Giovanna: da sola in Sud America, l’incontro con il presidente Mujica

Simona Forti Pubblicato il

Mi chiamo Giovanna e ho 29 anni. Abito in provincia di Belluno, in un piccolo paese fra le Dolomitiche si chiama Canale d’Agordo. Sono insegnante di sostegno alla scuola dell’infanzia e ho la fortuna di essere di ruolo. Durante l’inverno insegno snowboard, e in autunno e primavera organizzo corsi di inglese pomeridiani per bambini. Amo lo sport, il mio lavoro, la montagna, scrivere, leggere, stare in mezzo alla gente, viaggiare, incontrare, il silenzio, la musica, stare nella natura…e sono infinitamente curiosa dell’essere umano.

1. Come mai il Sudamerica?

Ci sono stata 8 anni fa per un paio di mesi. Da bambina ho coltivato il sogno di andare in Paraguay a fare volontariato da un padre missionario del mio paese, e 10 anni dopo mi sono decisa a realizzare questo sogno. Dopo quella esperienza, che ho fatto con un amico e visitando anche con lo zaino in spalla la Bolivia, mi sono detta che le mie vacanze sarebbero dovute essere così, un po’ più all’avventura.

Lo scorso anno stavo pensando di ripartire, ma non sapevo se tornare in Africa dove avevo lavorato per 7 mesi in Etiopia o in America Latina. E il dubbio me lo ha risolto un amico, Alessandro, dopo una chiacchierata su ciò che stavo cercando, su ciò che volevo fare in questo viaggio.

Per l’Africa ero partita cercando un po’ di essenziale, perché ero molto in confusione su cosa sia davvero importante per me nella vita, ora volevo un viaggio dove partire con questo essenziale, e l’Africa rischiava di essere un altro stravolgimento perché è stata dura. Una notte poi ho sognato di essere in Sud America e così mi sono decisa. Oltretutto uno dei miei sogni era quello di imparare lo spagnolo perciò ecco che estoi aqui.

2. Come hai organizzato il tuo viaggio?

A inizio luglio ho comprato biglietto di sola andata per Buenos Aires, e non ho scelto io l’Argentina ma diciamo che il caso ha scelto per me perché ho acquistato il biglietto più economico che ho trovato. Non avevo pensato ad una destinazione precisa. L’unico vincolo era la data, perché avrei voluto partire prima dell’autunno ma stavo facendo un master che terminava a metà ottobre.

Poi ho chiesto aspettativa al lavoro e me l’hanno data, altrimenti avevo già deciso che mi sarei licenziata.

Ho sempre lavorato nelle stagioni estive da piccola, mentre studiavo all’università, e poi a scuola, e l’ultimo anno mi sono data molto da fare sia nel lavoro che con il risparmio per poter partire con un budget sicuro.

Ho fatto solo un richiamo di vaccino e qualche accertamento per partire in tranquillità, la patente internazionale e un’assicurazione medica.

Questa è stata l’organizzazione del mio viaggio.

Non so perché ma non riesco ad organizzare un viaggio nel dettaglio. Tempo a disposizione stavolta ne ho e perciò l’idea era di sentirmi libera di stare in un posto o andarmene, viaggiare o rilassarmi quando volevo, che alla fine è quello che nella vita quotidiana non si può fare. Vivere in totale libertà per una volta nella vita, e la libertà non può essere organizzata.

3. Quali erano le tue paure più grandi prima di partire?

Credo che siano state tre le paure principali: sono una donna sola in viaggio, cosa mi perderò della mia vita di sempre mentre sarò via, e come farò con la solitudine e la noia.

4. Cosa te le ha fatte superare?

La paura di essere sola e donna mi è passata parlando con persone che hanno esperienza di viaggi in solitaria, e leggendo qualche blog di donne che viaggiano in solitaria.

Le atre paure sono svanite da sole nel momento in cui sono atterrata. E ora come ora posso dire che non ho più paura di nulla.

5. Come è la realtà del viaggio rispetto a quello che pensavi o immaginavi?

La realtà è molto più semplice e più bella. Sono serenamente felice, e per questo non sento alcun timore. Mi sto facendo guidare dagli incontri e faccio tutto ciò che mi fa star bene.

Non pensavo avrei incontrato così tante persone, pensavo fosse più difficile stringere relazioni, invece viaggiando da soli è più facile. Pensavo che avrei avuto molti più problemi con lo spagnolo (non sapevo una parola appena arrivata), anche perché con le lingue sono sempre stata un disastro, e invece la voglia di comunicare mi sta spingendo a sforzarmi naturalmente, la mia memoria sembra ringiovanita e mi piace pure studiacchiarlo con un libro o con un’applicazione che ho scaricato.

6. Ci racconti l’incontro con il Presidente Mujica?

Era un sogno che dovevo realizzare, per questo sono andata in Uruguay.

Mi sono informata su dove abitava e ci sono andata in bicicletta con Enrico, un ragazzo italiano incontrato a Buenos Aires e ritrovato a Montevideo.

