dialogo costruttivo tra Hamas e Al-Fatah che indebolisce ulteriormente le proprie forze.

3. Parliamo di pregiudizi, quali sono secondo te quelli più forti sulla Palestina e come è in effetti la realtà?

Purtroppo, il pregiudizio, come in molti altri contesti, denota sempre un’enorme ignoranza. Parlare di
arabo, musulmano o palestinese per i più significa parlare della stessa cosa, cioè terrorista. Questa idea del nemico che vuole farci saltare tutti con una bomba e che vuole distruggere tutto l’Occidente a me fa sorridere e fa arrabbiare allo stesso modo. Il pregiudizio è frutto di informazioni distorte e quindi non veritiere. Chi ha mai sentito parlare al telegiornale dei campi profughi in Palestina? Chi sa che ogni giorno file interminabili di persone aspettano di varcare il check point sotto il sole cocente per ore per poter andare all’ospedale dall’altra parte del muro o per raggiungere la scuola o il posto di lavoro? O chi è a conoscenza del fatto che i ragazzini e le ragazzine israeliani sono costretti a fare il servizio militare dovendo pure subire terribili lavaggi del cervello? Ecco perché chi, come me, torna a casa da queste esperienze con una voglia irrefrenabile di raccontare. Per far conoscere come stanno veramente le cose.

4. Ti sei mai sentita in pericolo?

Sinceramente, non mi sono mai sentita in pericolo… vivere insieme ai miei amici nel campo profughi mi faceva sentire parte integrante di loro e della loro quotidianità, fatta anche di paura… ma la sola preoccupazione di come recuperare più acqua possibile per i giorni seguenti, di come far divertire i bambini e la curiosità di conoscere e di capire attraverso i racconti delle persone che ho incontrato non mi facevano pensare alla paura, ma a cosa avrei potuto fare per migliorare le cose, nel mio piccolo. Vivere giorno per giorno per gli abitanti di un campo profughi è essenza vitale e lo è diventata un po’ anche per me!volontariato in palestina

5. Credi che viaggiare, non lavorare, in Palestina sia una cosa percorribile anche in solitaria?

Credo che un viaggio in Palestina sia meglio organizzarlo con il supporto di associazioni e/o ONG.
Viaggiare da soli non è raccomandabile.

6. Parlando con le persone come viene vissuto il loro rapporto con Israele?

Parlare con i Palestinesi di Israele non è facile. La maggior parte di essi vede il popolo ebraico come un nemico con cui è impossibile trovare un punto di incontro e ne parlano spesso con toni accesi e risentiti. Un punto di vista un po’ più morbido traspare invece affrontando il discorso con rappresentanti di associazioni che mirano alla pace. L’aspetto più negativo riguarda la visione che viene data ai bambini: troppo spesso essi crescono con l’idea che gli Ebrei siano i nemici che hanno causato la morte dei propri antenati, che vogliono quella Terra tutta per loro e che quindi devono sparire. In questo modo, non si potrà mai sperare in un’educazione al dialogo ed alla pace futuri.

7. Ci racconti per quanto possibile cosa è un campo profughi?

Un campo profughi, per descriverlo brevemente, è una prigione a cielo aperto. Appare quasi totalmente
circondato dal muro costruito da Israele ed è costituito da case anguste ed ammassate e strade strette e polverose; inoltre, vi mancano spazi verdi e luoghi di ritrovo per bambini ed ospedali. Il tutto condito da una scarsità d’igiene e da pessimi rifornimenti idrici ed elettrici.

8. Qualche info tecnica per chi vuole fare una esperienza come la tua, chi bisogna contattare?

Per una esperienza di volontariato in un campo profughi consiglierei di contattare associazioni che organizzano campi di lavoro in Palestina oppure anche congregazioni religiose che si occupano di missioni sul luogo.

9. C’è un atteggiamento personale che hai modificato durante o dopo il tuo soggiorno in Palestina?

La mia esperienza a stretto contatto con la realtà locale mi ha dato solo conferme di ciò che già immaginavo e sapevo. Sono tornata a casa con molto dispiacere per ciò che ho potuto vedere, ma anche con tanta rabbia nei confronti della nostra società, così manipolata e soggiogata dalle informazioni distorte che ci vengono date ogni giorno. È proprio vero che vivere nell’ignoranza non porta da nessuna parte e così facendo non si potranno mai cambiare le cose.

10.L’incontro che non scorderai mai.

Gli anziani. Mi hanno suscitato una tenerezza indescrivibile… Mi raccontavano che custodiscono ancora, gelosamente, le chiavi oramai arrugginite delle loro case rase al suolo dai carri armati israeliani con la speranza che, un giorno, potranno nuovamente usarle per aprire la porta della loro vera casa… Ogni volta che li ascoltavo, così pieni di speranza, seppur con gli sguardi appesantiti dagli anni e dal dispiacere, i miei occhi diventavano gonfi di lacrime ed avevo solo voglia di abbracciarli.

Psicologa e Viaggiatrice. Giro il Mondo e studio la personalità dei viaggiatori! Ho visitato più di 75 paesi molti dei quali da sola. Per me il viaggio è uno strumento di crescita personale. Ho creato questo sito per tutti quelli che amano viaggiare da soli o che vorrebbero iniziare a farlo. Ho pubblicato: Il Bello di Viaggiare da Soli: guida al travel coaching per ottenere il massimo da noi stessi edito Feltrinelli.

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