Il vocabolario che ci manca

Francesca Di Pietro Pubblicato il

Ieri in aereo ho letto un articolo sull’Internazionale , la mia rivista preferita, su come le parole orientano il pensiero e viceversa. È un eterno discorso aperto tra linguisti e piscologi, anni e anni di dissertazioni senza fine e poi nasce un altro elemento, che è quello che più amo. Se il tipo stesso di lingua che parliamo orienta il nostro pensiero e su questo ne sono super convinta, anche io nel mio piccolo, parlo solo 4 lingue, molto spesso trovo più pratico esprimere un concetto in inglese o in spagnolo invece che in italiano e viceversa, se potessi imparerei più lingue possibili perchè le lingue aricolano meglio il tuo pensiero e ti insegnano a capire molte cose.

Questo interessantissimo articolo citava alcune parole presenti in lingue più o meno comuni che esprimono in maniera puntuale e precisa sensazioni o circostanti che in italiano si esprimono con una frase intera. L’ho trovato fantastico e ho deciso di condividere con voi alcune parole meravigliose che spero di includere a breve nel mio vocabolario… se solo sapessi pronunciarle.

Le parole che ci mancano in Italiano:

Komorebi (giapponese): la luce che danza tra gli alberi in un bosco evocando calma, meraviglia e armonia.

Curglaff (scozzese): la sensazione intensa che si prova dopo essersi tuffati nell’acqua gelida.

Elres (Tuareg): Nascondersi dietro qualcosa di molto grande o molto piccolo, tra la folla o dietro un ciuffo d’erba, in un buco, in una vallata o tra le foglie di un albero.

Gambiarra (portoghese del Brasile): Strataggemma per cambiare il destino e trasformare le proprie debolezze in forza e affrontare qualsiasi avversità.

Gigil (filippino): L’impulso irresistibile di dare un pizzicotto o di stringere qualcuno perchè gli si vuole molto bene.

Inemuri (giapponese): la capacità di addormentarsi per breve tempo in un luogo pubblico per esempio al ristorante o in autobus.

Langitjgun (wagiman dialetto aborigeno australiano): unomo che cammina nella notte

Nunchi (coreano): esprimere i propri desideri, idee e pensieri in silenzio, attraverso segnali subliminali.

Puangi (maori delle Isole Cook) La sensazione d’avere le farfalle nello stomaco, come quando ci si trova in un aereo che attraversa un vuoto d’aria.

Teguk (malese): bere dalla bottiglia a grandi sorsate.

Iktsyarpok (inuktitut): la sensazione che si prova guardando fuori dalla finestra aspettando che arrivi qualcuno.

Tartle (scozzese): l’esitazione di quando dobbiamo presentare una persona, ma abbiamo dimenticato il suo nome.

Mokita (kivila di Papua Nuova Guinea): una verità che tutti conoscono, ma di cui nessuno vuole parlare.

Mbuki-Mvuki (bantu): impulso irresistibile di sbarazzarsi dei vestiti mentre si balla.

Kilig (tagalog): fremitio nervoso che ci assale quando parliamo di una persona che ci piace.

Uitwaaien (olandese): gli effetti rivitalizzanti di una passeggiata all’aperto in una giornata ventosa.

Sehnsucht (tedesco): lo struggimento nostalgico verso qualcuno che non si può avere.

 

E voi avete mai sentito parole in altre lingue che esprimono un concetto che in italiano non c’è?

Photo credit: shutterstock.com

Psicologa e Viaggiatrice. Giro il Mondo e studio la personalità dei viaggiatori! Ho visitato più di 75 paesi molti dei quali da sola. Per me il viaggio è uno strumento di crescita personale. Ho creato questo sito per tutti quelli che amano viaggiare da soli o che vorrebbero iniziare a farlo. Ho pubblicato: Il Bello di Viaggiare da Soli: guida al travel coaching per ottenere il massimo da noi stessi edito Feltrinelli.

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