Arrivati a destinazione alla destra c’era una scuola di agraria, davanti a noi una una strada sempre sterrata con un cartello “Disculpen. El senador Pepe Mujica no puede recibirlos por fatta de tiempo. Gracias.” (Scusate, il senatore Pepe Mijiuca non può ricevere per mancanza di tempo. Grazie). Allora prima di disperarmi mi sono avvicinata alla baracca bianca dove c’era un agente della sicurezza. L’ho guardato con uno sguardo supplicante tentando un sorriso, e lui  scusandosi mi ha detto che non era proprio possibile incontrarlo. Mi veniva da piangere, e mi sono seduta con Enrico per prendere forza per ritornare in città. Poco dopo un ragazzo ci chiama. Faccio un salto e gli corro incontro, ci dice di seguirlo. Inizio a realizzare e faccio altri due salti, come una bambina.

Io lo sapevo che sarebbe andata così, ci ho creduto tanto. Mentre pedalavo in bici mi chiedevo se mi stessi illudendo, e quando pensavo che poteva non essere in casa (Flavio mi aveva avvisata che avrei dovuto avere un po’ di fortuna per incontrarlo perché spesso è via) mi ripetevo a voce alta “Lo voglio incontrare, lo incontrerò, lo voglio incontrare, accadrà” e così via. Un giorno lessi che per far avverare un sogno devi ripetertelo e concentrarti solo su quello, ed ha funzionato!

L’agente della sicurezza mi fa segno di entrare, io pensavo di dover lasciare li il mio zainetto per poi essere accompagnata in un altro posto invece…Pepe era proprio li dentro, seduto su una sedia che ci stava aspettando.

Ci ha detto di accomodarci sulle sedie già pronte. Il mio cuore, il mio cuore stava esplodendo di gioia. Quando un sogno diventa realtà in un secondo il tempo non esiste più. Non era per il fatto di incontrare un personaggio famoso, ma di incontrare un Uomo con la U maiuscola. Ci sono persone che ti trasmettono una energia particolare, carica del loro vissuto, che ti ricarichi di vita solo standogli accanto, e me lo sentivo che lui era una di quelle persone.

L’ex presidente dell’Uruguay è difronte a me: ciabatte di gomma, pantaloni in pile di un blu sbiadito con il risvolto fatto “alla meglio”, una camicia azzurra sporca dal lavoro nei campi, il solito baffo, e i capelli liberi. Uno sguardo dolce, una voce soave e calma, un animo tranquillo. Con le mani sul cuore gli dico “Gracias”, ho gli occhi lucidi e sono piena di pace. Non so cosa dire ne tantomeno come. Ma ci pensa lui, seduto comodamente sulla sua sedia inizia a parlare chiedendoci di dove siamo. Mi sforzo di capire e di dire tutto quello che posso e magicamente ci riesco, nonostante il poco spagnolo che so. Lui parla lentamente cercando di utilizzare parole semplici. Mi sento a mio agio, emozionata, felice, serena. Non mi trema la voce né mi vergogno di chiedergli di ripeterci ciò che non capisco. Poco dopo si accende la prima sigaretta, poi la seconda, la terza…se ne sarà fumate 6 o 7. Enrico ad un certo punto gli chiede se possiamo fumare anche noi e lui risponde “certamente!”. Si fa le sigarette con le cartine e del tabacco, senza utilizzare i filtri, come faceva mio nonno Angelo. Quell’immagine mi tocca e mi riporta alla mente l’ultima sigaretta fumata insieme al mio nonno prima della mia e della sua partenza. Ma ogni ricordo d’amore, anche se doloroso, fa bene al cuore. Volo con la mente  e sorrido.

Ad un certo punto della conversazione ci dice che anche da presidente aveva continuato a vivere in campagna, e sorridendo indica i suoi vestiti e ci dice che era sempre così,  gli rispondo che il suo essere così normale lo fa sembrare un abuelo (nonno), e il suo volto si intenerisce. Come sempre mi si spegne la sigaretta e gli chiedo in prestito l’accendino, e mi fa segno di prenderlo. Ecco, il suo accendino rosso è affianco al mio passaporto ora…me lo sono sbadatamente intascata!

Ad un certo punto si è messo in testa un cappellino azzurro e ho pensato che ci stesse indirettamente avvisando che il tempo stava per scadere. Invece no…poco dopo se l’è tolto e si è fatto un’altra sigaretta. E quando una persona fuma con calma ti sta dicendo che ha ancora tempo per te, almeno il tempo di una sigaretta.

Di cosa abbiamo parlato?! Non so se abbia reale importanza, di sicuro ne ha meno dell’incontro e dello stare in sua compagnia, ma gli argomenti toccati confermano la semplicità del suo essere, la sua cultura, la sua umanità, e l’Amore per gli esseri umani, per la terra e per il suo Paese, amore che raramente si intravede nei politici odierni.

