Marta: dalla Svizzera al Giappone in moto da sola

Francesca Di Pietro Pubblicato il

Sono Marta, classe 1980, traduttrice freelance da circa 10 anni. Amo le moto dall’età di 13 e ho la patente dai 19. Ho sempre amato viaggiare in generale, e ho iniziato piuttosto presto. In particolare amo viaggiare in moto per la libertà di spostamento che questo mezzo garantisce rispetto ad altri.

1. Una donna che viaggia in moto come è nata questa passione?

La mia passione nasce grazie a mio padre, motociclista appassionato, che mi ha cresciuto con i suoi racconti, prima, e poi all’età di 13 anni mi ha portato con sé sulla sua moto. Da allora non sono più voluta scendere.

2. Quali sono stati i pregiudizi più comuni che hai incontrato sulla strada?

Pregiudizi sulla strada: in realtà non molti, ne ho incontrati molto di più prima di partire. Prima di partire in molti mi guardavano male quando dicevo ciò che avevo in mente di fare. Raramente ho avuto reazioni di positiva partecipazione al mio progetto. Mentre sulla strada, forse il vero e unico pregiudizio che ho incontrato era riguardo al mio orientamento sessuale. Può sembrare assurdo, ma anche se nessuno mai lo ha espresso a parole, in alcune (comunque rare) situazioni credo che il mio interlocutore (uomo o donna che fosse) abbia pensato che io fossi omosessuale. Credo questo dipenda dal fatto che un viaggio del genere per una donna sola semplicemente non rientrava nel suo “universo” mentale e quindi dovevo avere io qualcosa di strano – per forza di cose. Mentre una delle cose più fastidiose che mi è capitata al rientro (e in effetti che ancora mi capita) è che quando dico ciò che ho fatto, spesso e volentieri mi viene chiesto di ribadirlo (nel senso “ma fai sul serio”? oppure “no, non è possibile vero?” o ancora “no dai, stai scherzando?”). Insomma, credo proprio che per il fatto che sono una donna mi tocca “provare” ciò che ho fatto – il solo affermarlo verbalmente spesso non basta, come se appunto le sole parole non riescano a superare il muro di pregiudizio del mio interlocutore (ancora, sia uomini che donne).

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3. Dalla Svizzera al Giappone, raccontaci l’itinerario

Inconsciamente ho scelto di fare Svizzera, Germania, Danimarca, Svezia Norvegia e Finlandia e di entrare in Russia dalla Finlandia. Durante il viaggio questa si è rivelata una decisione azzeccata perché nel 2014 era in pieno svolgimento la guerra in Ucraina e non mi avrebbero fatto passare (per entrare poi in Russia). Avrei comunque dovuto fare il giro. Dopo 10mila chilometri di moto e 6 settimane di viaggio ho “ceduto” (più emotivamente che fisicamente) e ho deciso di spedire la moto via treno a Vladivostok per i restanti chilometri e io, da Tomsk, ho continuato con il treno Transiberiana. Sono felice di come sono andate le cose, ho fatto più esperienze e visto/vissuto più cose e diverse.

4. Quali sono stati i pericoli più comuni e quali secondo te erano legati al fatto che tu fossi donna.

I pericoli e le problematiche legate all’essere donna sono stati esattamente gli stessi di quelli che incontro a casa. Pericoli sulle strade (guidatori distratti, veloci, ecc.) e problematiche legate all’essere donna, beh le solite: uomini ubriachi che “ci provano”, persone troppo curiose, e via dicendo. Niente che non avessi già incontrato anche a casa mia. Solo un tentativo di truffa (niente di grave) di cui per fortuna avevo letto lo svolgimento prima di partire per cui non ci sono cascata – e il tentativo è finito in un buco nell’acqua per gli “organizzatori”.

5. Come ti sei preparata a questo viaggio?

Ho chiesto a quante più persone possibili – tutte quelle che avevano fatto lo stesso o un viaggio simile, in moto ma non solo. Ho chiesto a tutti quelli che riuscivo a trovare che erano stati in Russia, o che ci avevano lavorato. Ho cercato di leggere il più possibile – guide turistiche, ma anche letteratura e blog in internet.

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6. Come hai organizzato il tuo bagaglio?

Il bagaglio. Bella domanda. Non avendo mai fatto un viaggio così lungo in moto prima, ho pensato di non perdere troppo tempo nell’organizzare il bagaglio. Ho cercato di portare il minimo indispensabile, senza dimenticare nulla, sapendo che il bagaglio avrebbe cambiato forma e composizione durante il viaggio. Così è stato – anche per il fatto di aver spedito la moto e continuato con altri mezzi.

7. Quale è la cosa più importante che è hai imparato?

La cosa più importante che ho imparato è che non importa la meta, quanto lontano si va/può andare, né il mezzo di trasporto. Ciò che conta è partire.

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8. Cosa ti ha dato questo viaggio che non ti aspettavi?

Mi ha permesso di ritrovare il mio spirito nomade. Era passato talmente tanto tempo, che non ricordavo nemmeno più di averlo. E questa proprio non me l’aspettavo.

9. Come ha cambiato la tua visione del futuro?

L’ha completamente stravolta. Ora voglio un’altra vita, ho altri progetti. Mi ha completamente cambiato – ha distrutto le mie fondamenta e mi ha permesso di ricostruirne di nuove.

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Psicologa e Viaggiatrice. Giro il Mondo e studio la personalità dei viaggiatori! Ho visitato più di 75 paesi molti dei quali da sola. Per me il viaggio è uno strumento di crescita personale. Ho creato questo sito per tutti quelli che amano viaggiare da soli o che vorrebbero iniziare a farlo. Ho pubblicato: Il Bello di Viaggiare da Soli: guida al travel coaching per ottenere il massimo da noi stessi edito Feltrinelli.

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