Abbiamo parlato dell’Uruguay, delle persone, di storia, delle rivoluzioni per l’indipendenza in America Latina, della sua campagna che coltiva, della corruzione, delle ingiustizie che dominano il mondo, delle mucche che sono molto più numerose degli abitanti in Uruguay, dell’agricoltura, dei migranti del mondo e della normalità del fenomeno (nel senso che le migrazioni fanno parte della storia da sempre), del cibo spagnolo e italiano che lui preferisce a quello di altri paesi, dei suoi viaggi in Italia e delle sue origini in un paese vicino a Genova che si sta  tristemente spopolando e quindi dello spopolamento delle zone rurali perché l’uomo non fa più lavori agricoli. Ci ha chiesto del presidente francese Macron e abbiamo parlato poi anche della Germania e dell’Unione Europea, poi della forza separatista italiana riferendosi alla Lega Nord e così poi abbiamo parlato delle coalizioni in Italia, della costituzione e della legge elettorale che è diversa rispetto a quella Uruguaiana. Ci ha chiesto se eravamo mai stati in Africa e così gli ho raccontato della mia esperienza in Etiopia, ed eravamo d’accordo riguardo a quanto sia ingiusta la continua influenza occidentale sull’Africa. Ci ha detto della sua compagna che ora è vice presidente dell’Uruguay, dell’incontro in Italia con Papa Francesco anche se ci ha ricordato il suo essere ateo.

Dopo un’ora di chiacchiere gli ho chiesto se mi poteva firmare un pezzo di carta che avevo con me. Gli ho chiesto una dedica per il mio amico Daniele che per il mio compleanno mi ha regalato un libro con diverse sue interviste e li ha scritto virgolettato “CON RAZON Y CORAZÒN” (con ragione e cuore) e credo che non a caso sul biglietto per me abbia scritto POR PATRIA PARA TODOS (per una patria per tutti), sottolineandolo.

Da brividi, mi ha regalato le quattro parole del mio sogno universale, del senso che più in assoluto cerco, della mia speranza più grande, della giustizia più vera.

Ci ha accompagnati fuori, e ci ha salutati più volte. E proprio come mio nonno è stato sulla porta a guardarci mentre ci allontanavamo.

Ho respirato a fondo, ho fatto un altro salto e ho pianto.

7. Cosa stai imparando in questi mesi?

Il caso ha voluto che la maggior parte degli incontri che sto facendo siano con sudamericani e il loro stile di vita mi sta insegnando molto a prendere la vita con tranquillità senza sentirmi in colpa. Non è facile per una iperattiva che proviene da un contesto in cui le ore di lavoro e l’estremo sacrificio fanno il valore di una persona.

Sto imparando ad ascoltare molto e a parlare quanto necessario, e questo me lo impone la poca fluidità che ho con questa lingua. Per me è un buon esercizio perché tendo a parlare molto e a volte non do spazio agli altri.

La buona compagnia della solitudine mi sta insegnando ad incantarmi davanti alla bellezza del mondo, di un tramonto, di un animale, di una persona, della natura…e chissà che non accada anche di incantarmi davanti ad uno specchio. Questo sarebbe davvero una bella storia!

Sto imparando che oltre le differenze culturali le relazioni umane funzionano allo stesso modo, i meccanismi sono gli stessi.

Infine sto imparando a lasciarmi vivere un o’anche dalla vita, a lasciare fluire la realtà senza farmi troppe domande ne cercare un motivo per tutto come sono abituata a fare. Svegliarsi e addormentarsi con il sorriso…per ora “mi basta” questo.

Sto cercando solo di non pensare al resto, il mio futuro, chi sarò e cosa farò dopo il viaggio…chissà! Qui il mio viaggio lo decido io e il caso, le coincidenze. Tutto arriva quando deve arrivare, le domande e le risposte.

8. Un errore che non rifaresti?

Aspettare così tanto per realizzare questo sogno.

Per il resto, fino ad ora, non rimpiango nulla.

9. Cosa diresti a chi vorrebbe viaggiar da solo in Sudamerica ma ha paura di fare il primo passo?

Che è davvero tutto più facile del previsto e che, se si vuole, in solitaria si può fare solo la partenza.

Ovviamente c’è sempre da stare attenti, ma questo vale per ogni luogo al giorno d’oggi.

10. Come hai organizzato lo zaino?

Ecco questo è stato il passo più difficile. Sono stata un mese a farlo, e ogni due tre giorni riguardavo ciò che avevo messo dentro. Ho letto qualche blog e mi sono data un peso massimo di 13 kg, ma alla fine erano 15.

Ho limitato al minimo indispensabile tutto. Dai cosmetici ai vestiti, all’elettronica, alle scarpe.

In ogni caso ho preso tutto ciò che avrei potuto regalare o perdere per strada e dopo un mese ho regalato il mio cappello preferito al mio primo amico qui, e ho perso un portachiavi, la luce frontale, il tappetino, le infradito, il foulard. Quindi almeno un chilo è andato!

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